La flessibilità lavorativa è prevalentemente femminile nel nostro Paese, perché il peso delle responsabilità delle attività di cura è ancora in carico in prevalenza alle donne e dunque nella coppia è la donna che generalmente o non lavora o opta per un lavoro flessibile. Si è perciò portati a collegare anche il lavoro agile o smartworking all’universo femminile, ma i dati delle ricerche più recenti sul tema dimostrano che lo smartworking è uno strumento di natura trasversale, molto utilizzato anche dagli uomini ( in oltre il 50% dei casi) e che, quindi, va oltre le distinzioni di genere.
L’utilizzo anche da parte degli uomini di questa nuova forma di flessibilità lavorativa è probabilmente riconducibile al fatto che, a differenza di altri istituti, il lavoro agile non si associa a penalizzazioni economiche per chi lo sceglie. Non si tratta pertanto di una flessibilità per sole donne, come moltissimi altri istituti di flessibilità lo sono diventati nella pratica (si pensi al part-time, quasi completamente femminile, ai congedi o ai permessi per cause di famiglia, utilizzati in prevalenza da donne).
Se il lavoro agile o smartworking non è uno strumento per sole donne ha però potenzialità molto ampie sotto il profilo delle pari opportunità uomo-donna. Un’ampia diffusione del lavoro agile può infatti contribuire a rimuovere il principale stigma alle quali sono associate le donne nei luoghi di lavoro e che le pregiudicano rendendole vittime di stereotipi e di discriminazioni. Mi riferisco allo stigma associato al maggior numero di assenze delle donne rispetto agli uomini (legate alla maternità e alle attività di cura parentale) e alla generale minore attitudine a trattenersi in ufficio oltre l’orario ordinario di servizio.
Ecco, il lavoro agile o smartworking rendendo normale la non presenza del lavoratore dipendente, uomo o donna che sia, 5 giorni su 5, per almeno 7/8 ore sul luogo di lavoro, e guardando ai risultati e non alla mera presenza in ufficio, può rappresentare una leva importante per il raggiungimento delle pari opportunità perché contribuisce a attutire lo stigma legato alle assenze. In questo senso il lavoro agile può essere inteso come un “equalizzatore”, per la propensione ad equalizzare, ad appianare le distorsioni di genere che si riscontrano ancora oggi nel mercato del lavoro.
Oggi sono più di 300.000 i lavoratori e le lavoratrici dipendenti, impiegati, quadri e dirigenti, che lavorano in Italia, soprattutto nel settore privato, in modalità agile. Questo nuovo modo di concepire la prestazione lavorativa, sempre più diffuso, sta rivoluzionando completamente il mercato del lavoro del nostro Paese. Con il lavoro agile si superano i vincoli connessi a luogo e tempo/orario lavorativo riconoscendo alla persona una maggiore autonomia nel definire le modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati.
La diffusione massiccia di un diverso modo di intendere la prestazione lavorativa, basata non sul culto della presenza fisica in ufficio ma sul risultato in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo lo si produca (everytime, everywhere), è idoneo ad incidere in profondità sulla cultura delle organizzazioni, aprendo la strada ad una reale eguaglianza di genere nel mondo del lavoro e, nel settore pubblico, anche ad un’amministrazione maggiormente centrata sui servizi da offrire alla cittadinanza.
Come dimostrato anche da ricerche condotte a livello scientifico i benefici economico-sociali potenziali sono molteplici e trasversali. L’adozione di un modello stabile di smart working produce un incremento di produttività, con evidenti impatti in termini di performance organizzativa ed individuale; permette al datore di lavoro di valorizzare al meglio le risorse umane e strumentali e al personale di accrescere il proprio benessere anche grazie ad una migliore conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.
Le organizzazioni che già sperimentano forme di lavoro agile stanno cogliendo gli impatti benefici dell’istituto registrando riduzione dell’assenteismo del personale, minore fruizione del part-time o di permessi per flessibilità oraria nonché maggiore soddisfazione e motivazione dei lavoratori.
Sulla scia di questa rivoluzione dell’organizzazione del lavoro molte pubbliche amministrazioni si stanno attivando o hanno già intrapreso, come la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell’economia e delle finanze, la sperimentazione del lavoro agile. Non resta dunque che monitorare gli effetti delle sperimentazioni con l’auspicio di una diffusione capillare di una organizzazione del lavoro win-win-win, con impatti positivi rilevanti non solo per i lavoratori, ma anche per le organizzazioni e la collettività.
Monica Parrella è direttore generale coordinatrice ufficio per gli interventi in materia di parità e pari opportunità alla Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento Pari Opportunità