Qualche tempo fa parlavo con un partner di una delle big four della consulenza e mi diceva che dei giovani che arrivano a lui, dopo una lunga e attenta selezione, non ne assumerebbe nessuno. Uno che pretende troppo? Non sembra a dare uno sguardo ai risultati di un paper dell’Hamilton Project, un gruppo di ricerca economica del Think tank americano Brookings Institution. A quanto pare i manager, che si trovano nella posizione di fare assunzioni, lamentano nei neo laureati la carenza sia delle cosiddette hard skills (o altrimenti definite cognitive skills) sia delle soft skills (non-cognitive skills). Nel dettaglio meno del 20% sottolinea carenze in conoscenze matematiche, ma allo stesso tempo la metà degli intervistati evidenzia una mancanza di attenzione ai dettagli; Sempre uno su due lamenta carenze nelle capacità di scrittura e di comunicazione, in questo caso sia a livello di aspetti cognitivi (uso del linguaggio) sia non cognitivi (saper usare il linguaggio a seconda degli ambiti); un terzo, infine, pensa che i neo laureati non abbiano capacità di analisi dei dati e di lavoro di gruppo.
Tirando le somme, non certo un quadro idilliaco, tenuto conto di quanto sta diventando sempre più competitivo il mercato del lavoro. E di certo serve a poco giocare a ping pong fra hard e soft skills. E’ indubbio che per avere un lavoro certo, qualificato e magari con uno stipendio adeguato sia necessario avere entrambe le tipologie di competenze. Lo dimostra il grafico elaborato dall’Hamilton Project:
Non solo. Esiste anche una correlazione fra competenze cognitive e non cognitive. Più sono alte le prime in un individuo e più risultano alte anche le seconde. Non c’è, quindi, da scegliere fra matematica, coding e inglese da una parte e lavoro di gruppo e empatia dall’altra.
Nel primo caso l’Italia non si posiziona molto bene contando che dagli ultimi risultati dell’Invalsi per il programma Pisa, (Programme for International Student Assessment):
“L’Italia, con un punteggio medio di 481 si colloca – in maniera statisticamente significativa – al di sotto della media OCSE. La performance degli studenti italiani non si discosta da quella di paesi quali Federazione Russa ((487), Lussemburgo (483), Ungheria (477), Lituania, Croazia e la Città autonoma di Buenos Aires, questi ultimi tutti con un punteggio medio di 475 punti” si legge nel report, che evidenzia anche come l’Italia sia nella media Ocse per la matematica, mentre ben sotto la media per la lettura. Da qui partiamo per costruire un futuro ai nostri figli. Ma esiste un altro rapporto PISA, questa volta sulle soft skills: “Collaborative Problem Solving“. Qui non siamo neanche lontanamente nella top ten:
Collaborare in lavori di gruppo a 15 anni non è cosa semplice, ma a quanto pare in Asia riesce meglio, che non nei Paesi occidentali.Per altro molti dei Paesi di questa top ten, si ritrovano fra i primi in classifica anche per le hard skills:
Per l’Europa compaiono nella cassifica, elaborata da Statista, Finlandia, Germania, Danimarca e Gran Bretagna. Vuol dire che impossibile non è neanche in culture più vicine a noi. La scuola deve fare la sua parte e noi come genitori? Forse se oltre a dare ai nostri figli l’opportunità di crescere bilingui o di imparare a programmare a partire dai quattro anni, li iscrivessimo a uno sport di squadra (purché sia davvero di squadra e non solo per definizione) o li abituassimo a partecipare a iniziative sociali, forse faremmo anche noi la nostra parte. Certo navigando a vista verso il mondo che verrà.