Laureati: retribuzioni inversamente proporzionali ai voti

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I dati Istat sull’inserimento professionale dei laureati evidenziano che la componente femminile (che rappresenta il 54 % del totale) ottiene mediamente retribuzioni più basse della componente maschile. Per l’insieme dei laureati la retribuzione mensile netta tre anni dopo il conseguimento del titolo è di 1.217 euro per la componente femminile e di 1.414 per la componente maschile. Le laureate guadagnano dunque in media il 14% in meno dei laureati.

Questa differenza retributiva varia tra 9% e 19% (Tabella 1), ed è riscontrabile in ogni partizione dell’insieme: negli occupati con laurea triennale e in quelli con laurea magistrale, nel settore pubblico e nel settore privato, nei contratti a tempo indeterminato e nei contratti a termine, nell’occupazione dipendente e nel lavoro autonomo.

Tab. 1 – Retribuzione mensile netta dei laureati a tre anni dal conseguimento del titolo (2011-2015)

Retribuzione

Maschi

Retribuzione

Femmine

Differenza

(M-F)/M%

Laurea triennale 1.327 1.165 12,2
Laurea magistrale 1.508 1.263 16,2
Settore pubblico 1.508 1.366 9,4
Settore privato 1.381 1.155 16,4
Contratto a tempo indeterminato 1.720 1.478 14,1
Contratto a termine 1.390 1.226 11,8
Lavoro dipendente 1.608 1.369 14,9
Lavoro autonomo 1.140 922 19,1
Laureati con lode 1.472 1.275 13,4
Tutti i laureati 1.414 1.217 14,0

Ns. el. su dati Istat file InsProLau_A2015.dta 

Separando i gruppi di corso di studio in cui la componente femminile è in maggioranza (chiamiamole per intenderci lauree “femminili”) dai gruppi in cui è la componente maschile a prevalere (chiamiamole per intenderci lauree “maschili”), osserviamo che i maschi arrivano sempre primi nella graduatoria delle retribuzioni rispetto alle femmine (Tabella 2).

Tab. 2 – Retribuzione mensile netta dei laureati per sesso e gruppo di corso di studio.

I Maschi con laurea “maschile 1.455
II Maschi con laurea “femminile 1.360
III Femmine con laurea “maschile 1.275
VI Femmine con laurea “femminile” 1.189

Ns. el. su dati Istat file InsProLau_A2015.dta

Le ragazze che prendono una laurea “maschile” non solo non riescono ad eguagliare la retribuzione dei maschi con il loro stesso titolo, ma guadagnano meno anche rispetto ai maschi con una laurea “femminile”. Le femmine che prendono una laurea “maschile” riescono però a guadagnare di più delle femmine con laurea “femminile”, dato che queste ultime si posizionano proprio al fondo della graduatoria (Tabella 2).

Prof, ma così non è tutto al contrario di quello che ha detto la volta scorsa?

Cosa ho detto la volta scorsa?

Che noi ragazze siamo più brave in tutto …

Vero, ma parlavamo dei voti, non dei soldi …. In effetti, se parliamo delle retribuzioni, la graduatoria risulta perfettamente rovesciata rispetto a quella dei voti (Tabella 2 bis). Le femmine con laurea “femminile”, che sono al primo posto nella graduatoria in base ai voti, finiscono all’ultimo posto nella graduatoria delle retribuzioni. I maschi con laurea “maschile”, invece, pur essendo all’ultimo posto nella graduatoria dei voti, sono al primo posto nella graduatoria delle retribuzioni.

 

Tab. 2 bis – Voto medio di laurea per sesso e gruppo di corso di studio.

I Femmine con laurea “femminile 104,4
II Femmine con laurea “maschile 103,1
III Maschi con laurea “femminile 102,8
IV Maschi con laurea “maschile 101,1

Ns. el. su dati Istat 

I dati mostrano, inoltre, che laurearsi col massimo dei voti aiuta, ma non basta … la lode riduce il differenziale retributivo di circa mezzo punto percentuale (Tabella 1), ma non cambia l’ordine della graduatoria. Anche in questo caso le retribuzioni maggiori vanno alla componente maschile, sia che abbia conseguito una laurea “maschile” sia che abbia scelto una laurea “femminile” (Tabella 3).

Tab. 3 – Retribuzione mensile netta dei laureati con 110 e lode per sesso e gruppo di corso di studio.

I Maschi con laurea “maschile 1.571
II Maschi con laurea “femminile 1.410
III Femmine con laurea “maschile 1.375
VI Femmine con laurea “femminile 1.282

Ns. el. su dati Istat file InsProLau_A2015.dta 

Prof, e si può sapere perché?

E’ una lunga storia quella che risponde alla domanda: se sei così brava, perché non sei ricca? …

  • Luigi |

    Forse, caro Alessandro, non ha letto molto bene l’articolo e le tabelle proposte e le è sfuggitoche i voti delle studentesse sono più alti in tutti i tipi di di facoltà. Tutti. E credo le sia sfuggito anche che gli stipendi sono più alti per i lavoratori maschi sono più alti per tutti i tipi di lavoro. Se il suo ragionamento fosse corretto non si capisce perchè le studentesse di ingegneria aereospaziale, per citare il suo esempio, nonostante siano medimente più brave siano mediamente anche meno retribuite dei colleghi maschi, a parità di titolo e mansione. Le è più chiaro ora il concetto?

  • Alessandro |

    Non è molto corretta l’analisi.

    Perchè i voti degli studenti “maschi” nelle cosiddette facoltà maschili sono spesso più bassi proprio per la maggiore difficoltà della facoltà (ingegneria aereospaziale, aereonautica, fisica etc etc dove prevale la componente maschile)

    E dato che c’è molta domanda da parte delle imprese e poca offerta, i laureati di tali ambiti vengono pagati di più rispetto per esempio a chi esce da facoltà femminili e con voti alti( scienze della formazione, lettere etc etc) dove c’è troppa offerta

    E per concludere trovo molto infantile distinguere ancora le facoltà in maschili e femminili.

    Articolo scritto con i piedi.

  • Riccarda Zezza |

    Sappiamo che sì: c’è ancora tanto, direi quasi tutto da fare. Essere consapevoli dell’esistenza del problema, che molte di noi conoscono personalmente, è un passo importante. Il problema dello scontro tra donne e lavoro, tra maternità e lavoro, in Italia è enorme ed enormemente mantenuto sotto il tappeto. Considerato un problema “delle donne” è uno degli elementi chiave che denunciano lo stato di arretratezza culturale di questo paese e che ne impediscono l’evoluzione. C’è decisamente di che essere preoccupate e ARRABBIATE.

  • Luisa |

    Sì, è avvilente … In aula insegno che non è razionale per le imprese temere la maternità più della mediocrità, ma è una lezione difficile … Riccarda Zezza Zezza c’è così tanto da fare ancora?

  • chiara |

    Credo che il problema maggiore sia la componente maschile sul mondo del lavoro. Siamo la minoranza e spesso nonostante le nostre lauree magistrali, lavori all”estero e voglia di fare siamo trattate alla stregua di segretarie sceme. Elemento che mi fa imbestialire.

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