Una scuola senza soffitto, senza aule, senza pareti. I bambini stanno seduti per terra, su un sasso o su una panca di legno, circondati da alberi, con il soffio del vento sul viso, con le mani nell’erba. E’ una scuola che esiste davvero, anche in Italia: è un modello nato e diffuso nel Nord Europa, dove i bambini trascorrono la maggior parte del tempo a stretto contatto con la natura piuttosto che all’interno di una struttura. I Waldkindergarten sono nati un po’ per caso, in Danimarca, negli anni cinquanta, quando una mamma decise di creare un piccolo asilo a conduzione familiare per aiutare altre mamme lavoratrici, che non potevano permettersi un nido tradizionale. Non potendo sostenere i costi di un affitto di ampi locali, ebbe l’idea di ospitare i piccoli all’aperto, in un parco. Il progetto piacque così tanto ai genitori che, attraverso un passaparola, le richieste divennero tantissime.
Dagli anni cinquanta, le scuole-giardino si sono evolute e sono diventate una realtà pedagogica importante, dei veri centri educativi, con obiettivi psicologici davvero significativi. Negli attuali Waldkindergartens i piccoli alunni, opportunamente vestiti, a seconda della stagione, apprendono quasi esclusivamente immersi nell’ambiente naturale, con qualsiasi condizione atmosferica. Le regole sono poche e semplici e si lascia libertà di esplorazione, di sperimentazione diretta, di movimento e di socializzazione, favorendo l’armonia psico-fisica e la riduzione dello stress. Nella natura, i bambini imparano presto a conoscere i limiti, non solo ambientali, ma anche personali; fanno continuamente nuove scoperte, nuove esperienze ed entrano più facilmente in relazione tra loro, imparando il valore della collaborazione. Sulla scia dell’esempio dei Waldkindergarten, anche in Italia sono partite delle interessanti sperimentazioni di educazione al di fuori delle aule scolastiche, diffuse su tutto il territorio.
Un esempio di progetto di ”asilo nel bosco” italiano, presente da anni, è nato dall’incontro tra Giordana Ronci e Polo Mai, educatori e co-fondatori di questa realtà educativa del X municipio di Roma. Si trovano nella campagna di Ostia Antica, a due passi dal Tevere e dagli scavi, immersi in un paesaggio meraviglioso fatto di campi coltivati e boschetti incantevoli. Si tratta di realtà educative alternative che si pongono come contesti privilegiati in cui si sviluppano la fantasia, l’immaginazione, il gioco e la scoperta.
“Chi ascolta dimentica, chi vede ricorda, chi fa impara”, questo il motto degli educatori degli asili a cielo aperto che spiegano come oggi si cominci a parlare di “deficit di natura”, cioè una mancanza di relazione tra i bambini e la natura, l’ambiente che li circonda, con conseguente mortificazione di attitudini infantili fondamentali, come la creatività e la curiosità. Il progetto è strutturato su alcune fondamentali basi. Innanzitutto, lo spazio esterno vissuto come aula privilegiata, con grande attenzione alla relazione. L’esperienza diventa il principio cardine della didattica, il veicolo privilegiato e lo strumento maggiormente usato, senza trascurare l’apprendimento tradizionale. La costruzione dell’identità del bambino passa attraverso il fare, attraverso momenti di ricerca, scoperta, manipolazione e creazione. I materiali utilizzati non sono i giochi pre-confezionati, ma tappi, bambole di stoffa, cartoncini, legnetti, sassi e “cianfrusaglie senza brevetto”, proprio al fine di stimolare l’osservazione, l’immaginazione e la creatività. Un pezzetto di legno può trasformarsi in una macchinina o in un’astronave!
La natura diventa una fonte inesauribile di opportunità di gioco e conoscenza che può apportare benefici nell’apprendimento, anche negli anni futuri. Ovviamente si tratta di realtà non trasferibii ovunque e non replicabili, ma gli asili nel bosco oltre ad essere una realtà in diffusione e in crescita anche in Italia, stanno fungendo da modello per inserire il rapporto con la natura anche nelle scuole che hanno la fortuna di avere ampi spazi esterni o parchi adiacenti, dove svolgere attività all’aria aperta. Nella scuola dove lavoro, ad esempio, abbiamo creato un orto e i bambini hanno partecipato alla piantumazione degli alberelli di ulivo, eppure gli spazi esterni non possono essere, di certo, paragonati a quelle di un parco. Con la creazione di orti e giardini, anche di dimensioni ridotte, la partecipazione attiva dei piccoli alunni, che si occupano dell’innaffiatura, della piantumazione e della cura delle piante e dei fiori favorisce l’interazione con l’ambiente, e non solo. L’innata tendenza del bambino alla manipolazione, all’esplorazione, alla costruzione, unita alla possibilità di muoversi con più libertà può essere davvero soddisfatta appieno. Basta davvero un piccolo angolo verde!
Già la pedagogista Maria Montessori, aveva colto l’importanza delle attività didattiche svolte all’aperto, e, in generale l’importanza del contatto con la natura perché sosteneva che “i bambini devono imparare facendo esperienze in prima persona” e definiva il bambino come “il più grande osservatore spontaneo della natura; perciò si può organizzare facilmente un servizio attivo di cura alle piante e animali. Nessuna cosa è più capace di questa, di risvegliare un’attitudine di previdenza nel piccolo bimbo e il suo amore va collegando con un filo nuovo l’attimo che passa col nascere del giorno seguente”.