Ho appena letto un post di Cristina Bombelli che riporta la sintesi dei risultati di una ricerca con un titolo intrigante: Preferisco (ancora?) un capo uomo. I dati mostrano che nelle risposte alla domanda: “preferisci un capo uomo o una donna?” gli uomini sono preferiti alle donne nel 65% dei casi. In Italia, la preferenza per un capo di genere maschile si attesta al 64%, ma in alcuni paesi raggiunge anche l’80%.
Se questo esito fosse l’espressione di una preferenza genuina, non ci sarebbe alcun problema dal punto di vista economico. Ma se fosse invece, anche soltanto in parte, un portato dello stereotipo “think manager – think male” allora un problema ci sarebbe, dal punto di vista economico. Gli stereotipi infatti distorcono la razionalità delle scelte e portano ad uno spreco di risorse, riducendo il prodotto effettivo rispetto a quello potenziale.
Gli stereotipi applicano il criterio della somiglianza, cioè tendono ad attribuire caratteristiche simili a oggetti simili, spesso ignorando informazioni che dovrebbero far pensare il contrario, e soprattutto ignorano il calcolo delle probabilità, come ha dimostrato lo psicologo Daniel Kahneman, che per questa ricerca ha ricevuto il Nobel per l’Economia.
I risultati delle ricerche di psicologia sociale provano che gli stereotipi sono una caratteristica intrinseca del processo cognitivo, sono pervasivi e non residuali, sono inconsapevoli e non intenzionali, e sono comuni a donne e uomini. In tale contesto, la letteratura sullo stereotipo “think manager-think male” ha evidenziato come la rappresentazione del dirigente ideale sia definita da caratteristiche più coerenti con l’appartenenza al genere maschile che con quella al genere femminile. Vi è la convinzione diffusa che possedere le tradizionali caratteristiche maschili (concretezza, rapidità decisionale, attitudine al comando, razionalità, logica, ambizione, propensione al rischio, fiducia in sé stessi, ecc.) sia un buon predittore del successo manageriale, ed è proprio questa convinzione che spiega le aspettative negative sui risultati delle donne abbinate a posizioni di vertice.
Il meccanismo opera come segue:
1) Uomini e donne possiedono caratteristiche diverse (le donne sono: emotive, sensibili, curiose, intuitive … gli uomini sono: logici, competitivi, risoluti, ambiziosi …)
2) I dirigenti hanno caratteristiche specifiche, e tali caratteristiche sono correlate al successo professionale (i dirigenti sono: logici, risoluti, atti al comando, competitivi, capaci di agire …)
3) In media, più uomini che donne possiedono le caratteristiche proprie di un buon dirigente, quindi gli uomini sono più adatti delle donne a ricoprire tale ruolo.
4) Il genere ritenuto più adatto al ruolo è valutato anche come più competente, e pertanto si aggiudica il posto.
Vi è una consistente letteratura empirica che evidenzia come, a causa degli stereotipi, un’identica prestazione sia valutata in modo sostanzialmente diverso se attribuita ad una donna invece che ad un uomo. Ad esempio, Monica Biernat e Diane Kobrynowicz analizzano la valutazione delle competenze contenute in un identico curriculum presentato alternativamente con un nome femminile o con un nome maschile alla selezione per un ruolo dirigenziale, e trovano che le stesse competenze sono valutate il doppio se attribuite ad un uomo invece che ad una donna (ma se la competizione è per un ruolo di segretaria è vero il contrario).
E l’errore di valutazione non si corregge, perché la profezia si auto avvera …
In classe.
«Prof, però, è vero che gli uomini sono più logici delle donne …»
«Sì, ma la differenza è poca … Spesso negli stereotipi c’è un nocciolo di verità che viene dilatato a dismisura, fino a pervadere il tutto … Come l’arancia nell’aranciata … c’è, ma poca …»
«Prof, sinceramente, io, se posso scegliere, preferisco un capo logico a uno fuori …»
«Anch’io»
«Eh, ma allora :-))…»
Allora, se si vuole logica bisogna comperare logica, non farsi portare a spasso dallo stereotipo … ci sono test di logica, esami di logica, studi di logica, docenti di logica … si fa una prova di logica (anonima), e chi ha il miglior risultato, donna o uomo che sia, prende il posto per il quale la logica è un requisito importante.