A Biella nasce l’asilo 7-eleven, come la catena statunitense, anzi meglio. D’alba al tramonto, apertura alle 5.30 e chiusura alle 22.30. La città, spiegano le proprietarie di questa struttura privata – che speriamo abbia prezzi popolari – vive del tessile, lavoro ce n’è e i turni sono all’ordine del giorno, si viene incontro alle famiglie. La notizia ha un portato che fa tremare i polsi, e fioccano i commenti. Federica sostiene che chi decide di fare figli li deve curare, non parcheggiare. Anna esulta e spera che l’iniziativa possa prendere piede in tutte le città d’Italia. Simona si chiede, dov’è lo Stato?
Lo Stato, difficile approssimare con le autonomie scolastiche, in genere garantisce un pre scuola dalle 7.00 del mattino e un post che arriva anche alle 18.30. Insomma, lo Stato fa la sua parte. Ma, come mi ha ricordato una dirigente scolastica del Comune di Milano, le minoranze hanno bisogni inderogabili. Quindi, a stare con i biellesi, non basta. Servono strutture didattiche agili, pronte a diventare parcheggi infantili, baby parking che è politicamente corretto, perché in inglese. Quando ne parlo con amiche e amici, sostengo sempre che il contributo di sognate politiche di conciliazione sarebbe una manna, ma vado sempre controtempo perché una volta bisogna votare per il referendum, un’altra c’è lo spread sopra 180 punti base, e io rimango con la candela – della discussione – in mano, vittima del benaltrismo, alfiere della mia colpevole dabbenaggine.
Quando si affronta il tema del supporto alla genitorialità – che significa welfare formale e informale, nonni, tate, scuole – la polarizzazione è inevitabile. Da una parte il qualitativo, dall’altra il quantitativo. Entrambe le parti in guerra con la fazione opposta e ancora di più con la propria, perché i sensi di colpa sono i compagni di strada dei nuovi genitori. Secondo alcune statistiche, i genitori italiani passano molto meno due ore al giorno con i figli, dove includiamo la sveglia, i lavati i denti, i mangia i piselli. Poco, dice qualcuno.
I dati sul tempo passato con i figli, i più aggiornati, premiano la qualità del tempo. In altre parole quanto si riesce a dare, nel tempo che è concesso. Altri dati, altrettanto aggiornati, dicono che la presenza è sempre la scelta migliore. A botte di pareri scientifici si ottengono titoli buoni per qualche giorno, ma non si entra nel cuore del problema. Il tempo passato con i figli è sempre subordinato alla possibilità di mantenerli ed educarli, quindi ci si deve muovere su questo territorio con il buon senso che predicava Thomas Reid “fate quello che potete pensare, pensate quello che potete fare”, e perdonate la citazione inventata e sbilenca. Ognuno fa quello che può e lo Stato che raccoglie le istanze collettive dovrebbero cercare soluzioni consone per una società che è già cambiata.
Intanto tutti in ordine sparso, a combattere contro il minuto per guadagnare un qualcosa con i nostri figli. Viva le politiche per la famiglia!