Bambini, la formula olandese dell’indipendanza imparata da piccoli

bike2

Siamo nel pieno dell’autunno, ma a prescindere da clima e temperature, come ogni mattina butto lo zaino in spalla o nel cestino della bici e via: si parte per scuola e “asilo” dove i miei figli, arrivati alla porta o nel cortile, al massimo mi daranno un abbraccio prima di correre insieme ai loro compagni a iniziare la loro giornata. E con un gran sorrisone.
Da quando viviamo in Olanda, forse a partire dall’incontro necessario con i sistemi di cura locali, il tema dell’indipendenza dei bambini anche piccolissimi per la sua particolarità, è diventato ben presto uno degli oggetto di riflessione e argomento di chiacchiera. E forse proprio la congiuntura tra le due culture che vivo ha reso evidente ai miei occhi quanto questa autonomia infantile venga assorbita passivamente più che insegnata sistematicamente: dalle occasioni sociali alle abitudini di casa, qui si impara a infilarsi la giacca da soli più o meno appena si impara a stare in piedi, ad andare a scuola in bicicletta magari giusto accompagnati da qualche amichetto incrociato per strada, a riordinare la stanza prima di cena per andare a dormire alle 8 di sera, al più tardi. Una possibile ragione di questo sta forse nella maggiore “leggerezza” con cui si affrontano le incombenze quotidiane a tutti i livelli e le età. Nel mio caso, ad esempio, questo mi ha permesso di costruire una diversa capacità di gestione del senso di colpa (molto femminile) di essere una mamma, al nono mese della terza gravidanza, che vuole continuare il proprio lavoro da freelance.

amsterdam-2799491_960_720La conferma della personale impressione sui risvolti positivi del legame tra una certa levità nell’affrontare ogni giorno e l’autonomia che si acquisita sin da piccolissimi, sono i tassi di felicità dei bambini e adolescenti registrati in Olanda, da anni tra i più alti al mondo. Lo mette bene in prospettiva Simone de Roos, ricercatore del Netherlands Institute for Social Reseach, intervistato qualche mese fa dal Guardian : “Penso che i bambini olandesi abbiano generalmente interazioni positive in tutti gli ambiti sociali (in cui si trovano). […] Vivono in ambienti favorevoli a casa, con gli amici e anche a scuola. I genitori olandesi danno molto supporto ed esercitano un controllo ‘leggero’. Esiste un clima egalitario, gli insegnanti non sono autoritari ma accettano le emozioni degli studenti, e gli studenti si fidano degli insegnanti”. Insomma, i giovani sviluppano facilmente autonomia e indipendenza anche perché queste sono accompagnate da un approccio diretto e aperto da parte degli adulti su un po’ tutte le questioni centrali nelle diverse fasi dello sviluppo – dalle tematiche di crescita personale, ai rapporti tra compagni, dal bullismo alle domande su nascita e morte, malattia o sessualità. È facile in un clima simile sviluppare la consapevolezza di potersi rivolgere al proprio superiore, al professore di turno o a un adulto, certi di essere, quantomeno, ascoltati. Nonostante le corte giornate invernali, il clima non proprio favorevole per molti mesi dell’anno, in Olanda si passa tanto tempo all’aperto, si fa attività fisica anche solo già per andare a scuola o al lavoro in bicicletta, è normale pranzare con democraticissimi panini portati da casa, seduti al banco o alla propria scrivania o passeggiando attorno all’ufficio. E in generale i rapporti sono più diretti, gli sguardi si incontrano e, forse in conseguenza di tutto ciò, i sorrisi sono abbastanza una costante.

olandaAzzardo una ulteriore riflessione sicuramente generalista e probabilmente parziale, che appare però logica: la felicità e lo sviluppo di un certo livello di indipendenza si influenzano a vicenda e attecchiscono agilmente se accompagnati da un clima positivo in cui esprimerli. In un’epoca in cui da una parte si parla moltissimo del valore dell’intelligenza emotiva sul mercato del lavoro e dall’altra si sprecano i racconti di violenza gratuita verbale e fisica perpetrati su insegnanti, compagni di classe, colleghi o collaboratori, viene da domandarsi se maggiore leggerezza nei rapporti, fiducia negli altri e nel futuro non siano tratti da recuperare velocemente per sperare in domani dalle tinte meno cupe.

  • MPaola |

    Dea, non voglio sbilanciarmi a giudicare, non sono proprio la persona adatta – preferendo il panino a pranzi più articolari 😉 .
    Noto il fatto cercando di prendere una posizione neutra. Non mi fraintendere: continuo a credere fortemente nell’importanza del sedersi a tavola di qualsiasi occasione in cui si condividono i pasti, anche proprio per il valore sociale e familiare, culturale, di apprendimento e scambio – anche a prescindere da quello che ci si trova nel piatto :).

  • Dea Verna |

    Ciao, sono sposata con un olandese, d’accordo per molte aspetti tranne uno. Non mi dirai che mangiare un democraticissimo panino davanti al computer è meglio di un pasto salutare seduti al tavolo in compagnia? Peggio ancora per i bambini: quando dico agli amici olandesi che in Italia i bambini mangiano a scuola un pasto caldo e completo muoiono d’invidia, altro che triste toast con il burro d’arachidi! Un caro saluto

  Post Precedente
Post Successivo