Bambini e giovani migranti: il 32% non si sente sicuro in Italia (Unicef)

Il 32% dei minori non accompagnati e dei giovani rifugiati e migranti che vivono in Italia non si sente sicuro, e tra questi il 53% è composto da ragazze. Eppure nei loro confronti i pregiudizi si sprecano: sulla povertà e sulla pericolosità, innanzitutto. Il percorso di accoglienza si è tradotto per quasi il 60% in ansia, stress e incertezza e la maggior parte non conosce o conosce solo in parte i servizi di supporto disponibili. Il 30% non è inserito in alcun percorso educativo. E il 47%, praticamente la metà, non comincia a studiare l’italiano prima di due mesi dall’arrivo.

Sono alcuni dei dati contenuti nel rapporto “La nostra voce conta” messo a punto dall’Unicef sulla base dei sondaggi di U-Report on the move 2024, la piattaforma presente sui principali social network per favorire l’ascolto e la partecipazione delle ragazze e dei ragazzi che arrivano nel nostro Paese. Gli iscritti, al momento, sono più di 18mila. E dal 2022 è disponibile anche il servizio Here4U che, in collaborazione con Arci, offre servizi e supporto individuali.

In Italia 140mila migranti e rifugiati, di cui 18mila minori

Per capire la dimensione dell’universo complessivo di riferimento è utile riepilogare i dati monitorati mensilmente dal ministero del Lavoro: i minori stranieri non accompagnati presenti sul nostro territorio al 31 dicembre scorso sono 18.625, maschi all’87,79 per cento. Il 15% ha meno di 14 anni, il 53,66% ne ha 17. La maggior parte (23,18%) si trova in Sicilia o in Lombardia (13,6%). Nel complesso, considerando anche gli adulti, alla data del 30 novembre 2024 sono 140.248 i rifugiati e migranti che risultavano presenti nel sistema di accoglienza italiano.

Proteggere dalla violenza

I sondaggi di U-Report on the move nascono proprio per dare voce ai giovani migranti, una popolazione troppo spesso invisibile nelle politiche pubbliche, e servono al Comitato sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza dell’Unicef per formulare raccomandazioni e suggerire azioni concrete. La prima, visti i numeri sulla sensazione diffusa di insicurezza, è quella di «garantire un ambiente sicuro per tutti i bambini e le bambine e ragazzi e ragazze».

L’esortazione all’Italia è a proteggere i minorenni, e in particolare bimbe e ragazze, da tutte le forme di violenza e abuso. Tra i fattori che influiscono sulla percezione di sentirsi al sicuro c’è, infatti, innanzitutto il genere (indicato dal 17% di chi ha risposto), seguito dal colore della pelle (12%) e dalla religione (11%).

Non discriminare

La metà degli interpellati incontra negli italiani atteggiamenti di sospetto e paura, contro appena il 18% che percepisce accoglienza ed empatia. Il Comitato ribadisce l’importanza della non discriminazione ed esorta il nostro Paese a combattere attivamente i pregiudizi e le discriminazioni subiti da bambini, bambine e giovani in base a etnia, origine, religione, genere e altre caratteristiche. Anche perché tutto impatta sulla salute, mentale e fisica, soprattutto se si è soli e reduci da viaggi dell’orrore. Per questo la raccomandazione è di garantire accesso a «servizi disponibili e adeguati alle esigenze specifiche» dei più piccoli.

Il ruolo dei tutori e delle tutrici è conosciuto da circa due terzi dei giovani migranti e il 34% ne apprezza il ruolo per ottenere i documenti e per orientarsi in ambito scolastico e lavorativo. Secondo il rapporto, l’Italia dovrebbe sviluppare un sistema di accoglienza più integrato e assicurare l’applicazione delle linee guida nazionali in maniera omogenea in tutto il territorio.

Rimuovere le barriere all’istruzione e alla salute

Il Comitato dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, alla luce degli inciampi nell’accesso all’istruzione e delle lunghe attese per l’iscrizione (il 27% ha dovuto aspettare più di cinque mesi), ha chiesto all’Italia di rimuovere le barriere e di risolvere le criticità, incluse quelle legate alle iscrizioni fuori dai termini e all’assenza di supporto linguistico e culturale. Lo stesso vale per le cure: il 71% ha usufruito di servizi per la salute mentale, ma il 24% vorrebbe orari compatibili con i propri impegni, il 39% accessibilità senza barriere e il 14% informazioni chiare. Programmi di supporto psicologico sono fortemente suggeriti, considerando le esperienze traumatiche vissute dai migranti.

Incoraggiare la partecipazione

Secondo l’Unicef, è infine importante sostenere la partecipazione attiva dei giovani nelle comunità locali per ridurre l’isolamento sociale e la solitudine. La garanzia di spazi sicuri e accessibili per attività ricreative, sportive e di espressione personale – la conclusione – «è un ulteriore passo verso una società più inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti e tutte». Dove la voce di ognuno conta.

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  • Pasquale |

    In effetti, il problema dell’insicurezza in Italia sarebbe facilmente risolvibile tornando a casa propria…

  • Redo Cherici |

    Mia nonna viveva con le chiavi infilate nella porta di casa…Non sono solo i bambini immigrati a sentirsi insicuri!

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