Cosa si intende quando si parla di “corda tesa” riferita ad una donna sul lavoro? Il termine viene dall’inglese tightrope e sta ad indicare come tante donne, che desiderano crescere nella loro carriera, si muovano come un’equilibrista che procede con cura su un lungo filo teso a grande altezza.
Il concetto, di recente, è stato ripreso anche in un articolo apparso su Forbes Italia, che ha ricordato la scomoda situazione di cercare l’equilibrio per soddisfare una doppia aspettativa (detta anche double bind): dover mostrare qualità “maschili” (essere assertive, competitive e ambiziose), ma allo stesso tempo anche qualità “femminili” (essere empatiche, gentili, curate).
Curiosamente, mentre agli uomini è richiesto solamente di mostrarsi forti (siate uomini!), alle donne, che nell’atteggiamento spingono troppo sul lato maschile, vengono rimproverate durezza e aggressività, e se spingono troppo sul lato femminile sono bollate come troppo morbide o considerate meno autorevoli. Senza parlare del costante giudizio sull’aspetto fisico.
Non sono immuni da pregiudizi di questo tipo nemmeno donne che si muovono ai vertici della politica internazionale. Hillary Clinton nel corso delle varie campagne presidenziali fu più volte oggetto di critiche legate al suo aspetto fisico o al fatto che avesse le rughe. Come se tutto questo la rendesse più debole, o potesse intaccare la sua idoneità a ricoprire l’incarico di presidente degli Stati Uniti. E paradossalmente le critiche arrivavano anche sui suoi tailleur, spesso giudicati troppo severi e maschili.
Capiamo perciò quanto i diffusi pregiudizi inconsci, presenti in tutti gli ambienti e a tutti i livelli, possano condizionare le donne nell’autopromuoversi (per ruoli apicali e non solo) e farle sentire inadeguate o troppo giudicate, anche per il proprio aspetto o per ciò che indossano.
Ma se ti criticano perché sei troppo femminile o se ti criticano perché sei troppo maschile, allora qual è il ‘modo giusto’ per una donna?
Secondo Sandi Peterson, Group Worldwide Chairman di Johnson&Jonson, il fatto è che “gli uomini non sanno ‘leggere’ le donne se non sono abituati alla loro presenza in certi contesti, e quindi tendono a classificarle secondo certi stereotipi (…). E’ importante far loro capire che le donne hanno una propria unicità e non devono necessariamente rientrare in uno dei due estremi”.
Di fatto, per molte donne che vogliono imporsi, la scelta di sicurezza è la cosiddetta ‘divisa del potere’, ovvero un rigoroso tailleur (come Mary Barra, ceo di General Motors, o la cancelliera Angela Merkel). La versione leggermente femminilizzata della divisa maschile, infatti, semplifica il guardaroba, evita un’eccessiva attenzione sull’aspetto fisico, fa apparire più forti o ‘sullo stesso piano’ degli uomini, aiuta a rimarcare il proprio ruolo decisionale.
Lo stile tailleur pantalone può aiutare le junior che, specialmente all’inizio di carriera, devono ritagliarsi con forza un proprio spazio in ambienti maschili per affermare le loro competenze, e attraverso l’abbigliamento darsi una ‘struttura’.
Ma via via il percorso di carriera sale, e maggiori sono le competenze acquisite e il proprio branding, e più diventa importante pensare ad una propria auto-affermazione anche stilistica, meno omologata e più personale, purché comunque assertiva ed efficace.
L’assertività non è altro che una comunicazione chiara ed equilibrata di sè, e saper gestire strategicamente il proprio stile personale, la gestualità e il comportamento nei contesti business aiuta a sentirsi più stabili e centrate, e allo stesso tempo libera energie e trasmette forza e sicurezza, e rende più immuni ai bias.
Abbiamo infatti esempi di donne ai vertici che hanno optato per uno stile diverso, pur mantenendo una comunicazione di sé forte e credibile.
Come Sheryl Sandberg, coo di Facebook, piuttosto informale, con poche giacche e zero accessori; o come Lynn Good, ceo di Duke Energy che ha fatto dei foulards colorati il suo tratto distintivo; o come Marissa Mayer, ex ceo di Yahoo, con i suoi golfini e vestitini bon ton; o come la democratica americana Alexandria Ocasio-Cortez che declina i tailleur con sapiente femminilità.
Rifarsi anche a questi esempi, mantendo il giusto focus sugli elementi dell’abbigliamento che comunicano stabilità, flessibilità, credibilità, aiuta a diffondere una cultura di diversità nell’abbigliamento lavorativo. E aiuta una sempre maggior accettazione della presenza femminile nel luoghi di lavoro fatta di tante sfaccettature individuali e dove si spera diventeranno sempre meno preponderanti i pregiudizi legati al ‘femminile’.