E’ la prova che l’Europa – nel senso di Ue e Bruxelles – ha un’anima. Sociale. Che vuole più congedi per i padri e più donne al lavoro (perchè i figli si fanno in due e finchè la condivisione non sarà pratica comune non ci sarà neppure parità). Attrezzare di diritti i lavoratori atipici e mettere un freno al dumping salariale tra Est e Ovest europeo, che porta le aziende a delocalizzare per pagare meno i lavoratori.
O meglio, l’Europa un’anima sociale l’avrebbe. Se gliela lasciassero avere gli Stati. Che su questi temi (il welfare) hanno una competenza pressochè esclusiva. Salvo poi dare a Bruxelles la colpa di essere algida, tecnocrate e di non avere mai a cuore “il bene di lavoratori e famiglie”.
Ieri, infatti, la commissaria europea per l’Occupazione e gli Affari sociali, Marianne Thyssen, ha sintetizzato la proposta della Commissione per un nuovo “pilastro sociale”. L’obiettivo è riuscire ad arrivare in fondo a una direttiva che fissi certi standard. La realtà è che davanti all’ottimismo delle idee e della volontà, manca la libertà di azione di Bruxelles, perchè spetta ai governi. E che la proposta di direttiva si fermi a una speranza di direttiva.
La principale novità sarebbe il diritto di congedo per non meno di 10 giorni lavorativi, quando nasce un figlio. Con diritto sino a 4 mesi di congedo fino ai 12 anni, rispetto all’attuale linea guida – non vincolante – degli 8 anni di età. Per la prima volta, poi, si accenna a un congedo di 5 giorni l’anno per chi assiste un parente diretto, malato o disabile.
Non solo. La proposta della Commissione vorrebbe concedere ai genitori di bambini fino a 12 anni e a chi assiste malati o disabili, il diritto a orari e modalità di lavoro più flessibili (o ridotti). Punto su cui, già qualche tempo fa, si fece sentire l’associazione degli industriali europei, BusinessEurope, che teme un aggravio eccessivo dei costi per il tessuto delle imprese.
Inoltre, la Commissione Ue punta a lanciare due consultazioni pubbliche con le parti sociali, sull’ammodernamento delle norme sui contratti di lavoro e sull’accesso alla protezione sociale. Obiettivo, definire nuovi meccanismi di protezione per i precari, i lavoratori atipici e la riconversione delle competenze di chi perde il posto di lavoro.
Il problema è che anche qui, la Ue non sa bene che rotta darsi. Cosa vogliono fare gli Stati Ue? Ridimensionare quel (poco) di dimensione sociale che Bruxelles può dettare? Oppure spingere l’acceleratore e provare a coordinare le proprie politiche (visto che lavoratori, imprese e investimenti – per ora – si muovono, si trasferiscono e spostano produzioni nello Spazio europeo?). «Ho cercato di conferire alle priorità sociali l’importanza che meritano in Europa» ha sottolineato, ieri, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker.
Noi, per ora, osserviamo che l’Italia, per il 2017, i giorni di congedo parentale (per i papà dei bimbi nati nel 2017) li ha dimezzati.