Scienza, il potere di bellezza e desiderio: la vita evolve anche per piacere

Ci sono libri che, pur nascendo come saggi scientifici, finiscono per raccontare molto di più. Non solo la traiettoria di una teoria, non soltanto il destino di un dibattito accademico, ma una visione della vita, un modo diverso di comprendere chi siamo e come siamo arrivati fin qui. “L’evoluzione della bellezza” di Richard O. Prum appartiene a questa categoria rara. È un libro di ornitologia che si legge come un trattato filosofico, un libro di biologia che, pagina dopo pagina, diventa un libro di politica del corpo.

Darwin e l’enigma del pavone

Prum, ornitologo di Yale, parte da un’immagine che tormentò Charles Darwin: la coda del pavone. Troppo ingombrante, troppo vistosa, troppo inutile per la sopravvivenza. Eppure irresistibile. Darwin lo confessò in una lettera: «Ogni volta che guardo la coda di un pavone mi sento male». Quel fastidio era il segno di un enigma. Se la selezione naturale spinge verso l’adattamento, come spiegare la persistenza di un ornamento che ostacola la fuga dai predatori e consuma energie enormi?

La risposta arrivò nel 1871 con “L’origine dell’uomo e la selezione sessuale”: accanto alla selezione naturale, Darwin introdusse un secondo principio, la selezione sessuale. Qui i tratti non servono a sopravvivere, ma a piacere. Le femmine scelgono, orientando il destino delle specie. È un’idea che il darwinismo successivo ha spesso marginalizzato, riducendo la bellezza a semplice “segnale onesto” della salute genetica. Ma Prum riporta al centro questa intuizione dimenticata, e lo fa con una radicalità che sorprende: l’evoluzione non è solo lotta per la vita, è anche ricerca del piacere.

L’orgasmo femminile come svolta

Il punto di svolta arriva quando Prum affronta l’orgasmo femminile. Non un lusso, non un accidente, non un sottoprodotto dell’eiaculazione maschile, come a lungo sostenuto. L’orgasmo femminile, dice Prum, è la prova vivente che il piacere può esistere indipendentemente dalla riproduzione. Può diventare criterio estetico, forza selettiva autonoma. Le donne, scegliendo partner capaci di dare piacere, hanno inciso sull’evoluzione della specie tanto quanto la lotta per la sopravvivenza.

Qui la biologia diventa politica. Per secoli il corpo femminile è stato pensato come strumento della riproduzione, ridotto a funzione materna, controllato e disciplinato. Prum ribalta il quadro: il corpo femminile è anche luogo di autonomia estetica, spazio in cui il desiderio detta le sue regole, forza che seleziona comportamenti, stili, pratiche. È un pensiero femminista nel senso più radicale: il piacere non ha meno dignità della sopravvivenza, l’orgasmo non ha meno valore della fertilità.

Da qui si apre una genealogia inattesa delle libertà sessuali. Se il piacere è forza evolutiva, allora anche i piaceri non riproduttivi – la masturbazione, le relazioni queer, le pratiche omosessuali o non penetrative – non sono deviazioni da giustificare, ma espressioni legittime della storia naturale. La vita, suggerisce Prum, non ha scelto di essere soltanto utile: ha scelto anche di essere eccedente, variabile, gioiosa.

Gli uccelli come metafore

Gli esempi ornitologici, che potrebbero sembrare dettagli tecnici, diventano allora metafore potenti. Le danze dei manachini, che richiedono anni di apprendimento sociale, mostrano come la cultura possa entrare nella biologia. I giardini degli uccelli giardinieri, costruiti con fiori, piume e architetture ingegnose per attrarre le femmine, ricordano la nostra arte e la nostra architettura: non strumenti di sopravvivenza, ma offerte estetiche. Le vagine spiraliformi delle anatre, sviluppate come difesa contro i tentativi di accoppiamento forzato, mostrano come la libertà femminile possa plasmare persino l’anatomia. Ogni esempio porta con sé la stessa lezione: la bellezza e il piacere sono stati selezionati perché contavano per chi sceglieva.

Il cuore politico di questo libro sta proprio nell’equiparare due principi: la propagazione della vita e l’autonomia del piacere. Equipararli significa riconoscere che i diritti delle donne, la liberazione sessuale, le identità queer non sono rivendicazioni “culturali” opposte a una natura neutra, ma affondano le radici nella storia stessa della vita. La scienza, in questa lettura, diventa alleata della libertà: ci mostra che il desiderio non è un’anomalia da tollerare, ma un principio che ha fatto la storia.

Una prospettiva liberatoria

C’è qualcosa di profondamente liberatorio in questa prospettiva. Se la vita evolve anche per piacere, allora le battaglie per il riconoscimento dei corpi, dei desideri, delle identità non sono contro la natura, ma con la natura. Non sono deviazioni, ma compimenti. La bellezza e il piacere, lungi dall’essere ornamenti superflui, sono stati motori evolutivi: hanno modellato piumaggi e canti, ma anche culture e diritti.

In gioco non c’è soltanto una nuova teoria della selezione sessuale, ma una visione del mondo. La vita non si spiega tutta con l’utile: si spiega anche con il bello. E non tutto ciò che è bello è utile, ma ciò che è stato scelto perché bello ha plasmato la storia. È questo il messaggio più pericoloso, e forse il più fecondo, che Darwin aveva intravisto e che Prum ha riportato alla luce.

L’evoluzione, scrive Prum, non è soltanto lotta per la vita. È anche, e soprattutto, un canto, una danza, un brivido: la vita che sceglie di godere.

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Titolo: “L’evoluzione della bellezza”
Autore: Richard O. Prum
Traduttrice: Valentina Marconi
Casa editrice: Adelphi, 2020
Prezzo: 35 euro

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