Cooperative, cresce la presenza femminile anche nei ruoli apicali

Il settore delle cooperative pesa l’8% del Pil e impiega il 7,5% della forza lavoro a  livello nazionale. Il primo dato emerge da un’analisi dell’Alleanza delle Cooperative Italiane, il coordinamento nazionale costituito dalle associazioni più rappresentative della cooperazione italiana Agci, Confcooperative, Legacoop, che con le sue 39.500 imprese associate, rappresenta oltre il 90% del mondo cooperativo italiano per persone occupate (1.150.000), per fatturato realizzato (150 miliardi di euro) e per soci (oltre 12 milioni).

Un dato, tra quelli riportati dall’Alleanza delle Cooperative Italiane, merita una particolare attenzione. Il 58% delle persone occupate sono donne e il 15% sono persone immigrate. La cooperazione rappresenta, dunque, una parte consistente del mondo delle lavoratrici, con numeri che raccontano di una crescita costante.

Le cooperative attive femminili ammontano a 15.686 al 31/12/2024 (fonte: CCIAA). Secondo l’elaborazione dell’ufficio studi di Confcooperative sui dati CCIAA, esse sono diffuse in tutto il Paese. In particolare, aumenta il peso delle cooperative attive femminili sul totale delle cooperative in Italia (il 24,9% nel 2024, contro il 23,3% del 2015), soprattutto nelle regioni fragili del Centro e del Sud (con picchi in Sardegna del 33,6% e in Molise del 32,6%, dove l’autoimprenditorialità cooperativa femminile riesce a dare risposte concrete ai bisogni dei territori.

Confcooperative riporta che le donne rappresentano il 61% degli occupati (61% su 540.000 persone occupate), il 27% dei presidenti (percentuale più alta del 10% degli altri modelli di impresa), e il 42% dei soci. Il settore a più alta presenza femminile è quello della cooperazione sociale con il 41,7% di governance rosa, seguono la cooperazione sanitaria con il 28,6%, la cooperazione impegnata nella cultura, turismo, sport con il 26,5% e lavoro e servizi con il 22,3%.

«Le cooperative nascono da una parte per rispondere ai bisogni di una comunità dall’altra alla necessità di dare reddito e occupazione – ha dichiarato ad AlleyOop Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative, nata nel 1919 – e tanto più le cooperative saranno capaci di dare risposte innovative ai nuovi bisogni  – i bisogni delle persone che  cambiano e diventano più complessi ed evoluti  – tanto più riusciranno a declinare il ruolo che è affidato loro dall’art. 45 della Costituzione. La vera sfida è questa stare al passo con i tempi, dare risposte nuove a bisogni nuovi poiché la società diventa complessa, cambiano le esigenze delle popolazione, si pensi ad esempio al fenomeno del calo demografico e dell’invecchiamento, e bisogna essere in grado di adeguare le risposte altrimenti si rischia di essere fuori mercato. Se l’Onu per due volte nella storia ha dedicato un anno alla cooperazione (nel 2012 e nel 2025) vuol dire che siamo sulla strada giusta. L’importante è non smarrirsi».

Cresce la presenza femminile nella governance

Il sistema della cooperazione associata a Confcooperative ha favorito negli ultimi vent’anni un percorso virtuoso di crescita delle donne nelle cooperative: «C’è stato un percorso in questi anni, dal 2005 per la precisione, che ha sostenuto le donne nel mondo della cooperazione e incentivato la presenza femminile a livello apicale – spiega Alessandra Rinaldi, presidente della Commissione Dirigenti Cooperatrici di Confcooperative che proprio quest’anno festeggia i venti anni di attività – e tutti i numeri sono cresciuti. Negli ultimi 20 anni, anche grazie al lavoro svolto dalla Commissione che presiedo, il peso della componente femminile nei cda è passato dal 21% al 29,7% quindi 1 persona su 3 in un CdA oggi è donna. Sono aumentate, in questi 20 anni, anche le presidenti donne passando dal 17,9% del 2004 al 27,2% (contro il 13,1% delle SpA), dato che aumenta al 34,5% se parliamo di presidenti under 35. La cooperazione è, tra le poche forme d’impresa, un ascensore sociale per le donne dove il coraggio e il talento sono in grado di trasformare gli svantaggi in fattori di competitività. Cresce la cultura organizzativa».

E sempre secondo i dati dell’ufficio studi Confcooperative, le donne ai vertici non sono presenti solo nelle piccole cooperative, ma anche in quelle grandi e medie.

Anche i dati di Agci confermano questo trend in crescita nella governance: la percentuale delle donne che compongono i cda degli enti associati è oggi pari, infatti, al 29,4%

«La creatività e le capacità delle donne hanno fatto nascere cooperative in tantissimi ambiti, non solo in quello sociale, come si può tradizionalmente pensare ma anche nella cultura, nel turismo e persino nel mondo della tecnologia. La nostra è una storia che si riscrive, del resto neanche con il COVID ci siamo fermati, forse tra i pochi fortunati» spiega Rinaldi, che aggiunge: «A testimonianza della maturazione realizzata in questi anni di percorso vorrei anche ricordare il continuo lavoro di sensibilizzazione sul tema della violenza di genere, in ogni sua forma, anche nel linguaggio e negli stereotipi. Fondosviluppo, d’intesa con Confcooperative e con la Commissione Dirigenti Cooperatrici Nazionale, ha deliberato un plafond dedicato al Bando ROMPI IL SILENZIO #fattisentirecontroIaviolenza. Questo bando nasce con l’obiettivo di sostenere e potenziare le cooperative che si occupano di contrastare la violenza di genere, promuovendo la cultura del rispetto, della parità e della giustizia. Ed infine il sostegno a ben 5 borse di studio per dottorati di interesse nazionale nella prima Scuola di Gender Studies Dottorati dell’Università degli Studi di Bari».

Dalla Costituzione ad oggi

In Italia la cooperazione è inserita nella nostra carta costituzionale. Essa, infatti, è riconosciuta e tutelata nel primo comma dell’art.45: «La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità», cui fanno da corollario anche i principi di solidarietà sociale e di uguaglianza formale e sostanziale contemplati negli artt. 2 e 3.

Questa cornice è stata fondamentale per la crescita e lo sviluppo del movimento cooperativo in Italia soprattutto nel dopoguerra, tenendo conto anche delle istanze sociali dei decenni della ricostruzione e del boom economico: «Le cooperative sono un esempio concreto di come l’economia possa essere organizzata in modo che le persone siano al centro, piuttosto che al sostegno degli interessi economici e del profitto delle grandi imprese – commenta Simone Gamberini, presidente di Legacoop – in un mondo sempre più segnato da disuguaglianze e da crisi ambientali, il modello cooperativo offre una visione di crescita economica che si intreccia con la solidarietà, l’inclusività, il mutualismo e il rispetto per l’ambiente. Le cooperative permettono di creare opportunità di lavoro dignitoso, rafforzano il senso di comunità e promuovono pratiche aziendali responsabili finalizzate alla riduzione della povertà e alla promozione dell’uguaglianza di genere. L’anno internazionale delle cooperative, quindi, non è solo una celebrazione, ma anche un invito a riflettere sul potenziale delle cooperative come modello per un’economia più giusta e sostenibile, in grado di rispondere alle sfide globali con soluzioni innovative e partecipative».

Le nuove generazioni

Oggi lo scenario appare, però, diverso. Le giovani generazioni, infatti, sono chiamate a raccogliere quell’eredità e a traghettarla verso il futuro affrontando nuove sfide e provando a declinare i valori fondanti, che hanno fatto la storia della cooperazione, adeguandoli al contesto globale del terzo millennio.

Giulia Casarini è la Presidente di Cadiai, una storica cooperativa di Bologna fondata negli anni Settanta, in una fase cruciale in cui la cooperazione nasceva per dare vita a modelli lavorativi in grado di conciliare esigenze personali e professionali, intorno ad una precisa cornice valoriale, specchio di quegli anni di grandi cambiamenti.

«Cadiai nasce nel 1974 da 24 donne e 3 uomini che scelgono la forma della cooperativa per tutelare il loro lavoro – racconta Casarini – da allora di strada ne è stata fatta e oggi la cooperativa conta circa 1.000 soci e 1.800 dipendenti, di cui l’85% è donna. Siamo una cooperativa sociale, ma crediamo che sia importante lavorare sullo stereotipo che crede che il lavoro di cura sia solo prerogativa  femminile e renderlo attrattivo anche per l’altro genere».

Alla guida di Cadiai c’è sempre stata una presidenza femminile: «La nostra è una storia di emancipazione femminile – prosegue – la cooperativa nasce in un periodo storico in cui questa forma di impresa rispondeva a valori culturali e politici. Oggi la cooperativa è un luogo di lavoro più neutro, specie per le giovani generazioni, ma sappiamo che è importante riportare l’attenzione anche sulla visione del mondo e sull’orizzonte valoriale che una cooperativa presenta, a partire dal tema della partecipazione attiva. La cooperativa consente di conciliare esigenze di vita e di crescita professionale, di emancipazione e di autodeterminazione».

Ma per rilanciare il modello cooperativo occorre anche ripartire dalla riscoperta delle storie personali che hanno contribuito in maniera decisiva alla crescita di questa realtà a livello locale e nazionale, di cui forse si parla poco: «Le 24 donne che hanno iniziato questo percorso sono per noi un punto di riferimento, basti pensare che alla guida c’è sempre stata una presidente donna e una governance ad elevata percentuale femminile – conclude Casarini – mi piace ricordare la presidente di allora Vittoria Lotti che dibatteva con la ministra del Lavoro Tina Anselmi sul riconoscimento del ruolo dell’assistente domiciliare nel 1978. Un riconoscimento prezioso, un risultato concreto che non riguardava solo i soci e i lavoratori della cooperativa, ma che venne pubblicato in Gazzetta Ufficiale per identificare da quel momento in avanti la categoria dei lavoratori dell’assistenza domiciliare di tutte le imprese del settore, cooperative e non, come figura professionale formalmente riconosciuta».

Il mondo del credito cooperativo

La componente femminile del Credito Cooperativo è di circa il 42% del totale (in valore assoluto circa 12.400 persone, cresciute del 2,6% in base d’anno a fronte del +1,7% rilevato per il resto dell’industria bancaria).

In particolare, la presenza femminile negli incarichi di vertice delle 218 BCC italiane alla fine del 2023 era pari al 26% (+16% rispetto ai dodici mesi precedenti). Oltre il 40% delle BCC oggi hanno tra il 20% e il 32% di donne in Cda e il 20% delle BCC tra il 33% e il 50%. Nell’ultimo triennio, la percentuale di dirigenti donne del Credito Cooperativo è aumentata del 37%, quella dei quadri direttivi donne del 16%.

«Come sottolineiamo sempre, il contributo delle donne nelle organizzazioni, produce valore e vantaggio, concreto e misurabile – commenta Teresa Fiordelisi, presidente di iDEE, associazione delle donne del Credito Cooperativo, che ha festeggiato venti anni di attività – in questi anni numerosi studi di settore hanno evidenziato come le donne ai vertici delle organizzazioni ne migliorino le performance, riducendo il rischio di impresa e aumentandone la competitività. Le donne del Credito Cooperativo non fanno eccezione. Lo studio dell’Università Cattolica del 2022, dedicato alla governance del Credito Cooperativo, ha fotografato le caratteristiche delle amministratrici del sistema, professioniste che si distinguono per background culturale e professionale d’eccellenza. Il 71,6% di loro ha una formazione superiore (laurea e/o titolo post-laurea), percentuale che sale al 94% per le “under 45 anni”; Il 16,5% è commercialista, il 20% è avvocata, notaia o revisora dei conti. Inoltre, sono in media più giovani degli esponenti di genere maschile: 49,9 anni contro 56,9 anni. Risulta, così, evidente che costruire sistemi equi e paritari consente l’emersione di talenti e competenze essenziali per lo sviluppo e la produttività delle organizzazioni».

“iDEE” – la cui costituzione è stata promossa da Federcasse[2] nel 2004 – opera all’interno del sistema del Credito Cooperativo come associazione impegnata sui temi della parità di genere e della valorizzazione del protagonismo femminile, mettendo in luce gli effettivi vantaggi e opportunità di una realizzata parità: «Quando iDEE è stata fondata, nel 2004, su impulso di Federcasse, la sensibilità verso tutto ciò che oggi consideriamo nella cornice della “DEI” (Diversity Equity & Inclusion), non era certamente sviluppata come oggi – prosegue Fiordelisi – quella di dar vita, allora, a un’associazione che si occupasse di promuovere la parità di genere all’interno del Credito Cooperativo, di sostenere il contributo e il protagonismo delle donne per valorizzarne talenti e competenze, è stata certamente una scelta pionieristica. In 20 anni molto è cambiato in termini di apertura verso questi temi. Oggi, complice l’evoluzione normativa, non si può prescindere da questi aspetti. Abbiamo, dunque, più spazio, che in passato, per generare consapevolezza su questi aspetti, anche se ci scontriamo ancora duramente con una realtà italiana, sociale e culturale, che sconta ancora profondamente la presenza e l’impatto degli stereotipi di genere, che continua a condizionarne scelte e opportunità, personali e professionali».

Il 2025 anno delle cooperative

Il 2025 è stato proclamato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite come “L’anno internazionale delle cooperative”, declinato attraverso il tema “Le cooperative costruiscono un mondo migliore”. Obiettivo sottolineare la centralità del loro ruolo nel tessuto sociale ed economico nei Paesi del nord e del sud del pianeta per le prossime sfide globali, in particolare in riferimento all’attuazione degli Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) entro il 2030.

È la seconda volta – la prima nel 2012 – che viene dedicata una particolare attenzione a queste realtà: «Il secondo Anno Internazionale delle Cooperative  – si legge sul sito – sarà un’opportunità per mobilitare tutte le parti interessate a sostenere ed espandere le cooperative ovunque, rafforzando il loro contributo per un mondo migliore» ha dichiarato Li Junhua, sottosegretario generale del Dipartimento degli Affari economici e sociali delle Nazioni Unite.

Gli obiettivi principali dell’IYC25 puntano a promuovere e a far comprendere il ruolo delle cooperative, creando un ambiente favorevole alla nascita e allo sviluppo, soprattutto grazie al ruolo delle istituzioni. La cooperazione è, infatti, un asse importante dell’economia e della società in tutto il mondo. Se ne contano circa 3 milioni in tutto il mondo, a rappresentare almeno 1,2 miliardi di soci che operano negli ambiti più diversi dall’agricoltura all’edilizia, dai servizi alla sanità, dalle banche ai beni di consumo.

Parlando di cooperazione, la prima caratteristica che viene in mente è il concetto di mutualità che contraddistingue questo modello di impresa: erogare servizi e beni a condizioni più favorevoli ai soci fu forse proprio il principio ispiratore alla base di una delle prime cooperative di consumatori al mondo, la Rochdale Society of Equitable Pioneers, nata nel 1844 nel Lancashire, in Inghilterra con l’obiettivo di tutelarsi dal cibo di scarsa qualità. Ma tra gli assi portanti troviamo anche l’attenzione all’altro, l’inclusività, la possibilità di conciliare le aspirazioni professionali con le esigenze di vita, e, a volte, un’opportunità di rinascita proprio nell’autoimprenditorialità. Le cooperative non sono fatte solo di numeri, ma anche di persone e di storie: decidere di costituirle o di entrarvi non è solo una scelta lavorativa, ma talvolta si trasforma in una strada da voler percorrere per un’adesione ad una cornice valoriale.

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[1] Ricerca sulla governance del Credito Cooperativo, coordinata dal prof. Stefano Bozzi, Università Cattolica del Sacro Cuore 2022

[2] Federazione Italiana delle Banche di Credito Cooperativo- Casse Rurali e Artigiane

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