Niente giudizio, siamo umani. “Nei nervi e nel cuore” di Rosella Postorino

Chi sono oggi le donne nate negli anni 70? Lottano ancora per affermarsi in una società di gran lunga migliore di un tempo, ma comunque complessa e tendenzialmente maschilista? Rosella Postorino ne traccia una mappa ideale in “Nei nervi e nel cuore. Memoriale per il presente”,  raccolta degli articoli apparsi nell’arco degli ultimi anni su 7 ⎼ Sette, il settimanale del Corriere della Sera, pubblicata da Solferino nel 2024. E attraverso quella, con continui rimandi tra la storia personale e la Storia collettiva, regala uno sguardo sul mondo, sui grandi dilemmi della contemporaneità e sulla letteratura che l’ha formata e segnata – forse liberata – scevro da ogni pregiudizio e intento pedagogico: uno sguardo intriso di tenerezza.

Postorino ribalta il punto di vista. Non è più l’uomo il centro e il metro della discussione; non è il professore che approfitta della sua posizione di potere per decidere del destino professionale di un’allieva in base al mero giudizio estetico e sessuale; non è l’amico che, solo per essere stato ospitato da un’amica si permette di accorciare troppo le distanze; non è nemmeno la famiglia, che intima a lei bambina di non mostrare troppo il suo corpo. Le esperienze dirette, i ricordi, i racconti dell’autrice, tessuti insieme a formare questo memoriale, diventano occasione per mettersi (metterci) davanti a uno specchio e chiedersi non tanto cosa si aspetta il mondo da me, cresciuta sulla scia delle lotte femministe degli anni Settanta, ma cosa mi aspetto io da me stessa. Quale chiave per leggere il presente posso offrire.

Affrancarsi dallo sguardo maschile

Nessun manuale di sopravvivenza o di autoaffermazione. Men che mai una guida per trovare risposte inequivocabili. “Nei nervi e nel cuore” è uno strumento di confronto con le lettrici e i lettori, un viaggio nei grandi temi del contemporaneo e ancora di più nella tenerezza dell’essere umani, talvolta talmente sconcertante da farsi spaventosa. Confronto che, in una sorta di scambio di confidenze, prima di tutto avviene con sé stessa. In quest’ottica si costruisce la consapevolezza lungo un doppio binario, privato e pubblico: da un lato la capacità delle donne di tracciare i confini, di delineare il limite entro il quale non permettere a nessuno di entrare (come suggeriscono anche Paola Tavella e Teresa Cherubini nel libro “Contrattacco!”, proprio nei capitoli iniziali); dall’altro la richiesta alla politica perché intervenga in maniera decisa per superare, a livello collettivo, le disparità tra uomini e donne.

«Si trattava di soggezione», scrive Postorino. «Per i miei compagni di corso, per i professori, quel ragazzo era una mente brillante e io non volevo che una mente brillante mi giudicasse bigotta, o repressa. Non gli avrei mai detto che mi infastidiva perfino il suo odore, per non umiliarlo, sebbene lui mi avesse umiliata. (…) Ho capito molto dopo quella notte che per affrancarsi da una simile disparità serve una forza non individuale, ma comune, pubblica, condivisa con le donne e con gli uomini, con chi ci alleva, con chi ci forma, e specialmente con chi ci governa».

Si scorge la sudditanza dallo sguardo maschile, dalla quale l’autrice ⎼ come dovremmo fare tutte ⎼ sembra essersi affrancata, riconoscendola; quella sottile linea di imbarazzo che almeno una volta nella vita ci ha fermato dal rispondere in maniera ferma a un’avance non gradita per paura di risultare maleducate, respingere un abbraccio non voluto per timore di offendere l’altro, non reagire a un insegnante, un capo, un superiore che ci trattano come se fossimo sotto la loro giurisdizione. Uno sguardo maschile che ci fa sentire giudicate dall’alto di una posizione che non sentiremo mai la nostra, per retaggio culturale, prima di tutto, soprattutto per chi come Postorino è nata nel Sud Italia, o per esperienza in ambienti dove gli uomini hanno quasi sempre comunque posizioni gerarchiche più alte.

Maternità e paternità: accettare la roulette russa

Quando una donna parla di donne, è inevitabile parlare di madri, di maternità. Negli ultimi anni tantissime figure di spicco dell’ambito culturale italiano ⎼ scrittrici, giornaliste, filosofe ⎼ hanno dibattuto sul tema, senza risparmiarsi a volte veementi scambi di opinioni, né vecchi stereotipi.

Il punto di vista di Postorino non è impersonale né pretende di essere universale. “Nei nervi e nel cuore” consegna ai lettori e alle lettrici, al contrario, una riflessione molto personale. Postorino osserva la maternità con una tenerezza disarmante. Parte da sua madre, che ascoltava la musica italiana, era felice e all’improvviso ha dovuto accettare che la figlia si allontanasse, non solo fisicamente, come succede a tante madri quando comprendono sulla loro pelle «che sacrificio comportasse diventare adulti. Fa male in ritardo, quando tutti sono ormai invecchiati. A volte mi chiedo in quale preciso momento, e quanto, abbia fatto male a lei. Veder decadere il suo regno di sole e schiuma al caffè e canzoni italiane, smettere di essere per i figli il mondo intero, accettare la fine di quella forma assoluta, irripetibile, di amore».

Quando arriva alla sé che non è madre mette a tacere ogni possibilità o tentazione di giudizio, con una considerazione durissima. Madri (e padri) sono – scrive – «quelli che da sempre accettano la roulette russa, ossia la possibilità di perdere un figlio, per me intollerabile al punto da costringermi all’astensione. Una specie di ammutinamento contro la Natura, o contro Dio: non ci sto, al tuo gioco sadico. Se si muore, allora mi rifiuto di far nascere». Fa riflettere questo aspetto, che forse germina nel petto di tantissime madri, forse di tutte, ma diventa inconfessabile perfino a loro stesse, a noi stesse. Fa paura pensare di poter perdere un figlio, provare il dolore più grande che si possa sentire, e avere il coraggio di ammettere di essere paralizzate dalla paura a tal punto da non considerare nemmeno la possibilità dell’impresa, non è da tutte.

La scrittrice Nadia Terranova, nel suo romanzo “Addio fantasmi” (Einaudi 2018), aveva affidato alla sua protagonista Alba un pensiero altrettanto spietato, nella sua onestà: «Mettere al mondo i figli significa mettere al mondo persone morte. Non è una riflessione, è un dato di fatto». Ecco perché il giudizio non dovrebbe trovare posto nei dibattiti intorno alla maternità. Abbandonare il pulpito è la via più saggia. E più rispettosa. Ancora una volta, Postorino riesce nel miracolo: far comprendere il significato della scelta libera, partendo da sé.

Liberare la letteratura dall’attesa di verità assolute

Questo libro sortisce sempre, forse persino senza volerlo, l’effetto di evitare il giudizio, di mettersi in ascolto degli altri, siano essi persone reali o personaggi. Anche quando si accosta al tema del fine vita, Postorino non rivela Messaggi, ma scava, cerca il confronto con scrittori e scrittrici che sono per lei un riferimento. Il titolo della raccolta prende spunto da Cesare Pavese (e dalla sua annotazione che nell’infanzia «nulla era avvenuto o dormiva solamente nei nervi e nel cuore») e proprio di lui, come di altri, dice: «Io ammiro Cesare Pavese e Primo Levi, … al di là del loro suicidio, che per il mondo non è certo un messaggio (che croce, questa del messaggio) di forza, anzi di resilienza (che croce, questa della resilienza)».

Troppo spesso dalla letteratura (e quindi dagli autori) ci si aspettano risposte, linee guida da seguire, verità da accogliere. E invece qui concetti come messaggio e resilienza, oggi al centro di tante discussioni, vengono ridimensionati nel loro valore assoluto e, forse a volte tendente allo stereotipo, alla banalizzazione in qualche caso. Il suggerimento implicito che si ricava dalla lettura rimane uno, potente perché praticato: liberarsi da ogni preconcetto, pregiudizio, aspettativa.

Insinuarsi «nella pelle di un estraneo»

In questo processo di trasformazione dal giudizio all’ascolto, la letteratura diventa tutto fuorché uno strumento pedagogico: «Ci insinua nella pelle di un estraneo, vero o verosimile che sia, e ci fa sentire le sue ragioni, anche quando sono discutibili, o inquietanti. Abolisce ogni retorica, non insegue una verità unica e incontrovertibile, perché la letteratura sa che l’unica verità è di non avere verità». Rosella Postorino scrittrice, nei suoi romanzi, ha sempre indagato l’animo umano nelle sue contraddizioni più profonde, mostrandone i lati oscuri (il senso di colpa, l’abbandono, l’incertezza, la rassegnazione) senza mai cercare di orientare il lettore verso un giudizio o un semplice immedesimarsi nei personaggi. Ognuno di loro, da Rosa Sauer de “Le assaggiatrici” (in questi giorni al cinema per la regia di Silvio Soldini) a Omar, Nada e Danilo di “Mi limitavo ad amare te”, nasce da un sentimento che probabilmente (come si legge tra le righe dei ricordi riportati in questa raccolta) risiede nella “pancia” dell’autrice e ha bisogno di uno specchio per essere guardato con più attenzione o emergere. Per questo finisce sulla carta.

La potenza “trasformativa” del Covid

In una mappa del presente non si poteva non toccare un tema che è già diventato Storia ancor prima di esaurirsi del tutto: il Covid. «Che cosa mi aveva fatto il virus, ci faceva. Trasformava i nipoti in carnefici dei nonni, proliferava sull’affetto familiare, mutava gli abbracci in gesti aggressivi, i baci in tradimento, ribaltava la nostra psicologia, la nostra antropologia, tanto che in pochi riuscivano a adeguarsi, e gli altri si confondevano, sbagliavano, diventavano colpevoli. Ma pure quelli che si piegavano, come me, pure loro si sentivano colpevoli».

“Trasformava”: una parola importante, che esprime il meccanismo per il quale in tanti di noi si è generata una tale confusione, incertezza, da ridurci in una forma diversa dalla primitiva (come sancisce la Treccani), da far dimenticare i gesti di vicinanza e collaborazione. Ci ha messo uno contro l’altro, pur essendo tutti dalla stessa parte della barricata, ci ha fatto diventare sospettosi. Cortocircuiti emotivi, i cui effetti perdurano a ogni latitudine. Ci vuole una donna per saperli raccontare così.

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Titolo: “Nei nervi e nel cuore”
Autrice: Rosella Postorino
Editore: Solferino
Prezzo: 17,50 euro

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