Futuro del lavoro, serve più integrazione generazionale

I “baby boomers” in azienda non riscuotono particolare simpatia. Tanto che sono spesso etichettati come privilegiati, tradizionalisti e restii al cambiamento. Non che la successiva Generazione X se la cavi meglio: fascia di occupati che ha faticato ad affermarsi ed emergere.

Nei luoghi di lavoro oggi i riflettori sembrano essere costantemente puntati sulla GenZ e sui Millennials che, sebbene non sempre siano descritti con aggettivi gratificanti, per lo meno sono oggetto di attenzione. Una delle ragioni più evidenti è che, di fatto, il presente (e il futuro) appartiene a loro. È dunque comprensibile l’interesse – specialmente nel mondo del lavoro – che viene loro rivolto. Ma la composizione della forza lavoro al momento sembra ancora e fortemente sbilanciata sugli over50.

Over 55 e futuro

Se guardiamo avanti, poi, le stime indicano che nel 2030 gli over 55 saranno il 32% della forza lavoro italiana. È pertanto evidente che – sebbene per qualcuno possano rappresentare il passato – avranno ancora molto da dire nel prossimo futuro. Ciononostante, le aziende faticano a valorizzarli.

Secondo un report cross-Paese di Adecco, ad esempio, il 21% riferisce di subire discriminazione legata all’età e due terzi di loro di non aver avuto la possibilità di partecipare a programmi di formazione nei 3 anni precedenti l’indagine. Senza contare che il 55% afferma che sia difficile trovare nuove posizioni lavorative, coerenti con la propria esperienza e le proprie competenze.

L’altro lato della medaglia

Alla luce dei dati citati, sembrerebbe che gli over 55 siano una popolazione sottovalutata, se non, in alcuni casi, addirittura marginalizzata. Eppure, secondo l’edizione italiana 2022 del Board Index di Spencer Stuart, l’età media dei consiglieri di amministrazione nelle società quotate è di circa 60 anni. Di fatto, a questa fascia di età appartiene il potere decisionale. Un dato che tuttavia appare poco coerente con lo scenario fin qui evidenziato. E decisamente più in linea con gli stereotipi associati ai Baby boomers citati in apertura. 

In un certo qual modo ci si trova davanti a uno spaccato: da un lato, ci sono over 55 che ricoprono ruoli dirigenziali e detengono il potere decisionale ed economico, dall’altro, over 55 che faticano a sentirsi riconosciuti e a veder valorizzato il proprio know-how e la propria esperienza. Una discrepanza che apre a una serie di riflessioni. 

Una questione di integrazione generazionale

Le aziende spingono oggi verso una maggiore inclusione delle giovani generazioni, promuovendo flessibilità e innovazione. Così facendo, tuttavia, rischiano di lasciare indietro chi possiede più esperienza e conosce a fondo – perché l’ha vissuta – la storia organizzativa. Le conoscenze non sono solamente una risorsa da cui attingere quando serve, ma anche un’opportunità per far sentire le persone viste e valorizzate. Nonché una possibilità per integrare competenze trasversali, pensiero critico e una visione che vada oltre il breve termine. Un agire prezioso, specialmente nello scenario attuale, dove digitale e umano si giocano la partita.

A ciò, si aggiunge la necessità di integrare le diverse generazioni all’interno dei board. La diversità di genere, infatti, non è l’unica grande assente nei consigli di amministrazione. Sempre secondo il report di Spencer Stuard, solamente il 2% dei consiglieri ha meno di 40 anni. Il 12%, addirittura, più di 70. Le  aziende dovrebbero impegnarsi nella lotta alla discriminazione basata sull’età a partire dalla “testa”, per poi scendere e progettare politiche di inclusione che permettano a tutti i gruppi di età di portare il loro contributo, favorendo una crescita e uno sviluppo condiviso. 

Se la forza lavoro italiana del 2030 sarà ancora così diversificata anagraficamente come le previsioni ci dicono, è essenziale che le organizzazioni riescano a valorizzare il potenziale di ogni generazione. Solo così riusciranno a costruire una cultura del lavoro in cui esperienza e innovazione potranno non solo coesistere, ma anche contaminarsi in maniera virtuosa e competitiva.

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