Donne e parità, che ne pensano gli uomini? Ventuno sguardi sul futuro

I progressi nella rappresentanza e nella presenza nei Consigli di amministrazione, ma anche le fratture ancora da colmare sul fronte del lavoro e della parità retributiva, sull’autostima e, in definitiva, sulla partecipazione. Per le donne tanti passi avanti sono stati compiuti e tantissimi ne restano da compiere. Lo sanno anche gli uomini, come dimostra il saggio “Sulle donne. La parola agli uomini. Il punto di vista maschile sulla parità di genere” (FrancoAngeli) in cui Ilaria Li Vigni, avvocata milanese esperta di politiche di genere, dipinge un affresco post-pandemico dello stato di salute della democrazia paritaria e poi interpella 21 uomini tra politici, giuristi, imprenditori, giornalisti. Quasi tutti, con onestà, riconoscono il peso dei pregiudizi: la zavorra che grava sulla piena affermazione femminile.

Contro le donne l’uso ideologico della natura

In una prospettiva storica – scrive nell’introduzione Guido Alpa, già presidente del Consiglio nazionale forense – la grande distinzione tra donne e uomini «non è solo fisica, biologica, psichica, ma è soprattutto ideologica e affidata a un criterio discretivo, costituito intellettualmente e tramandato storicamente, cioè l’idea di “natura”». Contro l’uso ideologico della natura, che inchioda le donne al compito di fare figli, nutrire e curare, si sono scagliati in fondo tutti i movimenti per l’uguaglianza, rivendicando alle donne il diritto di esistere in toto al di fuori delle mura domestiche, come eroine per la libertà (Olimpia de Gouges) o infermiere della Croce rossa (Florence Nightingale), come patriote anticonformiste (Cristina di Belgiojoso e Anna Maria Mozzoni) o come professioniste (Lidia Poët).

La pandemia rivelatrice

La lista delle pioniere e delle combattenti è lunghissima e arriva fino al nostro tempo. Eppure, Per Li Vigni, lo shock della pandemia da Covid-19 ha mostrato quanto siamo ancora lontani dal raggiungimento della parità, amplificando gli squilibri esistenti. Quelli nel lavoro retribuito – il gap persistente di 18 punti percentuali tra il tasso di occupazione femminile e quello maschile, tra i più alti d’Europa, il divario nel part-time (praticamente il contratto delle donne), il gender pay gap – e, forse ancora di più, quelli nel lavoro informale, non retribuito. Perché è stato evidente, con le scuole chiuse e i lockdown, su chi ricadesse il carico legato legato ai figli e alla casa all’interno delle famiglie.

Il potere che ancora non c’è

Il libro raccoglie dati, ripercorre le tappe anche storiche della partecipazione ugualitaria di donne e uomini ai processi decisionali, e offre una panoramica italiana, europea e internazionale, riconoscendo come «fatto storico senza precedenti» la presenza di due donne al top nel nostro Paese – Giorgia Meloni alla guida del governo e del primo partito, Elly Schlein al timone del principale partito di opposizione – e di tre al vertice delle maggiori istituzioni comunitarie: Ursula von der Leyen (Commissione), Roberta Metsola (Europarlamento), Christine Lagarde (Bce). I soffitti di cristallo infranti, però, non devono far esultare: l’indice sulla gender equality dell’Eige mostra che negli ultimi dieci anni il “potere” è l’area in cui più ampio rimane il divario con gli uomini. E le differenze tra le delegazioni degli Stati membri restano ampie.

Il punto di vista maschile

Dopo un excursus tra le più recenti novità normative e giurisprudenziali – un bilancio della legge Golfo-Mosca e la direttiva Ue Women on Boards, la sentenza della Corte costituzionale sul doppio cognome e la perdurante inerzia del legislatore, la certificazione della parità di genere nelle organizzazioni introdotta con la legge 162/2021 in attuazione del Pnrr – Li Vigni dà la parola agli uomini, intorno a cinque avverbi-suggestioni: perché l’inclusione femminile è ancora una fatica; come raggiungere l’equilibrio nella convivenza tra generi; dove intervenire per migliorare valorizzazione e autostima femminile; fino a quando tollerare la differenza nelle retribuzioni; cosa fare per le asimmetrie nella parità dimostrate dalla pandemia. Le risposte confortano, perché denotano consapevolezza: tanto delle cause alla base delle differenze di trattamento quanto della insufficienza delle soluzioni, politiche e no.

Il corpo e la “trappola dell’educazione”

Alcune delle osservazioni meritano di essere sottolineate e condivise. L’ex sindacalista, oggi attivista e saggista, Marco Bentivogli mette in luce quanto «il culto del “dio corpo”» stia accentuando il sessismo «in una nuova forma di narcisismo a cui prestare molta attenzione». Come non essere d’accordo sulla sua esortazione a lavorare oggi più che mai sulle questioni legate al corpo, su salute e sessualità, medicina e impatto delle tecnologie? Ferruccio de Bortoli mette in guardia dalla «trappola dell’educazione», «la galanteria 4.0 che è un’insopportabile forma di ipocrisia nei rapporti professionali e sociali». L’ex rettore del Politecnico di Milano, Ferruccio Resta, evidenzia come parlare di asili nido gratuiti come benefit per le giovani ricercatrici ha un vizio di forma: «Non sono benefit a favore loro, ma della famiglia. Nessuno direbbe mai che sono misure a vantaggio dei giovani ricercatori… ma i figli non si fanno i due?».

La parità conviene a tutti

Il destino delle donne inchiodato alla maternità emerge da tanti racconti, condito però dalla speranza. Il giornalista Nino Sunseri ricorda che nella sua famiglia paterna siciliana si laurearono solo il padre e lo zio, mentre le tre sorelle arrivarono soltanto alla terza elementare. Oggi le sue tre figlie non solo sono laureate, ma lavorano tra New York, Milano e Zurigo. In sintesi: si cambia. Il giudice costituzionale Nicolò Zanon individua nel contrasto alla violenza di genere «il più importante campo di prova» della responsabilità di difendere la dignità delle donne. Giuliano Pisapia ricorda che da sindaco di Milano ha cercato «le competenze là dov’erano, non solo in una metà campo». Quanto agli strumenti per migliorare l’autostima delle donne, l’imprenditore Stefano Scaroni dà il suggerimento più bello: «Incoraggiare, supportare, offrire spazi di responsabilità anche con una certa perentorietà è importante. Perché il genere femminile guarda al mondo con occhi pragmatici e vede le fragilità, i problemi e le domande. Si ferma in ascolto». È il motivo per cui dalla parità guadagnano tutti. Ed è per questo – è il messaggio del libro di Li Vigni – che anche gli uomini possono essere agenti del cambiamento.

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Titolo: “Sulle donne. La parola agli uomini. Il punto di vista maschile sulla parità di genere”
Autrice: Ilaria Li Vigni
Editore: FrancoAngeli, 2023
Prezzo: 18 euro

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  • Roberto Nardini |

    I figli fateveli da sole che gli uomini hanno solo che da guadagnarci a non diventare padri!

  • Giovanna Nuvoletti |

    molto interessante! Penso di leggerlo e poi recensirlo sul mio web magazine

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