Vacanze: il silenzio che spaventa, il silenzio che guarisce

Agosto porta con sé il silenzio. C’è chi lo cerca al mare o in montagna e chi lo trova inaspettatamente in città. Complici anche la riduzione del traffico e il calo di densità demografica, i decibel si abbassano e l’inquinamento acustico diminuisce. Con benefici per il benessere psicofisico di chi si trova – volente o nolente – a trascorrere le ferie negli spazi urbani.

Il silenzio che spaventa

Tuttavia, il silenzio non è sempre facile da accogliere e accettare. Tanto che molte persone preferiscono fuggirne. Se una casa isolata è per alcuni una panacea, per altri si rivela una condanna. La tranquillità inchioda a se stessi: molto spesso non è dunque il silenzio ad essere evitato, ma il tempo trascorso con la propria intimità. Per la quale la quiete è strada maestra.
Capita allora che subentrino emozioni di difesa, come noia e impazienza e a volte persino ansia. Tutte sensazioni che ci portano ad agire e trovare soluzioni per parlare, impedendoci di stare. A tal proposito Elbert Hubbard scriveva: chi non capisce il proprio silenzio, probabilmente non comprenderà la proprie parole.

La paura della quiete è talmente radicata in alcune persone che esiste addirittura un termine per definirla: “sedatephobia”, che caratterizza chi ha costantemente bisogno di rumore e interazione umana. Deriva dal greco: “sedate” che significa “silenzio o addormentato o morto” e “phobia”, paura.
Dato che il silenzio è tipicamente associato alla notte o a luoghi disabitati – in cui manca la civiltà – dover stare in silenzio può rimandare al timore dell’ignoto e può essere inconsciamente associato alla sensazione di essere abbandonati o braccati. Ancora – dal momento che la parola è accomunata al fare – può essere ricondotto al sentirsi inoperosi. E quindi addormentati o – peggio – morti. Ovviamente da un punto di vista figurale. 

Il silenzio che guarisce

Spazi di silenzio – sia interni che esterni – sono tuttavia essenziali per imparare a conoscersi e per stare bene. Da questo punto di vista, sono rifugio per la mente e il corpo.
Nonostante il timore che molte persone hanno nei confronti della quiete, negli ultimi anni se ne comincia a comprendere il potere benefico. Soprattutto alla luce della crescente caoticità che caratterizza il presente.

Anche nella nostra società occidentale, si sta passando da una visione “rumore-centrica” a un desiderio di quiete, che si palesa oltretutto nella crescente popolarità delle vacanze detox e anti-stress. A tal proposito, un’indagine relativa all’estate 2023, riporta che quattro italiani su dieci hanno sentito il bisogno di fuggire dallo stress lavorativo cercando tranquillità.

Anche le aziende e i luoghi pubblici stanno seguendo il trend: le “quiet room” stanno diventando una presenza comune, offrendo oasi di silenzio in contesti solitamente frenetici e rumorosi.
Queste soluzioni non solo promuovono il benessere delle persone, ma hanno anche un impatto diretto sulla performance al lavoro. Uno studio intitolato “Speech is special: The stress effects of speech, noise, and silence during tasks requiring concentration” , ad esempio, ha rilevato che chi svolge compiti complessi in un ambiente silenzioso è non solo meno stressato, ma anche più performante rispetto a chi lavora in ambienti rumorosi o con conversazioni in sottofondo.

Come scriveva Alda Merini: “Ho solo bisogno di silenzio/tanto ho parlato, troppo/è arrivato il tempo di tacere/di raccogliere i pensieri/allegri, tristi, dolci, amari,”. Il silenzio è anche questo: darsi la possibilità di ricentrarsi e di prendersi cura di sé. Elementi indispensabili per affrontare con equilibrio le sfide della vita. Ritorno dalle ferie estive compreso.

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