In Italia un’adolescente su 10 ha subito violenza sessuale prima dei 16 anni

In Italia ogni 2-3 giorni circa una donna viene uccisa. Ma la violenza contro le donne ha forme diverse e colpisce fin dall’adolescenza. Secondo i dati Istat, il 31,5% delle donne (quasi 7 milioni) tra i 16 e i 60 anni ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della vita. Se spostiamo lo sguardo sotto i 16 anni le statistiche ci dicono che il 10,6% delle ragazze italiane ha subito violenze sessuali, quasi nell’80% dei casi da parte di persone conosciute. Per altro un‘indagine condotta da Ipsos e Save The Children indica come una percentuale ancora alta di giovani addossino le colpe di uno stupro alla vittima: il 29% degli adolescenti additano le vittime per il modo di vestire o di comportarsi; il 24% ritiene che la donna che non dica chiaramente di “no” sia, in fondo, disponibile al rapporto.

Crescendo, poi, nel 13,6% dei casi le violenze fisiche o sessuali vengono dal partner o ex partner. Prima di arrivare alla violenza fisica, ci sono altre forme che pesano sulla vita delle donne: il 16,1% delle italiane, ad esempio, ha subito stalking e di queste il 78% non ha denunciato né chiesto aiuto.

Nel mondo 1 donna su 3 ha subito violenza

Se si allarga l’analisi a livello mondiale, i dati ci dicono che il 35% delle donne, quindi 1 su 3, ha subito una violenza fisica o sessuale dal proprio partner o da un’altra persona. Secondo una ricerca dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la droga e il crimine (Unodoc) e Un Women, nel 2022 è stato registrato il più alto numero di omicidi femminili degli ultimi due decenni: quasi 89mila. A livello globale, il 55% di tutti gli omicidi femminili sono commessi da familiari o partner intimi.

Centro antiviolenza, la porta d’ingresso di Cadmi

In Italia, come nel resto del mondo, i dati solo sono parziali, perché chi denuncia non è la maggioranza. Ma ci sono tante donne che chiedono aiuto. Il bilancio 2023 di Cadmi, casa di accoglienza delle donne maltrattate che opera in Lombardia e che tra gli obiettivi ha quello di favorire la rinascita delle donne valorizzando anche le risorse acquisite nel corso dell’esperienza di violenza vissuta, indica 661 donne accolte, 150 incontrate allo sportello legale, 100 percorsi psicologici, 169 percorsi di orientamento e ri-orientamento professionale, 25 ospiti nelle case rifugio, 1000 tra studenti e studentesse e quasi 3000 persone nelle aziende che hanno partecipato ai corsi di formazione.  Il documento redatto da Cadmi fornisce uno spaccato sulla violenza di genere a livello mondiale, nazionale e territoriale. Con numeri che sono sempre più allarmanti: in Lombardia il 31,4% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza fisica o sessuale nel corso della vita, di cui il 12,8% dal partner o ex partner.

Nato nel 1986 all’interno dell’Udi (Unione donne in Italia), la Casa di Accoglienza delle donne è stato il primo centro antiviolenza in Italia. La sua attività si svolge attraverso diversi percorsi, a cominciare proprio dall’accoglienza che è considerata la porta di ingresso di Cadmi, attraverso cui le donne accedono al Centro Antiviolenza. È composta da 30 operatrici di accoglienza, presenti su turni tutti i giorni e formate per poter offrire tempestivamente uno spazio di ascolto e soluzioni adeguate all’uscita dalle situazioni di violenza e maltrattamenti.

Dal bilancio sociale 2023 emerge che gli interventi richiesti sono stati superiori a 1000; 661 sono state le donne affiancate nel percorso di uscita dalla violenza. Altro aspetto fondamentale dell’attività di Cadmi è il supporto legale. L’area di Cadmi è composta da 17 avvocate civiliste e penaliste, che si occupano prevalentemente di violenza e sono costantemente impegnate nell’approfondimento  e in un confronto continuo sulla materia, sia all’interno che all’esterno dell’associazione. Dal bilancio sociale emerge che le donne incontrate allo sportello legale sono state 150 lo scorso anno.

Supporto psicologico

Ogni violenza è sempre in primo luogo una violenza psicologica, scrive la psicoterapeuta Elena Calabrò. E proprio dalla psiche bisogna partire per ricostruire la vita delle donne che hanno subito violenza, in qualunque forma questa si sia manifestata.

L’impegno di Cadmi a fianco delle donne vittime di violenza si esplica anche attraverso l’area psicologica, formata da psicologhe e psicoterapeute specializzate e un’arteterapeuta clinica, esperte del fenomeno della violenza e formate nelle tecniche di elaborazione del trauma. Offre a donne che hanno vissuto o vivono situazioni di violenza o di violenza assistita percorsi individuali, percorsi di gruppo e gruppi di auto-mutuo-aiuto, anche in lingua inglese, spagnola e francese o con la partecipazione di una mediatrice linguistico culturale.

Nel 2023 sono stati avviati 100 percorsi individuali, 15 donne nel gruppo auto-mutuo-aiuto Ama; 21 donne coinvolte individualmente in percorsi esterni e tre gruppi, per un totale di 52 donne in progetti esterni. L’obiettivo oltre a quello di fornire sostegno durante il percorso di uscita dalla violenza, è anche quello di favorire la rinascita delle donne valorizzando anche le risorse acquisite nel corso dell’esperienza di violenza vissuta. Un’altra area in cui opera Cadmi  è quello del lavoro e dell’orientamento professionale. Lo scorso anno, sempre secondo il bilancio sociale, le donne coinvolte sono state 169; 119 donne hanno ottenuto un contratto a tempo indeterminato; 36 a tempo determinato. Inoltre sono stati attivati 16 stage e 112 corsi di formazione.

C’è ancora chi minimizza

«Tanti anni fa non immaginavo che avrei ascoltato storie di tale crudeltà e odio verso le donne. Pensavo che a questo fenomeno si potesse porre fine con la forza delle relazioni messe in campo tra di noi, con tutte le competenze e capacità di impegnarsi a fare un lavoro collettivo potente. Lo abbiamo fatto. E il bilancio sociale mostra tutto questo» spiega la presidente di Cadmi, Manuela Ulivi.

«Ne sono felice, ma – ammette – allo stesso tempo sono preoccupata per il futuro. Abbiamo messo in evidenza cosa possono fare le donne insieme quando lavorano per sé stesse e non tutti hanno apprezzato. Le sfide che ci aspettano sono ancora più impegnative delle tante che abbiamo affrontato e superato. C’è chi ancora minimizza, confonde la violenza con il conflitto. Ci sono le istituzioni che non sempre comprendono ciò su cui pretendono di intervenire a modo loro, imponendo regole che non ci appartengono e che hanno il segno patriarcale delle decisioni non condivise».

«Mi sono spesso stupita della connivenza di fatto verso la violenza, incontrata in tanti contesti che si dichiaravano per l’antiviolenza. Noi siamo dalla parte delle donne per garantire a tutti noi di vivere libere dalla violenza, come desideriamo e soprattutto felici. Non ci siamo fermate al progetto iniziale di dare aiuto alle donne, abbiamo costruito relazioni ad ampio raggio perché chi ci ha dato fiducia, raccontando nelle nostre sedi il vissuto della violenza che isola, paralizza e toglie la forza di reagire, ci ha fatto capire quanto la violenza maschile contro le donne sia profonda, diversa per ciascuna, quanto radicata socialmente in ogni contesto» ha concluso Ulivi.

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