Ha 2 anni, da dieci mesi vive recluso con la madre nel carcere di Rebibbia, senza altri bambini con cui giocare e interagire. Dice solo “Apri”, “Chiudi” e poco altro. Non parla, non corre, è sovrappeso, porta ancora il pannolino. Quanto bambini come lui sono reclusi con le madri in Italia?
Sono 23 le madri recluse in Italia con i loro 26 bambini. In aprile, in una visita dell’Osservatorio di Antigone sulle condizioni di detenzione nel carcere di Rebibbia femminile a Roma era stata trovata anche una donna in avanzato stato di gravidanza, in attesa di giudizio, in un istituto dove la ginecologa è presente solo due volte alla settimana e dove, di conseguenza, il supporto medico non è garantito con costanza come si richiederebbe in queste fasi. Una situazione, questa, rinvenuta anche in altri istituti e sezioni femminili.
Qual è a oggi la riflessione sul tema delle madri detenute o future madri in attesa? I numeri, dalla pandemia di Covid-19 in poi, sono sensibilmente scesi, passando dalle circa 50 presenze alle attuali 23. Numeri bassi, che però non possono significare scarsa attenzione. Su questi numeri si potrebbero infatti attuare soluzioni tutto sommato facili, non massive, come per esempio le case famiglia: a oggi ne esistono solo due.
Le strutture di detenzione
Quali strutture prevede lo Stato, in cui le madri possano scontare le loro pene, vivendo con i figli in un ambiente che non sia propriamente carcerario? Da una parte abbiamo appunto le case famiglia protette, affidate ai servizi sociali e agli enti locali: al momento l’amministrazione penitenziaria ha stipulato due convenzioni relative all’attivazione di case famiglia, una a Roma e l’altra a Milano, per una capacità ricettiva totale di 6 adulti e 8 minori, secondo i dati del ministero della Giustizia.
Dall’altra abbiamo gli Icam, Istituti a Custodia Attenuata per Madri che fanno capo all’amministrazione penitenziaria: sono carceri ma colorate, senza sbarre, né armi, né uniformi, nei quali i figli delle detenute possono rimanere fino ai sei anni, non più i tre previsti dalla precedente normativa. Il primo Icam era stato costruito in via sperimentale nel 2007 a Milano, altri Icam sono stati aperti a Venezia, a Torino e ad Avellino.
Gli istituti penitanziari ordinari
Vi sono poi altri luoghi che ospitano donne detenute con figli a seguito: non istituti appositi, ma aree interne ad istituti penitenziari ordinari. I luoghi adibiti a tale scopo sono in primis le cosiddette sezioni nido, piccole aree detentive collocate all’interno dell’istituto. Si tratta solitamente di ambienti separati dal resto della sezione, con stanze più ampie e curate, con mura colorate e attrezzatura per la cura dei bambini (culla, fasciatoio etc). Alcuni nidi sono più attrezzati di altri, con spazi interni ed esterni per il gioco, biblioteche con libri per bambini e piccoli ambulatori.
Un esempio di sezione nido è quella della Casa Circondariale di Rebibbia Femminile, che ha al suo interno quattro camere di pernottamento, ampie e dotate di cancello in vetrocemento, meno oppressivo di una porta blindata. Sono poi presenti ambienti quali una sala comune per i pasti e i giochi dei bambini, un’area verde attrezzata e una cucina con uno spazio per consumare i pasti insieme. Oltre agli spazi appositi, il nido ha anche servizi pensati per i minori come un pediatra chiamato all’occorrenza e dei volontari che di sabato portano i bambini all’esterno e organizzano eventi all’interno della sezione.
La fotografia della situazione viene raccontata dall’osservatorio di Antigone, con l’ultimo approfondimento del 2023. L’osservatorio spiega inoltre che la penuria di asili nido all’interno delle sezioni femminili rischia di amplificare ulteriormente il problema della lontananza tra il luogo di residenza e quello di detenzione per le madri detenute; di conseguenza spesso anche la lontananza con altri figli fuori dal carcere, magari troppo grandi per seguirle nel contesto di custodia.
Bambini in carcere
Gli asili nido funzionanti sono passati dai 18 del 1993 a 11 nel 2023 (dato della serie storica semestrale condivisa dal ministero della Giustizia). Vero è che sono sensibilmente diminuiti anche i bambini con età inferiore ai 3 anni in istituto (da 61 a 20), ma l’assenza dei nidi può presupporre che vi siano bambini ospitati in luoghi interni al carcere non pensati per loro, ma attrezzati alla bene e meglio per accoglierli.
Si tratta di reparti femminili con solo alcuni ambienti (spesso solo una stanza) dove vengono eventualmente collocate le donne con figlio a seguito. La permanenza in tali ambienti deve essere di brevissima durata, in attesa di trasferimento in altra struttura o di differimento della pena. Ma Antigone ha rilevato nel 2023 il caso di una donna detenuta insieme alla figlia di due anni nel carcere di Lecce, entrambe ospitate per diversi mesi in una zona dell’istituto separata dal resto della sezione femminile e allestita con una culla, un fasciatoio e alcuni giochi. In assenza di spazi adeguati e di attività per madri con figli, grazie al supporto di alcune volontarie la bambina è stata comunque accompagnata tutti i giorni in un asilo esterno e, all’occorrenza, un pediatra si recava presso l’istituto.
“L’interesse supremo del minore a mantenere il contatto con la madre e a vivere in un luogo più adatto al suo sviluppo è l’unico tema che riguardi il penale e il penitenziario che mette d’accordo tutti da sempre. Altra cosa è poi realizzare le condizioni migliori affinché questo avvenga” commenta Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone: “Non si tratta solo di strutture, che pure si auspica vengano potenziate sul territorio, ma soprattutto di cambiare la mentalità: a parità di norme, studiando caso per caso, si possono trovare soluzioni adeguate a garantire l’interesse del minore. Lo abbiamo visto con il Covid, quando la magistratura di sorveglianza ha considerato il pericolo del contagio per i bambini e con le leggi già esistenti ha reso possibile il più consistente calo delle presenze dei minori in carcere negli ultimi trent’anni”.
Detenute in gravidanza
Per quanto riguarda le donne in gravidanza, la normativa attuale prevede l’obbligo del rinvio della pena, anche per le madri che hanno un figlio di età inferiore a un anno. Le cose potrebbero cambiare con il cosiddetto “ddl sicurezza” ossia il Disegno di legge n. 1660/C recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica, di tutela del personale in servizio, nonché di vittime dell’usura e di ordinamento penitenziario”. Fermo da tempo alla Camera, ha raccolto soprattutto negli ultimi mesi nuovi emendamenti, tra cui quello proposto dalla Lega volto a fermare lo sfruttamento della gravidanza da parte di borseggiatrici e delinquenti, passato con il sostegno del centrodestra.
“Norma dall’evidente contenuto simbolico, finalizzata a reprimere un particolare gruppo sociale, connotato sul piano culturale, ossia le donne rom”, ha dichiarato nell’audizione del 17 maggio il presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, che ha presentato un documento redatto con ASGI. E ha proseguito: “È con misure di welfare comunale e di dialogo sociale, non criminalizzando le persone, che un Governo dovrebbe agire di fronte a comportamenti che affondano le proprie radici nella disuguaglianza sociale ed economica”.
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