Maltrattamenti all’infanzia, dalla violenza assistita alla violenza fisica. Maglia nera al Sud

Puglia, Sicilia e Campania sono le tre regioni fanalino di coda in Italia per maltrattamento infantile e mostrano importanti criticità complessive sia a livello di servizi sia per fattori di rischio. È quanto emerge dall’Indice regionale sul maltrattamento all’infanzia in Italia, un’indagine curata da Cesvi che mira a valutare la situazione del maltrattamento nelle diverse regioni del Paese.

Oltre alle disparità geografiche, dal report – arrivato quest’anno alla sesta edizione – emergono altri due aspetti: il primo è che l’abuso verbale è più diffuso di quanto si possa pensare, colpendo il 36,1% dei minori in Europa e lasciando effetti negativi di lunga durata sulla salute mentale. Il secondo è che pandemia, carovita e incertezze geopolitiche possono agire da detonatore a problematicità preesistenti. Si tratta di esternalità negative che, se calate all’interno di nuclei familiari fragili, rischiano di amplificare i maltrattamenti.

Di cosa parliamo, quando parliamo di maltrattamenti

Abusi, violenze e negligenze: con l’espressione “maltrattamento infantile” si fa riferimento a varie forme di abuso e trascuratezza nei confronti di persone con meno di 18 anni. Le tipologie riconosciute sono abuso fisico, psicologico, sessuale, che in comune hanno conseguenze di danni su salute, sopravvivenza, sviluppo e dignità del minore.

Roberto Vignola, vicedirettore della Fondazione Cesvi, lancia un monito: «Il maltrattamento sui minori è un fenomeno dalla natura sommersa». «I minori riferiti ai servizi sociali per casi di maltrattamento in Italia sono circa 77mila ma si stima che ci sia un milione di minori esposti a questo rischio. A emergere sarebbe solo un decimo dei casi circa. Da qui nasce l’esigenza di fare un lavoro di gruppo, che coinvolga tutte le antenne sul territorio, dalla scuola alle piccole associazioni sul territorio», dice ad Alley Oop.

L’importanza di agire in concerto tra le istituzioni è stata sottolineata anche da Stefano Piziali, direttore generale di Cesvi che, in occasione della presentazione dell’Indice, ha commentato: «Il maltrattamento è un problema di diritti dell’infanzia e di salute pubblica, non solo una questione individuale o familiare: per questo istituzioni, organizzazioni e servizi territoriali devono agire insieme per contrastarlo, ma ancor prima per garantire servizi volti a diminuire i rischi nei diversi territori e prevenire il problema». 

Le bambine e i bambini che subiscono abusi in Europa sono 55 milioni. Allargando l’orizzonte, secondo il Rapporto globale sullo stato della prevenzione della violenza contro i bambini redatto da Unicef e Oms, quasi 3 bambini su 4 tra i 2 e i 4 anni subiscono regolarmente punizioni fisiche e/o violenza psicologica da parte dei genitori e dei tutori. Secondo i dati raccolti dalla Commissione europea nella primavera 2020, il 3% dei bambini tra i 10 e i 18 anni ha dichiarato di non sentirsi al sicuro a casa; il 9% a scuola e l’8% online.

Secondo l’ultima indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia, condotta da Cismai e Terre des Hommes, su 400mila minori in carico ai servizi sociali in 196 comuni, 77,493 lo sono per maltrattamento. Ciò significa che su 1.000 bambini residenti, 9 sono vittime di maltrattamento. Le forme di abuso più frequenti sono le patologie delle cure (che comprendono anche l’incuria e la trascuratezza), di cui è vittima il 40,7%; al secondo posto, la violenza assistita (32,4%), seguita da quella psicologica (14%), fisica (9%), sessuale (3,5%).

La violenza non è solo quella che lascia segni visibili, a volte si manifesta con la parola e proprio la violenza verbale è la forma di maltrattamento sui minori più diffusa.

Come se la cavano le regioni?

Il rapporto di Cesvi disegna punti di forza e di debolezza delle regioni italiane rispetto a due aspetti: fattori di rischio e presenza di servizi per le famiglie e i minori. Dal confronto tra l’indice di contesto e quello relativo alle politiche e ai servizi, emergono la capacità e la sensibilità delle amministrazioni locali di prevenire e contrastare il fenomeno dei maltrattamenti infantili attraverso interventi mirati.

Dallo studio emerge un’Italia spaccata in due, dove il Nord è generalmente più virtuoso del Mezzogiorno, sia per contesto sia per servizi.

Sulla capacità di fronteggiare il maltrattamento all’infanzia, e quindi nella sintesi tra fattori di rischio e servizi, le regioni con le maggiori criticità sono Sicilia e Campania. Al primo posto si trova invece l’Emilia-Romagna e, a seguire, Trentino-Alto Adige, Veneto e Friuli-Venezia Giulia, nelle stesse posizioni dalla scorsa edizione dell’Indice.

Il fattore di rischio complessivo è massimo in Campania, all’ultimo posto e preceduta nell’ordine da Sicilia, Puglia e Calabria, tutte invariate rispetto alla rilevazione precedente. Le regioni italiane dove il contesto legato ai fattori di rischio è più favorevole a bambine e bambini sono invece Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia, stabili al primo e secondo posto come nella precedente rilevazione. Seguono Emilia-Romagna e Lombardia, che salgono rispettivamente di una e di due posizioni arrivando al terzo e quarto posto.

Rispetto ai servizi di prevenzione e cura del maltrattamento all’infanzia, la regione con la miglior dotazione strutturale è l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto, Toscana. Tutte e tre in posizione invariata dalla rilevazione precedente. Le regioni con maggiori criticità sono la Campania, all’ultimo posto in posizione invariata, preceduta dalla Sicilia al penultimo posto, peggiorata di un gradino, e ancora Calabria e la Puglia, entrambe in peggioramento. Queste regioni sono considerate “ad alta criticità” perché, a fronte di fattori di rischio elevati, non corrisponde una reazione del sistema dei servizi, rimasti al di sotto della media nazionale.

I fattori di rischio presi in considerazione includono isolamento sociale, difficoltà economiche, gravidanze precoci, abuso di sostanze e altri elementi che influenzano l’equilibrio emotivo e psicologico delle famiglie e che possono incidere sul benessere dei minori. Allo stesso tempo la mancanza di investimenti nei servizi in alcune regioni peggiora la situazione e costringe all’immobilismo le regioni in fondo alla classifica. L’invito di Vignola ai decisori quindi è: «agire per ridurre la disparità tra i territori andando anche, quando possibile, a ispirarsi negli interventi ai modelli positivi che si sono visti funzionare in altre regioni».

Il peso delle parole 

Anche le parole possono nuocere: l’abuso emotivo e in particolare la violenza verbale sono altrettanto dolorosi dell’abuso fisico e i loro effetti possono durare tutta la vita. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, l’abuso psicologico, di cui la violenza verbale fa parte, è la forma più diffusa di maltrattamento infantile, con prevalenza del 36,1%, anche se risulta ancora difficile da riconoscere. Episodi ripetuti si accumulano nel tempo e danneggiano lo sviluppo e il benessere del bambino.

Il fenomeno, spiega Vignola, è diffusissimo e trasversale in tutti i contesti sociali. Per questo il focus dell’Indice di quest’anno è dedicato al tema del linguaggio, da cui il titolo “Le parole sono importanti”. «L’abuso verbale va dalla critica all’insulto e alla minaccia e ha strascichi in termini di autostima e di stabilità psicologica dei minori. Nei casi più estremi porta a fenomeni di autolesionismo, ritardo nello sviluppo e nella comprensione in bambini di età tra 0 e 6 anni e violenta aggressività verbale dopo i 10 anni», spiega l’esperto.

Gli insulti e la denigrazione hanno un impatto negativo anche nel percorso della crescita e nel comportamento appreso attraverso l’imitazione. «Tendenzialmente osserviamo che è un comportamento che verrà replicato: chi subisce violenza, poi diventa autore di violenza», dice il vicedirettore dell’organizzazione. I figli maltrattati rischiano di essere, una volta cresciuti, genitori maltrattanti.

I fattori di stress esterni

Il periodo della pandemia ha rappresentato un forte fattore di rischio per l’aumento della violenza sui minori e fa sentire ancora la sua coda, sebbene si rilevino i primi segnali di ripresa. Nuovi spettri però si allungano sulla serenità delle famiglie. Pesa l’incertezza causata dalla situazione geopolitica legata alle guerre, così come dinamiche economiche, tra cui inflazione e caro energia.

«La violenza – spiega Vignola – è un fenomeno complesso e quando in un nucleo familiare fragile interviene una esternalità negativa, ad esempio la perdita del lavoro in una famiglia che vive di economia informale, si aggiunge un fattore stressogeno che può sfociare in ulteriori fenomeni di maltrattamento».

Gli esempi positivi contro la pedagogia “nera”

Vignola sottolinea anche l’importanza di avere dei modelli educativi positivi. Attraverso il Programma Case del Sorriso, spiega, un’attenzione specifica viene data al linguaggio.

A partire dalla parola è possibile gettare le basi per una vita più degna per bambini e bambine a rischio. «Cesvi lavora tantissimo con i genitori sul tema dell’educazione alla “genitorialità positiva”, basata proprio su un linguaggio rispettoso e orientato alla cura. Questo è il presupposto per far crescere bambini sereni», dice il portavoce.

L’abuso verbale in famiglia, spiega Cesvi, è spesso legato alla pedagogia “nera”, retaggio del passato con cui si dà legittimazione “morale” a comportamenti maltrattanti o abusanti. L’inconsapevolezza del peso delle parole può far sì che i genitori pronuncino insulti con intenzioni “affettuose” o “educative”, usando però toni ed espressioni e sprezzanti.

In questo scenario, emerge l’importanza dell’utilizzo di un linguaggio positivo e orientato alla cura come presupposto fondamentale per il cambiamento: per rinforzare i fattori protettivi, superare i traumi e contribuire al recupero psicofisico e allo sviluppo armonioso della personalità.

In attesa di una legge organica

Partendo dalla considerazione che l’attuale sistema normativo italiano di protezione dalla violenza ai danni dei minorenni è fortemente frammentato, Carla Garlatti, l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ha posto l’attenzione sulla necessità di una legge organica contro la violenza: «Occorre che l’Italia si doti di una legge organica: sollecito Parlamento e Governo a inserire questo provvedimento tra le priorità della legislatura. Una legge del genere consentirà finalmente di dare una definizione univoca, completa e precisa di violenza e permetterà di riunire in unico testo tutte le norme già in vigore in materia», ha dichiarato in occasione della Giornata mondiale dell’infanzia 2023.

***

La newsletter di Alley Oop

Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.

Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com