Il femminicidio di Giulia Cecchettin ha segnato un prima e un dopo nella narrazione della violenza sulle donne e ha visto levarsi con forza le voci maschili a difesa del diritto delle donne di esistere e di scegliere. E la necessità per gli uomini di aprire una riflessione, a voce alta. Si tratta di un cambio di passo che già da tempo in molti chiedevano, per riconoscere che il problema della violenza è un problema degli uomini, innanzi tutto. Sempre più evidente si fa la necessità di alzare lo sguardo, di considerare per esempio quali sono i modelli di maschilità ancora prevalenti nella nostra cultura, di vedere con quanta fatica si cerca di proporre modelli alternativi, e quanto invece ricorrano ancora modelli passati che richiamano una maschilità ormai riconosciuta da più parti come tossica, parte di quella cultura che porta poi proprio allo sfociare della violenza sulle donne, delle dinamiche di controllo e di potere.
Un “manifesto” per le emozioni maschili
Prima ancora di questa ondata di attenzione, da più parti e da diversi anni voci maschili chiedono di essere ascoltate e cercano di aprire una breccia tra i modelli prevalenti di maschilità (se ne è parlato di recente in un incontro promosso dall’associazione Maschile Plurale, attiva da anni su questo tema), così come si presta sempre maggiore attenzione alla formazione nelle scuole, per i più giovani. In questa direzione va l’iniziativa promossa da Alberto Penna, psicologo e psicoterapeuta, che lavora con coppie e famiglie, ha collaborato con il Centro ausiliario dei minori di Milano e con il Centro per il bambino maltrattato di Milano come terapeuta. Penna ha promosso la diffusione di un “Manifesto per le emozioni maschili”, che funzioni da megafono affinché le emozioni degli uomini possano trovare l’adeguato spazio di rappresentazione nella nostra cultura e cambiare così un modello ormai considerato come “tossico”. Un messaggio scritto in un linguaggio semplice che possa raggiungere il più ampio pubblico possibile.
Come sono i “veri uomini”?
“Ci sono degli aspetti del mondo emotivo maschile tenuti quasi segreti dagli uomini e la distorsione che viene fatta rispetto alle emozioni maschili produce dei danni enormi”, dice Penna, che individua come il principale steretipo (“che ne contiene molti altri”) quello secondo cui “gli uomini siano più forti, più duri, più resistenti e meno sensibili, quasi come fossero fatti di una sorta di materia diversa rispetto alle donne. Questo stereotipo – dice Penna – è quello che ha a che fare con la vulnerabilità e la fragilità”. Il fatto che esista questo modello prevalente comporta che gli uomini effettivamente siano portati a nascondere gli aspetti di maggiore vulnerabilità, in un circolo vizioso che non ha che rafforzare lo stereotipo. “Gli studi e le ricerche – dice Penna – ci dicono però esattamente il contrario, ovvero che gli uomini sin dalla vita uterina e sicuramente nei primi 18 anni di vita abbiano maggiori vulnerabilità dal punto di vista della resistenza allo stress e alle frustrazioni, un maggior bisogno di consolazione, esattamente il contrario di quello che pensiamo oggi”.
Le emozioni mancanti e il ruolo della rabbia
Ci sono alcune emozioni che sembrano proprio mancare nello spettro emotivo “previsto” dallo stereotipo maschile. “Sono proprio tutte quelle emozioni legate alla vulnerabilità, quindi gli stati d’animo di tristezza, ma anche la paura e la capacità di cura o l’amorevolezza”, dice Penna. E questo porta con sé anche una conseguenza importante, che si collega direttamente al tema della violenza sulle donne, che è la rabbia. “Nessuna emozione può essere eliminata – dice lo psicoterapeuta – può essere soltanto resa inconsapevole, ma deve sempre trovare la sua via di espressione. L’emozione maggiormente legittimata nei maschi è la rabbia e quello che succede è che finiamo per esprimere tutte le emozioni con quella lì, la rabbia. Siamo tristi e ci mostriamo arrabbiati, abbiamo paura e ci mostriamo arrabbiati, abbiamo a che fare con la cura e ci mostriamo ancora arrabbiati”, spiega. Ovviamente questo tipo di espressione emotiva è disfunzionale, tutte le emozioni necessitano una loro via di espressione e devono avere uguale dignità, avendo esse stesse un ruolo per la sopravvivenza e il benessere psicologico.
Un cambiamento in parte già iniziato
Sicuramente dei passi avanti in questo senso sono stati già fatti: oggi viviamo in una società che è più aperta e accoglie meglio di un tempo le emozioni, anche quelle maschili. “Esiste però un problema di età che riguarda una fase delicata, quella dell’adolescenza in cui la ricerca di un’identità diventa a volte quasi simile una caricatura. I giovani maschi adolescenti – sottolinea Penna – vivono in una cultura più tollerante rispetto alle emozioni ma finiscono per essere spesso una vera e propria caricatura del “macho”, almeno con le battute e a parole, mentre nei fatti se si va più a fondo troviamo un mondo emotivo nascosto e sfaccettato che viene represso”. Quindi è questo cambiamento appena iniziato che va favorito, soprattutto da parte degli adulti, uomini e donne. Da parte del mondo maschile, infatti, è necessario che vengano rinforzati tra uomini i comportamenti di apertura e confronto anche a livello emotivo, significa “non accontentarsi delle risposte evitanti dei propri amici, fratelli o padri”, creare un ambiente che accoglie questo nuovo modello. Ancora, “come padri dobbiamo porci il problema del modello che proponiamo ai nostri figli maschi ed essere noi in primis a presentare modelli di maschilità differenti” da quelli stereotipati.
Gli stereotipi che abitano anche le donne
Il tema degli stereotipi riguarda anche le donne, che soffrono degli stessi bias culturali dei maschi. Ecco che anche per le donne vale il discorso complementare, dice Penna, perché a questa maggiore apertura maschile può corrisponde anche per le madri, le mogli, le amiche un cambiamento analogo. “Le donne potrebbero iniziare a dare per scontato che gli uomini hanno le stesse loro emozioni – afferma Penna – quindi comincerebbero a chiedere di più, a indagare meglio e anche ad accettare che esiste una vulnerabilità che non era così evidente ma che c’è, esiste. Questa operazione – sottolinea – è tanto più importante nei confronti dei figli maschi, perché hanno bisogno di crescere sentendo legittimate tutte le loro emozioni, nessuna esclusa”. Un cammino, quindi, che vede coinvolti tutti e tutte, affinché la parità sia davvero tale e permetta di superare quegli streotipi per cui continuiamo a pagare un prezzo ancora troppo alto.
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