Quando la guerra elimina anche i diritti più basilari, chi era già in una situazione di svantaggio perde ancora più terreno. E rialzarsi richiede coraggio e uno sforzo maggiore. Così, per le donne palestinesi, la guerra seguita all’attacco di Hamas del 7 ottobre significa che le difficoltà si moltiplicano, così come gli sforzi di chi punta a sostenerle verso l’autonomia, verso una vita in cui abbiano la libertà di poter scegliere. O, più semplicemente, in fasi come questa, la possibilità di sopravvivere, “portare il pane a casa”. A spiegarlo, al di là di ogni retorica, è Ruba Saleh, volontaria di Aowa, Association of Women’s Action, raggiunta in videochiamata da Alley Oop, mentre si trova in Belgio.
L’associazione, che ha aiutato finora 20.000 donne, nasce in Palestina nel 1994 da alcune attiviste femministe e ha come obiettivo, spiega Saleh, quello di “mobilitare l’energia delle donne palestinesi per ottenere i loro diritti politici, sociali, ma anche economici”. E per farlo Aowa ha realizzato negli anni diversi progetti, come il commercio di sapone a base di olio di oliva e prodotti naturali, e ha saputo adattarsi alle difficili evoluzioni del contesto in cui opera. Dopo il 7 ottobre, infatti, le attività dell’associazione si sono concentrate sul supporto psicologico a donne e bambini e sui corsi di primo soccorso, fondamentali in un contesto di guerra.
L’emergenza in Palestina
La situazione economico-sociale in Palestina era a dir poco complessa già prima della guerra in corso: secondo il Fondo Monetario Internazionale, nel 2023 il Pil di Gaza e Cisgiordania si è contratto del 6%. Un crollo di nove punti percentuali rispetto al + 3% previsto solo alcuni mesi fa, un collasso dovuto all’interruzione dell’attività produttiva a causa del conflitto in corso.
“Tantissime donne – spiega Ruba Saleh – prima di poter parlare dei propri diritti sociali e politici hanno bisogno di portare il pane a casa. Tante donne che fanno parte dell’associazione sono mogli di persone uccise dall’occupazione o mogli di detenuti politici nelle prigioni israeliane e quindi sono diventate i capi famiglia”. Quando a queste donne viene data la possibilità di mantenere economicamente la propria famiglia, cambia anche il loro contributo sociale “perché la visione di loro stesse viene rafforzata”.
Grazie alla formazione fornita da Aowa, all’inserimento nel mondo del lavoro, alla consapevolezza del loro ruolo sociale, molte donne hanno iniziato a far parte dei consigli dei villaggi, rivendicando così un ruolo da protagoniste nella loro comunità.
Le attività dell’associazione
Aowa collabora con Altromercato per la produzione e la vendita di sapone fatto con materie prime complesse e olio d’oliva. La sede principale è a Ramallah, ma esistono altre 4 filiali: una nelle città vecchia di Hebron, una nel campo profughi di Jenin, una a Gerico e una a Tulkarem. Ci sono poi gruppi di donne associate in tutti i governatorati della Palestina, compresa la striscia di Gaza.
“Dal momento che la partecipazione delle donne palestinesi nell’economia non supera il 18% e la maggior parte svolge professioni tradizionali, l’associazione ha sviluppato vari programmi, tra cui quello economico, proprio con l’intento di consentire alle donne di accedere alle risorse, sviluppare le capacità imprenditoriali e dar loro un potere economico che le renda indipendenti”, continua la volontaria.
La guerra: un’emergenza che si somma a emergenza
L’attacco terroristico a Israele da parte di Hamas il 7 ottobre del 2023 ha segnato, senza dubbio, uno spartiacque nella storia palestinese. L’acuirsi del conflitto israelo-palestinese ha avuto un impatto anche sull’operato di Aowa. Ma quando Ruba Saleh parla della Palestina, ricorda che “la sua storia non inizia il 7 ottobre”. Le colonie israeliane presenti in territorio palestinese risalgono al 1967 e da allora “le donne palestinesi sono soggette all’imposizione di restrizioni per la libertà della loro circolazione tra un villaggio e l’altro. Sono imposte restrizioni per il loro diritto alla salute, per il loro diritto all’istruzione, al lavoro. Per tante ragazze palestinesi è molto difficile vivere in sicurezza a causa dei posti di blocco, che possono essere istituiti da un momento all’altro”.
Gli effetti della guerra non fanno che peggiorare una situazione già drammatica, anche sul fronte dei progetti dell’associazione: “Il progetto economico più importante – racconta Saleh – è quello nel campo profughi di Jenin, dove le donne producono il sapone. L’autunno è per noi la stagione più importante, la stagione delle olive. Anche quest’anno i campi agricoli hanno subito tantissimi attacchi da parte dei coloni e tantissime donne non hanno potuto accedere ai campi per il raccolto”.
Per donne e bambini serve un sostegno psicologico
La sede principale dell’associazione è stata oggetto di varie aggressioni, con furti del materiale e violenze sui collaboratori. “Senza dimenticare i danni fisici a case, strade, rete elettrica e idrica e naturalmente la sospensione del lavoro e del diritto all’istruzione”. In un contesto di assoluta emergenza, Aowa ha modificato il proprio operato per fornire un aiuto adeguato alla situazione: “In questo momento una delle priorità è il programma di sostegno psicologico per donne e bambini – spiega la volontaria -. Abbiamo iniziato con attività ricreative, sportive, l’introduzione di una varietà di giochi per alleviare il loro stress psicologico. Quello che si sta facendo adesso è cercare di lavorare con le donne attraverso lo storytelling, con l’aiuto di persone esperte e specializzate”. In primo piano una sorta di gioco chiamato Sco drama “dove si usa il teatro per alleviare gli effetti psicologici e rafforzare il loro stato di benessere. È dedicato soprattutto alle donne che hanno perso i propri cari o le proprie case o sono state sfollate”.
Un paramedico in ogni casa, per salvarsi la vita
La salute psicologica da un lato, quella fisica dall’altro: Aowa ha attivato un corso di primo soccorso che hai coinvolto 200 bambini tra i sei e i 15 anni e 150 donne, “perché spesso i bambini si sono trovati in casa con un genitore ferito”. L’iniziativa si chiama ‘Un paramedico in ogni casa’ e serve a spiegare come fornire un primo soccorso di emergenza per preservare la sicurezza della persona ferita fino all’arrivo delle ambulanze. Iniziative che sono cominciate in tutto il territorio in cui storicamente Aowa opera, tranne a Gaza, dove è impossibile entrare e anche solo stabilire un contatto è difficile. E nella speranza che l’associazione possa tornare a lavorare per garantire alle donne palestinesi un’indipendenza economica, politica e sociale, ciò che Ruba Saleh pensando alla sua terra vuole raccomandare è “di restare umani, di aprire il cuore e di guardare le persone a Gaza, in Cisgiordania, a Gerusalemme come esseri umani, che hanno diritto a una vita degna e hanno diritto a un futuro”.
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