Nei giorni subito seguenti il femminicidio di Giulia Cecchettin, sono raddoppiate le richieste d’aiuto al numero antiviolenza e stalking 1522: dalle 200 telefonate quotidiane si è arrivati a 400, con picchi tra 450 e 500 se si considerano anche quelle fatte con chat e App.
La Casa delle donne di Milano (Cadmi), tramite l’avvocata Manuela Ulivi, ha segnalato che i numeri di richieste di aiuto sono quadruplicati, «ragazze e donne di tutte le età, ma ci ha colpito, in queste settimane, che siano soprattutto le giovanissime, anche 18enni, a rivolgersi a noi: spesso accompagnate da amiche, ancora più spesso da genitori che sono spaventati dalle situazioni in cui le loro figlie si trovano».
Sta aumentando la consapevolezza tra le donne e la cittadinanza in generale, la capacità di riconoscere i segnali di violenza e la paura di trovarsi a essere “la prossima”, nel numero di una statistica di morti annunciate. Eppure, lo sappiamo, non basta insegnare alle donne a difendersi e proteggersi: è più che mai urgente educare gli uomini e i ragazzi a gestire i propri sentimenti, a elaborare una separazione, a vivere le relazioni amorose come uno scambio e non come un esercizio di potere. Perciò anche il Ministero dell’Istruzione, tra nomine e dietrofront, si sta apprestando a organizzare interventi di “Educazione alle relazioni” all’interno delle scuole.
Il ruolo educativo della scuola
“Il progetto ‘Educare alle relazioni’ andrà avanti senza alcun garante. Nel suo svolgimento concreto si continuerà il dialogo con le associazioni rappresentative dei genitori, dei docenti e degli studenti“, ha spiegato il ministro Valditara, all’indomani delle polemiche per la nomina poi revocata di Anna Paola Concia come garante del progetto. Ed è senz’altro utile che nella costruzione di questo progetto, necessario e urgente, partecipino interlocutori che già lavorano sul campo, che già da tempo costruiscono percorsi di educazione sentimentale ed emotiva (guai a chiamarla educazione sessuale…) rivolti ai giovani e alle giovani nelle scuole.
E non è un caso che chi si occupa di violenza di genere abbia compreso già da tempo l’importanza di parlare con i giovani e le giovani, intercettandoli nel luogo istituzionale più consono, la scuola. “Sono 7 anni che lavoriamo con progetti di prevenzione nelle scuole” racconta ad Alley Oop Arianna Alessi, vice-presidente di OTB Foundation: “I nostri incontri consistono nel richiamare 1000 studenti alla volta, alle medie o alle superiori. Siamo sempre più coscienti che questi incontri sono un momento importantissimo di presa di coscienza, infatti al termine degli incontri riceviamo sempre delle richieste di aiuto”.
Attraverso il progetto “Mai Più”, Otb foundation offre un servizio di supporto psicologico, legale ed economico alle donne vittime di violenza, che si accompagna a una campagna di prevenzione per i giovani di tutta Italia: una serie di incontri pensati per sensibilizzarli contro la violenza di genere e tra pari. Gli incontri sono realizzati assieme a Giusy Laganà dell’associazione FareXBene, e spesso partecipa anche Valentina Pitzalis, parlando di sè e della sua storia. (Pitzalis è stata sfigurata e mutilata dall’ex marito all’età di 27 anni, ndr.)
L’aspetto emotivo ed empatico che porta Pitzalis nel raccontare la propria storia di violenza e sopravvivenza, si accompagna a un percorso didattico, strutturato per aiutare i partecipanti a riconoscere i segnali della violenza. Continua Alessi: “I professionisti che guidano gli incontri sanno come agganciare gli adolescenti, conoscono il linguaggio, creano un clima di libertà e condivisione. Il nostro servizio sta funzionando: per un’ora e mezza i ragazzi e le ragazze non guardano il telefonino, ascoltano con attenzione, e noi invitiamo sempre anche i genitori a partecipare a questi eventi, aprendo la possibilità del collegamento da remoto. Più gente ascolta, più se ne parla, più è probabile che rimanga un tassello, un seme, qualcosa”.
Il progetto del ministero
È un momento importante, questo: per come il femminicidio di Cecchettin ha scosso l’opinione pubblica, per il modo in cui i suoi familiari continuano a tenere alta l’attenzione sulla necessità di un cambiamento. È importante non perdere questo treno e non permettere che, una volta scemata l’emotività, le risoluzioni cadano nel vuoto. Anche Alessi racconta di come le richieste di aiuto siano aumentate dopo la morte di Cecchettin, “tanti genitori hanno chiamato. Ora hanno capito anche loro e non sottovalutano i segnali, magari esagerano nel valutarli ma iniziano ad ascoltarli”.
“È ottimo che in questo momento si vogliano portare questi temi nelle scuole a livello ministeriale” prosegue Alessi: “Inviterei il ministro a chiamare al tavolo i professionisti e ci offriamo anche noi che da anni lavoriamo con progetti a supporto dei giovani su questi temi per portare la nostra esperienza. Non servono tante ore di lezione, bastano due ore, ma fatte bene. Non sono stati chiamati al tavolo gli studenti ed è a discrezione dei genitori se far partecipare il figlio. Probabilmente invece dovrebbero essere invitati anche i genitori, e perché no, rendere loro obbligatoria la partecipazione e se non possono, prevedere dei webinar – come tra l’altro facciamo noi nei nostri incontri – perchè è fondamentale dare l’esempio all’interno delle famiglie. Se a monte non c’è una famiglia che dà l’esempio, è difficile che certi argomenti attecchiscano. Il dialogo deve essere guidato dalle istituzioni e deve coinvolgere i giovani, le famiglie, i professionisti che lavorano da anni su questi temi. Noi siamo a disposizione”.
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Se stai subendo stalking, violenza verbale o psicologica, violenza fisica puoi chiamare per avere aiuto o anche solo per chiedere un consiglio il 1522 (il numero è gratuito anche dai cellulari). Se preferisci, puoi chattare con le operatrici direttamente da qui.
Puoi rivolgerti a uno dei numerosi centri antiviolenza sul territorio nazionale, dove potrai trovare ascolto, consigli pratici e una rete di supporto concreto. La lista dei centri aderenti alla rete D.i.Re è qui.
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