Sempre più donne fra i laureati. Il Rapporto OCSE 2023, pubblicato proprio in questi giorni, evidenzia che la partecipazione delle donne a tutti i percorsi di laurea è aumentata negli ultimi anni e attualmente la componente femminile non è minoritaria in nessuno dei Paesi OCSE (58% in media). Le laureate pareggiano i laureati in Svizzera e Giappone, e li superano di pochissimo (51%) in Germania e Corea, ma si posizionano al 60% in Belgio, Stati Uniti, Slovenia e Repubblica Ceca, raggiungono il 65% in Lettonia e in Polonia, e toccano il massimo in Islanda (68%). In Italia la quota di laureate si posiziona al 58%, uguale alla media dei Paesi OCSE.
Differenze di genere nelle lauree
Nonostante questa crescente partecipazione, anche gli ultimi dati confermano che le differenze di genere persistono nella scelta del settore disciplinare (Figura 1). Sia in Italia sia nella media OCSE le donne laureate sono sovrarappresentate nell’Istruzione (rispettivamente 87% e 79%) e nella Sanità e welfare (67% e 77%), mentre sono sottorappresentate nell’insieme dei settori STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica), che si confermano ancora a marcata prevalenza maschile: le laureate sono infatti solo il 33% in media OCSE (erano il 31% nel 2015), e il 39% in Italia.
Figura 1 – Laureate in percentuale dei laureati in età 25-64 anni per settore disciplinare – Italia e media OCSE.
Il grafico evidenzia che in alcuni ambiti delle discipline STEM la percentuale di laureate è particolarmente bassa: ad esempio, nelle Tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC) le laureate sono rispettivamente 19% in Italia e 23% nella media OCSE, e in Ingegneria sono rispettivamente 31% e 28%.
Nel complesso, però, la presenza femminile nelle discipline STEM è notevole, nel nostro Paese: solo la Nuova Zelanda, la Grecia, la Polonia e l’Islanda ci superano, e solo di qualche punto. In fondo alla graduatoria troviamo invece il Giappone (18%), il Cile (20%) e la Svizzera (24%).
Le laureate continuano a guadagnare meno
Il Rapporto OCSE presenta anche i dati sulle retribuzioni dei laureati rispetto a quelle dei diplomati, e sottolinea che malgrado i progressi della partecipazione femminile all’istruzione terziaria, le disparità di genere nelle retribuzioni persistono in tutti i Paesi considerati. Le laureate in età 25-64 anni che lavorano a tempo pieno e per l’intero anno guadagnano infatti, in media OCSE, solo il 77% dei loro colleghi di genere maschile; in Italia questa percentuale si abbassa ulteriormente fino al 70%. Il differenziale più contenuto si osserva in Spagna (84%), Slovenia (85%), Belgio (87%), ma soprattutto si nota un sorprendente Costa Rica, dove le retribuzioni delle laureate superano quelle dei laureati: 101%.
La disaggregazione dei dati per classe d’età mostra che per le laureate più giovani (25-34 anni) il differenziale retributivo è notevolmente più basso dell’aggregato: 84% in media OCSE, con valori che superano il 90% in Costa Rica, Colombia, Australia, Spagna, Lussemburgo e Svizzera. Al primo posto il Belgio, col 96%. L’Italia si posiziona al nono posto, con l’89%.
Figura 2 – Retribuzione delle laureate in età 25-34 anni che lavorano a tempo pieno e per l’intero anno, in percentuale della retribuzione dei laureati della stessa classe d’età, nei Paesi OCSE.
In Italia pochi laureati
Anche questo Rapporto OCSE (2023), infine, conferma che dal punto di vista dell’istruzione terziaria il principale problema del nostro Paese è la bassa quota di laureati, che accomuna uomini e donne, giovani e meno giovani. L’Italia si posiziona infatti in fondo alla graduatoria, ultima dei 38 Paesi, con solo il 20% di laureati. Ne abbiamo meno del Messico, della Turchia, del Costa Rica, della Repubblica Ceca, della Colombia, della Slovacchia, dell’Ungheria, del Cile, del Portogallo, e così via. Ne abbiamo esattamente la metà rispetto alla media OCSE (40%), e se consideriamo che per la generazione più giovane (25-34 anni) l’Italia guadagna una sola posizione rispetto alla classe 25-64 anni (siamo penultimi, prima del Messico) è evidente che questo distacco non può essere colmato né facilmente né rapidamente, e pertanto costituisce un ostacolo ingombrante sul percorso di crescita del nostro Paese perché rende veramente difficile la competizione internazionale con sistemi produttivi che possono disporre, mediamente, del doppio dei nostri laureati.
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