“È importante sapere che c’è qualcuno disposto ad aiutarti in qualunque momento, tanto più nel periodo che stiamo attraversando nel quale sono più frequenti episodi di omofobia e transfobia”.
(Federica del centro Omphalos di Perugia)
“È vitale che ci siano luoghi fisici dove i nostri ragazzi possano incontrarsi; non come ai tempi miei che non se ne sapeva nulla. Adesso le cose sono cambiate e sono contenta siano cambiate proprio nella mia famiglia”.
(Stefania, madre di Luka, un ragazzo transgender)
In queste parole, raccolte nei CAD (Centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere) presenti sull’intero territorio nazionale, c’è la speranza, ma anche l’urgenza di un cambiamento più profondo.
Ed è dal lavoro svolto dai centri antidiscriminazione che è partito il progetto “QUEER È ORA – Essere senza confini”, finanziato da UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali e curato e prodotto da Transparent, Big Sur e 73100Gaya.
Un programma di ricerca artistica e sociale che attraverso la narrazione fotografica della storia e dei vissuti di persone e gruppi appartenenti alla comunità Lgbtqia+, in questi mesi esposto come mostra fotografica al Castello Volante di Corigliano d’Otranto, in provincia di Lecce, racconta le necessità della comunità queer e la battaglia per sgretolare il muro dell’omolesbobitransfobia.
Il progetto parte dalla Puglia
L’11 settembre, a partire dal comune di Lecce, è stata svelata la campagna di affissioni con le 16 immagini del progetto “QUEER è ORA”, che poi si espanderà nelle altre città pugliesi. Allo stesso tempo, sul canale Instagram _queereora_, sono state diffuse pillole video che raccontano il lavoro visivo e testuale che si cela dietro ad ogni singolo scatto, insieme a uno storytelling fatto di immagini e clip per raccontare il lavoro dei centri antidiscriminazione e le storie delle persone intervistate durante la realizzazione del progetto.
Negli stessi giorni, nelle altre città italiane coinvolte (Genova, Perugia, Bari e Foggia) è stato consegnato ai centri un “kit di comunicazione”, con all’interno una serie di manifesti, locandine e card/flyer. Il progetto QUEER è ORA (opera di Alessia Rollo, fotografa e artista visiva; di Gianluca Rollo e Gaia Barletta, attivist* queer e operaie culturali; e di Francesco Maggiore, visual designer e armonizzatore del caos) sarà presentato poi il 16 settembre al Castello Volante di Corigliano d’Otranto, in occasione della festa finale del progetto.
L’obiettivo della campagna
L’intento della campagna è quello di superare e abbattere le troppe discriminazioni ancora presenti nel nostro Paese, si legge in una nota. Secondo Ilga Europe (Associazione Internazionale per i diritti LGBT presente all’ONU) nella classifica 2023 dei Paesi Europei per politiche a tutela dei diritti umani e dell’uguaglianza delle persone Lgbtqia+, l’Italia è al 34esimo posto su 49. Lo scorso anno, poi, sono stati oltre 25mila i casi registrati di omolesbobitransfobia, ma ancora più preoccupante è un dato che risulta costante: quello dell’underreporting, cioè della mancata denuncia.
Le violenze fisiche e verbali, causa di marginalità e disagio sociale non conoscono fascia di età: i casi registrati vanno dai minorenni fino agli over 70.
Il lavoro dei CAD
È proprio in questo contesto che i CAD svolgono un ruolo fondamentale, spiegano dal progetto: per trovare il coraggio di denunciare e per la loro capacità di accogliere, di costruire una rete di sensibilità, far emergere il sommerso, aprire mondi e modi di pensare diversi. “Provare dunque a rompere il muro di paura che diventa un danno quasi irreversibile, soprattutto per le persone più giovani e in ambienti provinciali, lontani delle grandi città, dove i bisogni diventano più pressanti proprio perché raccolgono esperienze e vissuti di contesti più chiusi, dove l’alterità è percepita come sconosciuta e diventa quindi bersaglio di un’aggressività – fisica e verbale – ancora più violenta” si legge nel comunicato.
Assistenza legale, sanitaria, psicologica, oltreché alloggio e vitto quando necessario, a tutte quelle persone che subiscono discriminazione e violenza: questo è ciò che offrono i Centri Antidiscriminazione, che lavorano anche su un altro fronte altrettanto fondamentale, quello dell’alfabetizzazione, per dare un nome a ciò che accade. Senza parole adatte, problemi e discriminazioni è come se non esistessero. Nominarle offre la possibilità di collocarle e di comunicarle, di comprenderle per affidargli il loro vero significato.