Paola Gianotti, pedalare per cambiare vita

Ogni fermata è solo un nuovo inizio. È una delle lezioni che Paola Gianotti, 4 volte Guinness World Record, ha imparato dalla strada, pedalando migliaia e migliaia di chilometri intorno al globo. Dalla Norvegia all’Uganda, dal Giappone agli Stati Uniti, arrivando a essere la donna più veloce in assoluto a fare il giro del mondo su due ruote. Un’avventura diventata realtà contro ogni previsione.

Un’economista in bicicletta

Gianotti, laurea in Economia e commercio («per volere della mia famiglia»), con alle spalle prima un lavoro nella consulenza finanziaria («che ho odiato»), poi un’azienda fallita, complice anche la crisi globale del 2008, ha capito sulla sua pelle cosa significa fermarsi, e ripartire. «L’importante – assicura – è avere le idee chiare. Con l’azienda non sapevo neanche io dove sarei voluta andare. La bicicletta e i viaggi, invece, sono sempre stati le mie più grandi passioni. E quando ho scommesso su di loro, dunque su di me, tutto è diventato chiaro».

Ma viaggiare semplicemente in sella a una bici non le bastava, aveva bisogno di sfidarsi e alzare l’asticella. Del resto, la competizione è parte integrante dello sport. «Sono partita per il giro del mondo e ho conquistato il primo record mondiale, diventando la donna più veloce ad aver circumnavigato il globo in bicicletta con 144 giorni di pedalata, 29.400 chilometri e oltre 175.000 metri di dislivello. A questo, ne sono seguiti altri tre. Ogni percorso mi ha insegnato che non esistono le condizioni perfette per partire, ma che è fondamentale pianificare al meglio. Ho imparato anche che lavorare in squadra è la chiave di ogni progetto, ma che poi a un certo punto sei da sola. E lì dipende da te e dalla capacità che hai di credere nei tuoi sogni fino in fondo».

Superare i pregiudizi

Abituarsi alla solitudine fa parte del gioco per una ciclista. Diverso è, invece, dover fare i conti con isolamento e non accettazione. Un esempio su tutti: Russia, 2015, una gara in cui Paola era l’unica donna. «Gli altri partecipanti, tutti uomini, non mi volevano. Dicevano che se fossi arrivata al traguardo, avrei sminuito la difficoltà del percorso. Del resto, affermavano: “se può farlo una donna, allora possono farlo tutti”». Peccato che lei a quel traguardo c’è arrivata e l’ha fatto con l’orgoglio tipico di chi sa che non è stato semplice. Che per le donne non lo è mai. «Alla fine, mi sono guadagnata la fiducia e la stima di tutti. Ed è stato bellissimo».

Il viaggio, infatti, è anche questo: l’incontro – o scontro – inaspettato con altri esseri umani. Come quando sul suo cammino ha incontrato un viaggiatore giapponese che stava facendo il giro del mondo a piedi, portandosi dietro solo un carretto con pochi viveri. «Gli ho donato ciò che ho pensato potesse essergli utile per proseguire, ho autografato la bandiera nipponica che portava con sé, ci siamo sorrisi. Non parlava inglese, ma gli occhi hanno fatto più delle parole» ricorda Paola che ormai ha imparato ad affidare emozioni e pensieri a una preziosa compagna di avventure: la strada.

È con quella linea bianca che separa lo spazio per ciclisti dal resto della carreggiata, che Paola si confronta durante i lunghissimi viaggi. «È come se quella striscia mi parlasse, a volte la osservo per ore e ore. È la mia guida fino alla meta». Certo, non tutti i cammini hanno il privilegio dell’asfalto. Ce ne sono altri, altrettanto se non più emozionanti e impegnativi, che mettono la sportiva faccia a faccia con la magnificenza della natura e con l’urgenza del cambiamento ambientale.

L’impegno sociale e ambientale

Lo scorso anno, ad esempio, ha pedalato da Stoccolma a Milano per 2022 km, incontrando anche Greta Thumberg, con l’obiettivo di piantare 2022 alberi in Italia, grazie alla partnership con il Ministero della Transizione Ecologica ed i Carabinieri Forestali, per divulgare le azioni necessarie da intraprendere per essere ambientalmente sostenibili.

Nel 2016, invece, aveva percorso 11.543 km attraversando tutti gli Stati Uniti in 43 giorni, battendo un nuovo record del mondo e raccogliendo i fondi per acquistare 73 biciclette da donare a 73 donne in Uganda insieme ad Africa Mission – Cooperazione e Sviluppo. E ancora, quest’anno, in Brasile, sul Mato Grosso dove ha percorso 1.200 km in bici per documentare un territorio che vede contrapposte meraviglie naturalistiche e biodiversità da un lato, e deforestazione e coltivazioni intensive, dall’altro. Attraverso Bike4Tree Brazil, ha sostenuto Wow Nature e il progetto di tutela dell’arcipelago di Bailique.

Nel cuore del Pantanal, la zona umida e con maggior biodiversità al mondo, Patrimonio dell’Umanità, Paola ha parlato con le guide locali che le hanno raccontato del disastro ambientale avvenuto nel 2020 per incendi dolosi dovuti alla coltivazione intensiva e agli allevamenti. Nella seconda parte del viaggio, l’ultraciclista ha pedalato sulla “rotta della soia”, costeggiando le grandi distese di coltivazione intensiva di mais, cotone e soia. A Primavera Do Leste ha incontrato l’associazione di piccoli produttori locali Aprholeste, che le hanno raccontato come sia possibile produrre seguendo i ritmi della natura e rispettando l’ecosistema.

Il potere di cambiare rotta

«È stato un viaggio pieno di bellezza e contrasti che mi ha arricchita profondamente. Arrivare con la mia due ruote fino a qui è stato magico, ma toccare con mano un ecosistema in parte distrutto non è stato semplice: vedere con i propri occhi quanto un’area piena di meraviglie naturali possa essere annientata per fare spazio alle coltivazioni intensive, tra incendi e altri disastri ambientali, è stato molto impattante».

Racconta poi Gianotti: «Non esiste una soluzione immediata e il contesto sociopolitico di una nazione così estesa è sicuramente complesso. Al tempo stesso, però, mi sono resa conto ancora di più di come siano proprio le nostre scelte, i valori che decidiamo di adottare, le piccole azioni quotidiane da quello che mangiamo a come ci spostiamo, a fare la differenza nel mondo. Io, ad esempio, sono diventata vegetariana. Ho scoperto infatti che le piantagioni di soia che stanno distruggendo il Mato Grosso servono per alimentare gli animali degli allevamenti intensivi europei. Così, ho scelto di fare, nel mio piccolo, la mia parte».

E assicura: «Possiamo ancora cambiare rotta, per vivere più in armonia con il pianeta e con le comunità. Possiamo, e dobbiamo farlo, in ogni ambito, anche nel lavoro. Non è mai troppo tardi per salire in sella alla nostra bici e pedalare per ciò in cui crediamo».

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