Disabilità, nasce la piattaforma di dati aperti per l’Italia

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Ripartire dai numeri, in un contesto in cui si discute delle persone con disabilità solo in modalità emergenziale: se i dati non esistono, nemmeno le persone.

“Nei titoli di giornale si parla solo quando ai bambini con disabilità viene negato l’accesso a scuola in mancanza dell’insegnante di sostegno, quando non hanno accesso ai servizi di logopedia, quando un giovane adulto viene assunto come cameriere in un bar, quando qualche atleta paralimpico sembra compiere un’impresa eccezionale, mentre la maggior parte dei giovani con disabilità non riesce neanche a praticare uno sport a livello amatoriale”.

Sono le parole di Francesca Fedeli, presidente della fondazione FightTheStroke, che si occupa di giovani con una disabilità di paralisi cerebrale infantile e che ha finanziato il progetto #DisabledData con proprie risorse, in linea con una missione universale di difesa dei diritti delle persone con disabilità.

“Noi vorremmo che questi bambini crescessero in un mondo – rivela Francesca Fedeli ad Alley Oop – in cui la più grande minoranza marginalizzata, e le persone con disabilità rappresentano il 15% della popolazione mondiale, possa avere servizi accessibili e disegnati in funzione dei propri bisogni”.

Questione di pari opportunità

Il sito #DisabledData fa emergere il problema dei dati sulle persone con disabilità in Italia e rilascia una prima mappatura per agevolarne la lettura, l’analisi critica e la messa a disposizione per l’adozione di politiche efficaci.

Quante sono le persone con disabilità in Italia? Di preciso non è dato saperlo,
e non è un’operazione facile. La “nuova” definizione di disabilità, risalente al 2011, include tutti coloro che non dispongono di pari opportunità e sono impossibilitati nella vita quotidiana, a causa di limiti imposti dal contesto. E’ un dato che riguarda una quantità enorme di persone, che temporaneamente si trovano in una condizione di disabilità, in seguito a un incidente, una malattia, all’avanzare dell’età o a un evento qualsiasi che prima o poi rischia di limitarci nella vita che siamo abituati a condurre.

Parlare di disabilità è complesso, numerose sono le sfumature, e i dati in
questo caso non aiutano. Pubblicati in formati non accessibili a tutti, a volte
nascosti all’interno di report, oppure sparpagliati su più piattaforme o perfino
incompleti: i dati si possono definire ‘disabilitati’, non potendo esprimere il loro potenziale analitico e informativo, a causa di limiti imposti dal contesto. Ed è proprio da quest’ultima riflessione, che nasce l’idea di Disabled Data o Dati Disabilitati. Si tratta di una piattaforma digitale promossa dalla Fondazione FightTheStroke e progettata da Sheldon.studio con il supporto di onData per aprire i dati a un pubblico più ampio.

“Abbiamo lavorato a questo progetto da oltre un anno, con
una squadra fluida, ma multifunzionale – racconta Francesca Fedeli – i rappresentanti dei diritti, i minatori dei dati, i designer inclusivi, i giornalisti investigativi, gli sviluppatori. L’obiettivo è sempre stato dare una risposta collettiva ai bisogni espressi dalla
comunità delle persone con disabilità e dai loro alleati, superando le sfide dei
pregiudizi, del dialogo mancato, degli interessi personali e delle fonti dati
inaccessibili. Stanchi di leggere titoli di giornali banalizzanti o di sentirci dire
che quell’informazione non era disponibile in maniera disaggregata, perché
riguardante la privacy di persone vulnerabili’.

Nonostante le barriere incontrate, a Fedeli è sembrato doveroso perseguire l’obiettivo di una piattaforma comune, che andasse oltre il singolo corporativismo tipico del settore e che attraverso audizioni periodiche disegnasse uno spazio inclusivo e
accessibile a tutti, ascoltando la voce di beneficiari, famiglie, statisti, medici,
legali, giornalisti e istituzioni, da Nord a Sud, online e offline.

Come nasce la piattaforma

Il progetto è nato dal desidero di capire quali dati esistono, che riguardano la comunità delle persone con disabilità. “La nostra ricerca iniziale e le difficoltà riscontrate nella navigazione dei dati esistenti (in primis, il fatto che il database Disabilitàincifre non fosse accessibile per mesi, di fatto rendendo impossibile la ricerca dei dati esistenti in Italia) – racconta Simona Bisiani di Sheldon Studio – oltre all’interesse della comunità per il nostro progetto, sono stati i fattori che ci hanno spronato a realizzare un sito che facesse da tramite tra dati ufficiali e cittadini comuni. Uno sforzo che pensiamo sia doveroso nei confronti della comunità di persone con disabilità”.

La creazione della piattaforma ha richiesto diverse fasi e considerazioni. Il desidero di valorizzare i dati esistenti: estrarre le informazioni più interessanti dai dati, scegliendo la visualizzazione più adatta al tipo di informazione/ricerca. “Ad esempio, l’utilizzo di un linechart per l’osservazione temporale di un fenomeno – prosegue Simona – o l’utilizzo di un barchart per mettere a confronto diversi gruppi (e.g., regioni o tipo di persona). Un’ulteriore sfida è stata la scelta di quali dati presentare: nel limite delle nostre risorse, non potevamo creare visualizzazioni per ciascuna tavola esistente nelle banche dati ufficiali. Abbiamo quindi seguito un processo editoriale nella scelta delle tematiche da presentare, che è risultata dallo studio degli stessi dati (e l’identificazione di tabelle complementari tra Istat e Eurostat) e da un sondaggio somministrato alla comunità che ci ha indirizzato alle principali curiosità per i cittadini”.

Come si comunicano i dati?

Le fasi di realizzazione sono di conseguenza state in primis la ricerca e mappatura di tutte le tavole esistenti tra le diverse piattaforme. “Abbiamo poi avviato – precisa  Bisiani – un processo di selezione delle tabelle, dettato dalle preferenze della comunità, dal desiderio di portare insieme Istat e Eurostat, e dal valore narrativo dei dati stessi – l’idea che se un dato ha un “news value”, ha senso essere incluso nel progetto. In seguito, l’estrazione dei dati (non priva di sfide, in particolare per i dati di Istat), e l’elaborazione di come visualizzare i diversi dati”.

I designers e sviluppatori a Sheldon.studio hanno collaborato con Fightthestroke e membri della comunità per realizzare un sito che fosse accessibile. Questo processo iterativo di sviluppo e feedback ha riguardato il formato delle visualizzazioni, la scelta di colori, e le funzionalità del sito, che è stato anche pensato per funzionare da mobile, oltre che da desktop. E’ stata un’esperienza sicuramente molto istruttiva per il team.

L’obiettivo è rendere più accessibili e restituire a giornalisti, esperti, cittadini, e attivisti i dati messi a disposizione da Istat ed Eurostat, affinché si possa parlare e “scrivere di disabilità in maniera più informata e consapevole”, come aggiunge Matteo Moretti designer e co-fondatore di Sheldon.studio, che ha curato il design e lo sviluppo del progetto, con attenzione all’accessibilità del dato a persone con ogni tipo di disabilità.

“Il lavoro di Istat è ammirevole – commenta Andrea Borruso, presidente dell’associazione OnData, che si è occupata di raccogliere e razionalizzare i dati presentati sulla piattaforma – ma si spera che Disabled Data serva come stimolo per ripensare la filiera dei dati sulla disabilità, verso un processo di raccolta, pubblicazione,
analisi e racconto più consistente e accessibile, in modo che i dati siano un
bene comune”.

Liberi da stereotipi

Disabled Data è al suo primo rilascio, nei prossimi mesi sarà arricchito con
ulteriori sezioni, per arrivare alla versione finale entro il 3 dicembre, Giornata
Internazionale delle Persone con Disabilità, consentendo anche la possibilità di
ricercare, condividere e contribuire alla piattaforma. Da oggi chiunque voglia scrivere, documentarsi o parlare di disabilità, ha uno strumento in più, verso una narrazione e soprattutto una percezione della disabilità consapevole e libera da stereotipi.

“Concentrarsi su una variabile alla volta – la disabilità, il genere (binario e non), l’orientamento sessuale, l’appartenenza etnica, ecc. –, com’è stato fatto sinora – commenta la sociologa Simona Lancioni impedisce di cogliere la persona nella sua interezza. Ma nella realtà, giusto per fare un esempio, le discriminazioni di genere subite da una donna con disabilità vanno a sommarsi a quelle che la stessa donna subisce in quanto persona con disabilità”.

Per dare risposte adeguate alle reali esigenze delle persone (disabili e non), a giudizio di Lancioni, dobbiamo smettere di smembrare le persone e iniziare a smembrare (disaggregare) i dati. E se nell’opinione della Disability Manager Consuelo Battistelli partire dai dati è fondamentale per focalizzare dove agire, a maggior
ragione se si riferiscono “a persone in condizioni di svantaggio con l’obiettivo di inclusione”, Simone Riflesso, attivista queer e disabile, ne parla in termini di innovazione.

“L’eterogenea comunità delle persone disabili è fra le meno e peggio
rappresentate sui media mainstream – afferma Riflesso – accompagnate da stereotipi umilianti, linguaggio inopportuno e deumanizzante, oltre alle solite retoriche
paternalistiche. Non fa certo eccezione la rappresentazione attraverso i dati,
tale che se si volesse descrivere la complessità della situazione sulle diverse
forme di disabilità in Italia, ci si troverebbe in grande difficoltà sia nel reperire i
dati lacunosi esistenti che a darsi una risposta e sviluppare opinioni. Per esempio se le persone disabili sono direttamente coinvolte e opportunamente ascoltate oppure sono meramente oggetto di ricerca”. 

Il giudizio della giornalista Donata Columbro è che per pianificare qualsiasi servizio e sostegno, politica pubblica, si debba passare dalla consapevolezza di chi sono le cittadine e i cittadini a cui rivolgersi, quali sono le loro abitudini, le loro esigenze. “Tramite una raccolta dati – conclude Columbro – che sia fatta però con il coinvolgimento delle comunità e che questi dati vengano in qualche modo anche restituiti, resi in formato aperto e accessibile in tutte le sue accezioni”.

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