Trigger warning: come proteggere la salute mentale sui social

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TW o trigger warning: che sia sotto forma di sigla o dicitura completa, è un avvertimento che viene utilizzato sui social per indicare un contenuto triggerante. Ma cosa significa?

In psicologia con trigger si intende uno stimolo che richiama una precedente esperienza traumatica. Non deve essere spaventoso o sensazionale, è sufficiente che ricordi il trauma indirettamente o superficialmente. Può essere un’immagine, un odore, un luogo. Qualsiasi elemento che risveglia nella propria mente le sensazioni spiacevoli e i vissuti emotivi associati alla situazione originariamente vissuta. Ne consegue che l’impatto negativo – e spesso improvviso – sulla propria salute psicologica è il più delle volte profondo.

I social sono utilizzati per fare informazione, sensibilizzare, trattare temi e notizie che spesso possono essere – appunto – triggeranti. Se io, come utente, non ricevo alcun avvertimento, potrei ritrovarmi, senza volerlo, a espormi a contenuti che urtano la mia sensibilità. Guerra, suicidio, razzismo, disturbi mentali, violenza, molestie, bullismo. Sono solo alcuni dei temi che richiederebbero l’accortezza di un TW iniziale, con la relativa specifica dell’ambito trattato.

Al di fuori dei social, questo tipo di avvisi è sempre più presente all’inizio di film o serie televisive. Un esempio in tal senso è quello di Disney, che nel suo servizio di video on demand ha scelto di inserire una dicitura in apertura ad alcuni grandi classici. È il caso di Peter Pan, Dumbo, Il Libro della Giungla e altri. Cartoni che portano sullo schermo rappresentazioni culturali obsolete, riferimenti razzisti e maltrattamenti.

A prescindere da quale sia il mezzo che si sta utilizzando e il contenuto di cui si sta fruendo, i trigger warning permettono di scegliere se continuare la lettura o la visione, valutando la tenuta del proprio equilibrio psicologico in quel momento e preparandosi a gestire al meglio le proprie reazioni.

Sono avvisi funzionali per le persone che hanno subito un trauma, ma utili per chiunque. A volte, infatti, è sufficiente una giornata no o un periodo particolarmente stressante per sentirsi maggiormente vulnerabili ed esposti nel momento in cui si entra in contatto con foto, articoli o riflessioni che possono innescare una reazione spiacevole. Ed è proprio questo il punto. Offrire a una persona la possibilità di decidere cosa è in grado di gestire. Restituendole così autonomia.

I trigger warning sono una forma di rispetto. Un avviso che sembra dire: so cosa puoi aver passato e va bene se in questo momento non te la senti di guardare/leggere quanto potresti trovare di seguito. Una forma di tutela della salute psicologica del proprio pubblico: chi li utilizza sta comunicando che è consapevole di questo e che si adopera affinché i suoi contenuti non mettano a rischio il benessere mentale di altre persone.

C’è chi afferma che questa tipologia di avvertimento finisca per “coccolare” eccessivamente gli utenti. A questi si unisce chi ritiene che sia funzionale che le persone imparino a gestire i propri vissuti emotivi e che dunque aggiungere avvisi TW sia superfluo. Ancora, chi reputa che gli stessi possano contribuire a innescare ansia e stress in chi vi si imbatte, finendo per alimentare i vissuti che tentano invece di arginare.

Eppure, perché mai un’accortezza dovrebbe essere percepita come inutile o addirittura nociva? I trigger warning tutelano la salute mentale degli utenti. Esattamente come il semaforo giallo protegge i pedoni nell’attraversamento. Se si decide di ignorare il segnale, si è consapevoli che ci si sta esponendo a un rischio.

La realtà in cui viviamo è disseminata di violenza, odio, discriminazioni. I social vengono spesso accusati di esserne fucina. Ecco allora che gli avvisi TW sono baluardi di una percentuale di utenti che è consapevole che alcuni contenuti possono mettere a rischio il benessere psicologico di chi li visiona.

Prima di pubblicare un post è opportuno chiedersi: a che scopo lo sto facendo? Che impatto potrebbe avere sulle persone che mi seguono? Potrebbe innescare un qualche tipo di angoscia? Nelle condivisioni si è spesso focalizzati su di sé: su ciò che si sta comunicando, su quello che si vuole dire, sul messaggio che si desidera lasciare. Cosa succede se si volge lo sguardo a chi leggerà o visionerà il contenuto?
Tutte domande che dovremmo imparare a porci: le parole e le immagini hanno un peso. Anche sul benessere psicologico.

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