Dimmi come lavori e ti dirò come stai

brooke-cagle-whwybmtn3_0-unsplash

Una ricerca svolta nel Regno Unito da un team di italo-inglese ha dimostrato ciò che chiunque ha sperimentato sulla propria pelle negli ultimi anni: il nesso di causalità tra qualità del lavoro e salute mentale. Soprattutto per le donne.

L’aspetto singolare è che lo studio si è svolto in tempi antecedenti alla pandemia, mettendo tuttavia in luce aspetti che risultano oggi più che mai attuali. L’analisi ha interessato dati provenienti da oltre 26.000 lavoratori e lavoratrici della Gran Bretagna, che hanno mantenuto la stessa posizione lavorativa tra il 2010 e il 2015. A variare, le condizioni all’interno delle quali queste persone hanno operato, in virtù del progresso tecnologico e delle fasi di crescita e decrescita economica che si sono susseguite.

La ricerca ha evidenziato due principali aspetti che impattano sulla salute mentale delle persone: flessibilità organizzativa in relazione agli orari di lavoro e grado di autonomia. Queste caratteristiche hanno ripercussioni dirette su depressione, ansia, disfunzione sociale (capacità di prendere decisioni e concentrarsi) e fiducia in sé stessi (autostima). A tal proposito, come anticipato, si evidenzia una differenza di genere: al variare delle condizioni di lavoro, è infatti il benessere psicologico delle donne ad apparire più sensibile. All’aumentare della responsabilità personale delle lavoratrici, ad esempio, corrisponde una riduzione media nel rischio di depressione clinica del 26%.

Come intervenire, dunque, su flessibilità e autonomia per rendere le organizzazioni ambienti a misura di benessere? Se i cambiamenti indotti dalla pandemia hanno senz’altro accelerato questo cambiamento, è pur vero che la strada è ancora lunga: le aziende faticano a inquadrare soluzioni che siano davvero rispondenti alle esigenze, prediligendo spesso modalità “taglia unica”.

Ludovico Carrino, ricercatore del King’s College di Londra e dell’Università di Trieste, ricorda però quanto sia necessaria

“una flessibilità del lavoro che non sia uguale per tutti: le esigenze sono diverse a seconda dell’età e del tipo di lavoro. È importante che essa sia misurata in base alle priorità delle singole persone.”

Sono dunque necessarie azioni articolate sui bisogni e sulle reali esigenze dei singoli: soluzioni generalizzate non appaiono efficaci. Se non altro da un punto di benessere psicologico. A questo riguardo, una delle variabili da tenere maggiormente in considerazione, oltre il genere, sembra essere l’età. Sempre in relazione alla ricerca, Michele Belloni, docente di Economia Politica all’Università di Torino, afferma:

“La salute mentale delle lavoratrici più giovani (sotto i 35 anni) è risultata migliorata nelle situazioni in cui le stesse potevano sperimentare una maggiore libertà di azione in termini di responsabilità personale e programmi formativi. Per le donne oltre i 50, invece, è stata registrata una migliore salute mentale nel momento in cui esse potevano contribuire in modo creativo al proprio lavoro e lavorare in condizioni dell’ambiente fisico migliori, oltre che disporre di orari di lavoro più flessibili.”

Ecco allora che si può immaginare di progettare modalità di lavoro che mutano al variare di genere ed età, per andare incontro alle diverse esigenze che questi elementi mettono in luce. Si pensi, ad esempio, a un equilibrio variabile nel tempo tra lavoro in presenza e da remoto.

È tuttavia necessario sottolineare che anche la tipologia di professione ha un ruolo nell’equazione.

“In particolare, i risultati segnalano che i benefici maggiori di un miglioramento nella qualità del lavoro si riscontrano nelle donne impegnate in mansioni caratterizzate da alto stress lavorativo.”

Sottolinea Elena Meschi, docente di economia politica all’Università Milano-Bicocca.
Alla luce di questa ulteriore evidenza della ricerca qui discussa, è pertanto necessario estendere la riflessione anche al tipo di lavoro che si svolge: le variabili non sono solo personali e socio-anagrafiche, ma anche organizzative. Ancora una volta, persona e azienda si fondono, rivelando confini sempre meno netti e definiti. Per un futuro organizzativo a misura di benessere psicologico, appare dunque necessario intervenire tanto sulle modalità e sulla qualità del lavoro, quanto sui bisogni individuali. Sfidante, certo, ma possibile. Anzi, necessario.

***
La newsletter di Alley Oop

Ogni venerdì mattina Alley Oop arriva nella tua casella mail con le novità, le storie e le notizie della settimana. Per iscrivervi cliccate qui.

Per scrivere alla redazione di Alley Oop l’indirizzo mail è alleyoop@ilsole24ore.com