Il settore tech continua a creare lavoro. In questa direzione stanno andando quindi sempre più donne in cerca di un’occupazione, mentre aumentano le studentesse in materie STEM. Contemporaneamente cresce l’attenzione delle imprese per una maggiore diversità nei ruoli tecnici (come l’ingegneria o il product management). Nonostante questo, il comparto resta lento nel colmare il gap di genere presente al suo interno. E anche se si percepisce l’apertura verso un maggior equilibrio nelle assunzioni, questa industria fatica a valorizzare e gestire il talento femminile nelle posizioni di leadership.
Qualcosa sta cambiando, soprattutto nelle realtà più grandi. Resta però il fatto che nel mondo dal 2019 il numero delle donne impegnate nel settore è cresciuto meno del 7%. Se le imprese tech sembrano attraversate da una certa spinta a fare meglio in tema di parità e rappresentanza, per ora un cambio di rotta riguarda soprattutto i profili junior o di livello intermedio. Oggi forse solo l’India registra la (quasi) raggiunta parità di genere delle nuove assunzioni nel tech e il 37% di forza lavoro femminile attiva. L’Europa conta circa il 17% di occupate in ambiti come la programmazione, la system analisis o lo sviluppo di software. E il 20% di laureate sul totale delle materie IT.
Davanti a un tale quadro, non sorprende che salendo verso i vertici la presenza femminile si faccia ancora più rarefatta. Arrivate ai livelli alti, inoltre, le donne non rimangono nelle loro posizioni di vertice a lungo tanto quanto i colleghi. In compagnie come Amazon, Google o Meta, per esempio, la media è di circa 6,4 anni contro gli 8 per gli uomini.
È evidente: la scala delle carriere per le donne nel tech ha un gradino rotto. Aggiustarlo, però, è possibile e conviene.
Una ricerca McKinsey e Girls in Tech conferma un’altra volta l’esistenza di una relazione tra il livello di diversity presente ai vertici e la misura delle prestazioni aziendali. Realtà con alto grado di rappresentanza femminile in ruoli di comando, arrivano a raggiungere performance migliori, fanno meglio in tema ambientale e investono in ricerca e sviluppo 4 volte di più che quelle in cui i team sono omogenei. Ma se è chiara la tendenza a puntare a una maggiore diversità della forza lavoro, per sfruttare al meglio le opportunità di migliore inclusione ai vertici è fondamentale lavorare da presto, già nelle fasi successive al momento dell’assunzione. Accompagnando, cioè, le carriere delle donne da subito.
Attualmente pratiche di promozione equilibrate per uomini e donne non sono la normalità. Lo evidenziano anche le risposte raccolte per lo studio di McKinsey. In generale, gli intervistati sanno indicare e segnalano la presenza nelle loro aziende di iniziative di mentorship e programmi di inclusione. In pochi però riescono a nominare interventi a supporto diretto delle carriere femminili.
“Aspettiamo fino a che le donne sono pronte per andarsene prima di diventare creativi nel dare loro ruoli che apprezzerebbero”, si legge in uno dei commenti.
Supporto alle carriere e promozioni precoci
Per cambiare i numeri che oggi vedono 52 donne promosse manager ogni 100 uomini, è imprescindibile pensare e agire sul medio-lungo termine. Introducendo prassi formali che interessino le nuove assunzioni, ingaggino le dirette interessante. E rendano consapevoli tutti i livelli e le funzioni aziendali dei benefici e dei rischi di ambienti troppo omogenei.
È fondamentale, per esempio, offrire a quelle che aspirano a ruoli di leadership, accesso paritario a progetti di accelerazione per l’acquisizione di competenze manageriali. Oltre alla preparazione tecnica del settore, infatti, serve la giusta dose di conoscenze e l’attitudine adatta per costruire adeguatamente il percorso di crescita verso posizioni di comando.
Diventa imprescindibile poi progettare e attuare un approccio strutturato in materia di promozioni precoci. Da una parte, rendendo chi ha ruoli decisionali (manager o team leader che siano) responsabili delle professioniste stimolando prassi di confronto e valutazione dei piani di crescita. Dall’altra, garantendo la presenza attiva di mentor, sponsor e role model che possano sostenere gli avanzamenti di carriera delle donne. A partire dalle loro caratteristiche e dai loro interessi.
Preparare team leader, manager e dirigenti ad accompagnare dall’inizio lo sviluppo delle carriere delle future leader del tech aiuta, tra le altre cose, a ridurre il rischio di dimissioni. Questo tema è per la maggior parte imputato al persistere di ambienti di lavoro poco accoglienti – per non dire proprio discriminatori. Investire nel training di chi già svolge funzioni di comando interviene nel controbilanciare il pericolo di perdere capitale umano. Non è infrequente che i livelli più alti non abbiano competenze sufficienti per gestire lo sviluppo dei profili junior. In particolare, ma non solo delle donne. O gli strumenti adatti per contrastare efficacemente pregiudizi radicati.
A qualsiasi ambito ci si riferisca, il percorso delle carriere femminili richiede ancora molto lavoro per essere sistemato. In certe realtà già anche solo per essere intrapreso. Nonostante in Europa le manager rappresentano il 35%, nell’ultimo decennio il loro numero è salito solo del 1,3%. In alcuni stati in realtà è sceso. Sono un traguardo lontano le percentuali virtuose dell’India dove, secondo alcune previsioni, le aziende del tech in particolare avranno un numero pari di uomini e donne leader entro il 2030. Certo quello indiano è un modello difficilmente replicabile in occidente. Il percorso intrapreso lì negli ultimi decenni, però, offre un chiaro esempio: non ci si può aspettare un cambiamento repentino senza immaginare un impegno costante o interventi correttivi su ampia scala. Già partendo, per esempio, con l’avvicinare meglio e da preso le ragazze agli studi STEM.
É cruciale oltre che conveniente, data la rilevanza del settore tecnologico e digitale per la ripresa e lo sviluppo dei prossimi anni. Le premesse ci sono. Una certa dose di volontà e attenzione, anche.
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