Colori sbiaditi, narrativa interrotta, confini che scompaiono e città immerse negli abissi: le bambine e i bambini italiani e ucraini ci parlano di come percepiscono la violenza del conflitto in atto. Dalla pandemia alla guerra, l’eccesso delle immagini di tragedie rischia di generare, negli occhi di chi non ha tutti gli strumenti per comprendere ed elaborare la violenza, sentimenti di preoccupazione, ansia e paura. Il 24 febbraio ha segnato un cambiamento nella vita di tutti, soprattutto in quei bambini che hanno perso la loro casa, i giochi e i sogni ritrovandosi, all’improvviso, costretti ad allontanarsi dai loro padri e cercare un posto sicuro. Ma non solo. La guerra è anche negli occhi dei bambini che guardano da lontano a cui arrivano immagini, foto e video di violenza e devastazione.
Il disegno è da sempre uno “strumento” attraverso il quale i bambini riescono a esprimere in maniera immediata e senza filtri le loro emozioni e i loro stati d’animo.
Tutto questo traspare dai disegni realizzati, in occasione della Giornata internazionale del disegno, dai bambini accolti da SOS Villaggi dei Bambini, che in questo periodo sta accogliendo nei Villaggi SOS in Europa le persone che scappano dalle zone di guerra.
Per Emanuele Caroppo, coordinatore del Comitato scientifico di SOS Villaggi dei Bambini e psichiatra e psicoanalista della Società psicoanalitica italiana e internazionale:
“Non conta la distanza per essere vittime di situazioni traumatiche. Questo lo mettono ben in evidenza i disegni dei bambini.
Confrontando i disegni fatti da bambine e bambini dell’Ucraina e quelli fatti dall’Italia, vediamo che in quelli italiani sicuramente l’impatto emotivo della guerra è più diluito, ma comunque lo si osserva. Vi è una difficoltà a trovare una trama narrativa nel disegno, qualche cosa si è interrotto. I colori sono presenti, ma non in una dimensione armonica: il foglio è come se fosse suddiviso in blocchi, uno contro l’altro”, spiega lo psicoanalista.
“Nei disegni delle bambine e dei bambini ucraini, il foglio è utilizzato in modo più unitario, ma il contenuto risente della perdita di vitalità. Sono tempi in cui il sapore e il cuore della vita si perdono. Non è un caso che troviamo questi disegni un po’ poveri di colore, viene disegnata solo una sagoma. Sono dei disegni immobili: una bicicletta ferma, un panda triste. Emergono quindi emozioni negative“, sottolinea. Un altro disegno mette in evidenza come i confini non riescono più a proteggere: “Un vaso con dei fiori che escono non solo dal foro principale, ma anche attraverso i confini del vaso stesso. Il confine quindi non conta più, è un tratto di matita che può essere cancellato, proprio come una invasione di una nazione nei confronti di un’altra”.
Caroppo spiega poi che “alcuni elementi, anche fisici, servono per proteggere: caschi enormi di capelli, che appesantiscono la testa ma che contemporaneamente la proteggono; cuffie sulle orecchie, che invece di emettere canzoni sembrano impedire l’ascolto dei rumori bellici; città che non sono piantate sulla salda terra, ma che addirittura sono immerse negli abissi, mentre sulla terra c’è soltanto devastazione bellica: da una parte un carro armato, dall’altra un incrociatore di guerra”.
“È difficile in questo momento immaginare che le bambine e i bambini, indipendentemente dalla distanza dal fronte, non risentano dell’impatto della guerra – dice lo psichiatra – La cosa importante però è notare che, accanto a tutti questi elementi che abbiamo messo in evidenza, sono comunque presenti anche disegni di un sole che splende, delle nubi che si diradano, di un topolino allegro che ritrova un trancio di formaggio per poterlo mangiare, di un gelato sulla spiaggia d’estate. Il dolore della guerra, l’inquietudine e l’angoscia del conflitto, ma anche la speranza di tornare a vedere brillare il sole riflesso anche nell’acqua del mare di una spiaggia, mentre si degusta un buon gelato. È fondamentale lasciare ai bambini la libertà di espressione, soprattutto attraverso il disegno che ci può aiutare a comprendere le loro emozioni, le loro paure e i loro sogni. #NonLasciamoIlFoglioBianco”, conclude.
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