Per capire i sensi di un’Olimpiade, che tutto contiene – bianco e nero, rock e classico – basta una frase da incidere sul cuore. Ha detto Sofia Goggia, argento vivissimo in discesa libera a 23 giorni dall’incidente terribile di Cortina che sembrava precluderle la partecipazione a Pechino 2022:
«Nella casetta olimpica, prima della ricognizione, ho visto i cinque cerchi e mi è scattata una scintilla di gioia: sono dove voglio essere e sono così grata che dentro ho sentito esplodere il cuore».
Sofia docet, con quel suo accento così bergamasco e così “mòla mia”. Sofia, con la sua medaglia a 16 centesimi dall’oro, ci invita alla meraviglia, al sogno (il suo era partecipare dopo la lesione del crociato), ad avere il cuore che insegue l’impossibile. Lei l’ha fatto, oltre lo sci, oltre la discesa di Yanqing. Lei è un inno alla vita dove niente è impossibile.
La spedizione italiana, che torna da Pechino con la bandiera a cinque cerchi pronta per Milano-Cortina 2026, ha avuto tutte le facce della vita: successi, lacrime, litigi, giornate di tensione, imprese storiche con 17 medaglie a un passo dal record delle 20 medaglie di Lillehammer 1994 (erano i tempi di Tomba, Compagnoni, Belmondo, Di Centa). Non un record ma un successo di certo, soprattutto perché mai dobbiamo dimenticare che queste medaglie nascono in un’Italia in cui la scuola non dedica spazio allo sport, le strutture sono fatiscenti e risicati i mezzi economici per far crescere i campioni.
Bellissime le ragazze azzurre: hanno messo cuore e gambe in 12 delle 17 medaglie totali, tenendo conto anche dei podi nelle gare miste. In generale, è stata un’edizione dei Giochi a forti tinte femminili: donne il 45% dei partecipanti (1.314 su 2.920, in crescita rispetto a PyeongChang 2018) e, grazie all’introduzione di quattro nuovi eventi con squadre miste, il 53% degli eventi della manifestazione ha avuto donne come protagoniste.
Arianna uber alles. Detto di sua maestà Sofia, con Nadia Delago terza alle sue spalle in una doppietta che mancava all’Italia da Salt Lake City 2002 (Daniela Ceccarelli e Karen Putzer in super G), l’altra wonder woman azzurra è Arianna Fontana, un oro e due argenti nello short track che la portano a 11 medaglie olimpiche conquistate da Torino 2006 a oggi. Nessuna atleta italiana come lei ai Giochi, davanti ha solo Edoardo Mangiarotti (13 successi nella scherma fra 1936 e 1956). Le lame dei suoi pattini hanno fatto a fette le avversarie e anche la stabilità della Federazione. Ogni alloro un bacio al marito-allenatore a bordo pista e ogni medaglia un’esternazione contro la federazione. Chi ha perso il filo? Arianna o la federazione? Però, niente scherzi in vista dei Giochi in casa.
La principessa di pietra. La medaglia più incredibile dell’Italia a Pechino 2022 è l’oro nel curling misto, tanto che il Cio ha deciso che la scopa italiana sarà esposta al museo del Cio di Losanna. Stefania Constantini e Amos Mosaner, lei la pace, lui il fuoco, compagni sul ghiaccio e non nella vita, campioni di tattica, colpo d’occhio e tecnica hanno sconfitto tutti. Davide contro Golia. Davide sì, perché il curling in Italia conta poco meno di 500 praticanti. A questa specie di gioco di bocce sul ghiaccio, Stefania si è avvicina da piccola grazie all’amica Giulia e ora siede sul trono più alto. Calma, sorriso sincero, una di noi.
Up and down. Bottino da campionessa completa, qual è, per Federica Brignone, un argento in gigante e un bronzo in combinata. Parole di sconforto e buio per l’oro mancato in SuperG ma il suo successo è per l’equilibrio dimostrato dopo le parole fuori luogo della madre Ninna Quario (ex sciatrice e giornalista) che se n’era uscita accusando Sofia Goggia di egocentrismo e altre assurdità. Federica ha spento il cellulare, si è isolata nella sua bolla, solo la combinata in testa. Ottava nella manche di discesa libera e ha rischiato tutto nello slalom fino al bronzo. Che vale quanto un oro per la maturità e la coscienza del proprio valore.
Daje, testa e cuore. Francesca Lollobrigida, Lollo per tutti, correva sulle rotelle e per allenarsi pattinava dietro le auto per le strade di Roma ma il sogno olimpico l’ha fatta traslocare sulle lame. Argento nei 3000 metri e bronzo nella mass start femminile, ha finalmente toccato il cielo olimpico con tutte le mani, le stesse nelle quali il Coni ha scelto di mettere il tricolore per la sfilata che ha chiuso i Giochi. Decisione perfetta per premiare chi non ha mai smesso di credere, allenarsi e sorridere. Se vi par poco.
Andare oltre. Portabandiera a sorpresa (e meritata) della cerimonia inaugurale, Michela Moioli era arrivata a Pechino per difendere l’oro di PyeongChang 2018 nello snowboard cross. Non è andata oltre la finale del 5° posto nella quale è pure caduta. Lacrime e disperazione. Ma si è rimessa subito sulla tavola e con Omar Visintin ha conquistato l’argento nel misto. Quando si dice donne d’acciaio.
Occhi di ghiaccio. Finalmente una medaglia olimpica tutta sua per Dorothea Wierer nel biathlon (aveva vinto due bronzi in staffetta a Sochi e PyeongChang). Occhi di ghiaccio e sangue freddo. C’era vento e neve fastidiosa, sembrava l’ennesimo scenario da beffa. Sci e carabina per un traguardo quasi stregato, irraggiungibile ma lei confessa tutta la sua felicità: «Alla mia Olimpiade do 9». Certe medaglie si pesano, non si contano.
Mamma continuità. I gregari fanno sempre la differenza: ecco Martina Valcepina, argento nella staffetta mista di short track (al debutto ai Giochi) con Arianna Fontana, Pietro Sighel e Andrea Cassinelli. Quarta Olimpiade, e ben tre – da Sochi 2014 a Pechino 2022 – con medaglia. E sempre, dopo le vittorie, ha regalato la prima telefonata a Camilla e Rebecca, le sue due gemelle nate dopo Sochi. Siamo mamme fortissime.
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