Stiamo ipotecando il futuro dei bambini e delle bambine?

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Il rischio di lasciare indietro chi è più fragile è il rischio di ogni emergenza e, con la pandemia, questo rischio non solo è diventato realtà nel pieno dei primi mesi di shock dopo l’arrivo del Covid-19 nelle nostre vite, ma a distanza di ormai due anni continua ad essere il nostro quotidiano. Se nei primissimi mesi è stato necessario “salvare il salvabile”, pensare alla sopravvivenza, il prolungarsi della pandemia sta provocando un ampliamento a dismisura delle disuguaglianze, un gap che più passa il tempo più rischia di essere insanabile, oltre che inaccettabile.

Il faro in questo momento è acceso sui bambini e sugli adolescenti: più fragili, perché hanno meno diritti in un mondo disegnato e pensato dagli adulti, più fragili perché il loro è un futuro da disegnare, che richiede investimento, cura, attenzione, da parte della singola famiglia come della società intera. Più fragili perché così li ha resi la pandemia, perché per molti di loro le possibilità di disegnarsi un futuro sono diminuite.

Pensiamo per esempio che nel primo anno di Covid, l’8% dei bambini e dei ragazzi italiani è stato escluso da qualsiasi forma di didattica a distanza. Una percentuale che sale però al 23% nel caso dei bambini e dei ragazzi con disabilità. Ma cosa sta succedendo in questa fase? Tra la confusioni, classi semichiuse, scuole a singhiozzo? Secondo il presidente dell’associazione dei presidi Giannelli in questo momento circa il 50% delle classi è in DAD. La stima è stata smentita dal ministro dell’Istruzione, Bianchi, che ha sottolineato come oltre il 90% delle classi sia in presenza. Certo, poi le difficoltà restano.

L’insegnante di mio figlio, autistico, mi ha chiesto di tenerlo a casa in questo periodo: tra alunni in DAD, alunni in presenza, caos organizzativo non riesce a gestire tutto. Proprio per lui, che di socialità ha bisogno più di chiunque altro“, racconta Laura (il nome è di fantasia, ndr), mamma di un ragazzo che frequenta la terza media. Quante sono le situazioni in zona grigia come questa, in cui la scuola non riesce a sostenere l’impatto dell’incertezza, delle regole, ancora della pandemia? “Noi ci siamo organizzati, abbiamo una insegnante che viene a casa, un tutor che lo segue e cerchiamo di supportarlo al meglio. Ma possiamo permettercelo, per questo siamo molto fortunati, non è così per tutti. E comunque la socialità e la rete della scuola, quella non possiamo proprio garantirla in nessun modo“, riflette L. E gli altri? Chi non ha queste possibilità economiche e ha una difficoltà da gestire?

Save the children è tornata a sottolineare proprio quanto la crisi economica sia rischiosa per il futuro stesso dei bambini e delle bambine: partendo dai dati sull’inflazione e dalla brusca impennata dei prezzi registrata dall’Istat, l’organizzazione internazionale dice che questi costi rischiamo di essere “una grave ipoteca sul futuro dei bambini più vulnerabili in Italia”.

L’aumento dei prezzi registrato è dovuto prevalentemente ai prezzi dei beni alimentari e di quelli energetici. Per le famiglie con figli e con una minore capacità di spesa, già sensibilmente colpite nel 2020 da un incremento della povertà assoluta a causa della crisi pandemica – pari a circa 150 mila nuclei con minori in più rispetto al 2019 – potrebbe significare un drastico peggioramento delle loro condizioni economiche”, ha dichiarato Raffaela Milano, direttrice dei programmi Italia Europa di Save the Children.

Si tratta di famiglie che appartengono alla fascia a basso reddito, per le quali la spesa incomprimibile – come quella per il cibo, per affitto, mutuo, bollette e riparazioni – assorbe oltre la metà del reddito disponibile, percentuale che per le famiglie povere arriva a sfiorare quasi il 90%. “Con la pandemia è già molto aumentato in Italia il numero di bambini, bambine e adolescenti che vive in condizioni di povertà assoluta: l’Istat certifica che nel 2020 sono 1.337.000 minorenni a trovarsi in questa condizione di disagio estremo. L’aumento dei prezzi relativo a beni primari rischia ora di essere devastante per i tanti nuclei familiari che già faticavano ad arrivare alla fine del mese, allargando ulteriormente lo spettro delle disuguaglianze. Per queste famiglie, si tratterà di dover cancellare, in primo luogo, quelle spese educative che sono essenziali per la motivazione e lo sviluppo dei bambini, delle bambine e degli adolescenti, legate alla fruizione di attività di tipo culturale, sportivo e ricreativo. È necessario quindi intervenire immediatamente perché un’intera generazione non debba vedere ipotecato il proprio futuro”, continua Raffaela Milano.

E’ in questa situazione che dobbiamo inquadrare gli allarmi che sentiamo ogni giorno, che riguardano la salute mentale e il benessere psicologico di bambini e adolescenti, che stanno subendo ora l’onda lunga della pandemia. Certo, lanciare un allarme è facile, ma l’incendio poi va spento: il peggioramento generalizzato delle condizioni economiche mette a rischio proprio i più fragili, quelli che hanno già a priori un problema in casa da gestire, che sia di salute fisica o psichica. In questo senso, fa specie la miopia del mancato inserimento del cosiddetto “bonus psicologo” nella Legge di Bilancio (ne abbiamo parlato qui), un contributo che non avrebbe certo risolto un’emergenza, ma avrebbe rappresentato un segnale e dato un’opportunità a chi non può permettersi l’accesso alle cure private e fatica a ricevere quelle di un sistema sanitario pubblico in affanno e appesantito dall’emergenza pandemica.

Nei primi mesi del 2021, solo per avere un’idea della portata dei problema, i ricoveri nei reparti di neuropsichiatria infantile sono già pari a quelli di tutto il 2019. E a questo, al ricovero, in molti casi si arriva perché il bisogno non viene intercettato prima: il malessere, il problema, il disagio arriva a esplodere nella sua forma più acuta, spesso con un accesso alle strutture sanitarie in pronto soccorso, perché né la scuola, né la comunità hanno saputo intercettare il disagio, il malessere, il problema psichico. E’ la rete, quella che il Covid ha indebolito, e senza rete chi è in difficoltà resta solo.

Tra gli interventi immediati da assumere, Save the Children propone la messa in campo di “ristori educativi”, pacchetti gratuiti di opportunità extra-scolastiche (attività culturali, attività sportive, soggiorni estivi, sostegno allo studio, sostegno psicologico) rivolti a studenti in condizioni di grave svantaggio economico”, dice Raffaella Milano di Save the Children. Un primo aiuto per chi vive le difficoltà economiche maggiori che rafforzi quindi questa rete e che consenta “di vivere esperienze educative di qualità che rafforzino la motivazione, l’autostima e le aspirazioni e prevengano la dispersione scolastica e la povertà educativa”, conclude Milano.

*** Articolo aggiornato il 19 gennaio alle 17,30 con le dichiarazioni del ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, in audizione dinnanzi alla commissione Cultura della Camera, ndr.

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