Sicurezza psicologica in azienda: ecco gli standard internazionali

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Quante persone si sentono sicure a condividere il proprio malessere emotivo sul lavoro? La sicurezza psicologica è quel senso di tranquillità nell’esprimere idee, vissuti, preoccupazioni, senza il timore di essere zittiti, mal interpretati, non ascoltati. Da oggi, una ISO (International Organization for Standardization) la certifica.

Qualche mese fa è stata pubblicata la nuova ISO 45003, che fornisce indicazioni sulla gestione della salute psicologica nei luoghi di lavoro. Lo fa in una più ampia ottica di rischio psicosociale, inserendo la salute mentale nella cornice della gestione della salute e della sicurezza e fa aprte delle norme internazionali che definiscono gli standard minimi di buona pratica per la protezione dei lavoratori in tutto il mondo (certificate, appunto, dall’Internationl Organization for Standardization).

Gli aspetti interessanti della ISO, al di là dell’illustrazione dei rischi psicosociali e delle indicazioni per mitigarli, sono tre: la centralità dei bisogni delle persone, la spinta alla destigmatizzazione della salute mentale a lavoro e il ruolo della leadership. Tutti elementi essenziali per garantire la sicurezza psicologica in azienda.

I bisogni delle persone
La ISO 45003 parte dal presupposto che il benessere al lavoro possa influenzare la vita al di fuori di esso, mettendo così in luce un approccio per nulla scontato. Che i domini di vita siano sempre più permeabili è ormai evidente. Esplicitare con chiarezza che il benessere sul lavoro influenzi il benessere complessivo della persona, e non solo viceversa, traccia però una direzione precisa. Lo standard prosegue illustrando infatti la necessità di comprendere i bisogni e le aspettative dei lavoratori, aspetti considerati essenziali per la gestione dei rischi psicosociali. Ecco allora che l’interiorità delle persone diventa strategica per la sicurezza in azienda. Mai prima d’ora si era esplicitato fino a questo punto il ruolo della dimensione psicologica in uno standard internazionale.

Destigmatizzare la salute mentale
Un paragrafo della ISO a sé, è dedicato all’awareness e alla relativa necessità di ridurre lo stigma e la discriminazione ancora diffusa in campo di salute mentale. Questo aspetto risulta se non altro innovativo. Viene presa una marcata posizione su un concetto ancora spesso taciuto, ossia il fatto che i lavoratori siano persone e che il fattore umano possa essere tanto un limite quanto una risorsa. Tutto dipende da come l’azienda decide di gestirlo.

Come ben espresso nel documento:

I fattori umani rappresentano le capacità e i limiti delle persone, e quindi sono rilevanti per il successo o meno della valutazione del rischio, dei controlli del rischio e della progettazione, implementazione ed efficacia delle attività o dei processi lavorativi.

La necessità, è dunque quella di integrare la dimensione umana e psicologica nelle prassi e nei processi organizzativi, riconoscendone il potenziale e legittimandone il ruolo. Solo così le persone si sentiranno davvero sicure di poter alzare la mano ed esprimere le loro difficoltà. Consce che l’azienda sia pronta, formata e sensibile per accoglierle.

Il ruolo della leadership
Un altro aspetto interessante della ISO 45003, è l’attenzione posta alla leadership. Il ruolo viene più volte richiamato per sollecitare un impegno non solo nella gestione dei rischi psicosociali, ma anche nella promozione del benessere al lavoro. Essenziale, si riporta, è il coinvolgimento attivo dei propri collaboratori e un dialogo aperto sui rischi di natura psicologica. Anche questo aspetto sembra dunque suggerire la necessità di normalizzare la salute psicologica, rendendola oggetto delle conversazioni e dei processi quotidiani. In questo, la leadership ha un compito strategico ed essenziale: quello di dare l’esempio e legittimare il fatto che si possa parlare di malessere emotivo. È solo a partire da chi è leader, infatti, che è possibile costruire un ambiente di lavoro sicuro da un punto di vista psicologico.

Un passaggio, quello della norma, sicuramente utile ed efficace. Ora sono necessarie decisioni all’interno delle singole organizzazioni, affinché diventi prassi comune dei decisori, adottare peopleanalytics e azioni volte alla prevenzione di disagi delle persone e anche alla costruzione efficace di ambienti capaci di superare la dicotomia work life balance.” Racconta Anna Zanardi, International Board Advisor e psicoterapeuta EAP (European Association for Psychotherapy). “Il lavoro è uno strumento essenziale ed esistenziale strettamente connaturato alla nostra identità  piu’ profonda. Il lavoro che guarisce (non che ammala) è la vera sfida della nostra società in futuro.”

Bisogni, normalizzazione e leadership, dunque. Sono questi i tre elementi fondanti della ISO 45003. A cui segue la classificazione dei rischi psicosociali in aspetti organizzativi, fattori sociali e componenti ambientali, fino a giungere a indicazioni operative per l’azienda. Il fine ultimo, quello di sviluppare le competenze necessarie ad identificare i rischi di natura psicologica, attraverso formazione, comunicazione, sensibilizzazione e supporto alle persone. Si apre così la strada per un’effettiva inclusione della salute mentale in azienda e una conseguente sicurezza psicologica diffusa.

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  • gloria |

    Molyto bello l’articolo che ha tracciato i punti salienti.Ma l’inclusione non riguarda solo chi ha problemi mentali ma chi non accetta il gruppo e chi difende le proprie idee , i valori che non fanno parte della massa.Inoltre oltre alla mafia illegale bisogna combattere quella legale che continua a creare discriminazioni, stalking e mobbing, dove tutti chiudono gli occhi e senza prove si lascia solo la vittima.Come la giornalista giustamente dice ci vuole educazione al rispetto della diversità, della umanità e alla sana socializzazione, con forze dell’ordine , giudici e procure formate e atte a debellARE QUESTI FDENOMENI CHE SONO PRESENTI ANCHE NEI rESPONSabili

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