Il ricorso sempre più massiccio alla chirurgia estetica da parte delle donne italiane e l’affermarsi di fenomeni nuovi come conseguenza della pandemia ha sollevato molti interrogativi che, da più parti, fa ritere urgente un approccio etico al desiderio di molte persone di cambiare il proprio aspetto grazie al bisturi. In ogni epoca uomini e donne hanno cercato di migliorare la propria fisicità, ma mai come in questo momento storico, complice l’intensità di messaggi amplificati dai media e dai social che spingono a idealizzare la bellezza (spesso mistificata dai filtri), l’attenzione al proprio aspetto fisico e il voler corrispondere a canoni precisi stra travalicando molti confini considerati eticamente accettabili.
Emblematici i casi limite della modella Lacey Wildd che per ottenere il primato del seno più grande del mondo si è sottoposta a 37 interventi di chirurgia estetica. Il giocatore d’azzardo Brian Zembic che per vincere una scommessa si è fatto inserire nel petto delle protesi in silicone. Senza dimenticare tutti gli interventi eseguiti dalla ‘sosia’ di Jessica Rabbit, le varie Barbie umane sparse per il mondo e il famoso Ken umano che dopo 58 operazioni ha cambiato idea e ha deciso di diventare una donna.
Stanno inoltre prendendo piede una serie di fenomeni che necessitano grande attenzione. Molti i casi di chi, seguendo i must imposti dai canoni di bellezza, si ritocca seno, bocca, denti e zigomi per diventare come le star che ammirano, con il triste effetto di ottenere un aspetto identico a tante altre persone, in stile catena di montaggio. Un altro trend in ascesa è il boom di “ritocchini” da parte degli under 30 desiderosi di rimanere sempre giovani (o giovanissimi) inseguendo l’effimera perfezione dei filtri di Instragram e degli altri social network. Definito dall’American Academy of Facial Plastic and Reconstructive Surgery (AAFPRS) ‘pre-juvenation’, indica l’attenzione dei ragazzi a controllare il naturale processo di invecchiamento anche per avere successo sociale, trovare lavoro o fare carriera.
E ancora più impressionante è l’aumento di richiesta di interventi da parte dei minori. A causa della pandemia si è poi diffuso un fenomeno che in America è stato battezzato come ‘zoom face’, il guardarsi attraverso la telecamera di un monitor per via dello smartworking, webinar, delle conference call ha amplificato la percezione dei nostri difetti fisici e ha determinato un’impennata di richieste di interventi su bocca, denti e decolté che secondo gli esperti del settore dall’inizio della pandemia ad oggi hanno avuto un incremento del 30%.
L’Italia ha conquistato il primato di primo Paese europeo per interventi di chirurgia estetica e – secondo lo studio dell’International Society of Aesthetic Plastic Surgery (Isaps), l’associazione internazionale di chirurghi plastici estetici – nel 2020 si è posizionata al quinto posto nel mondo per numero di interventi chirurgici eseguiti. In pole position vi è la mastoplastica additiva (+15,8%), richiesta da circa 22 mila donne italiane. Ed infatti il seno la parte del corpo che le italiane vorrebbero rimodellare attraverso la chirurgia estetica perché giudicato piccolo o non più pieno e alto come una volta. In base al Breast Size Satisfaction Survey, il più grande studio interculturale mai intrapreso per esaminare l’immagine del corpo femminile, è emerso, inoltre, che 7 donne su 10 quando si guardano allo specchio non si piacciono, provano un senso di frustrazione e tristezza.
La voglia di ritocco tocca la sfera intima e psicologica. Il chirurgo estetico: primo step è stabilire un contatto umano
Il desiderio di un intervento di chirurgia estetica molte volte, infatti, non è confinabile ad una questione di méra bellezza fine a se stessa. Ci sono aspetti che toccano profondamente la sfera intima e psicologica della persona che vanno gestiti con estrema cautela perché rappresentano la manifestazione di un malessere più profondo che il chirurgo non può e non deve trattare.
Secondo il chirurgo internazionale Luciano Perrone, medico associato AICPE (Associazione Italiana di Chirurgia Plastica Estetica) voler ricorrere alla chirurgia estetica, nella maggioranza dei casi “non è un vezzo ma nasconde significati molto più profondi”. Le donne spesso “non hanno un problema prettamente estetico, non vogliono solo essere più belle o avere un bel seno. Vogliono la libertà, vogliono ‘voltare pagina’ e lasciarsi alle spalle un periodo difficile, infelice o un’esperienza negativa”.
“Quando vengono nel mio studio – ha raccontato il chirurgo – il primo step e buona parte della visita, consiste nell’ascoltarle. La visita pre-operatoria è fondamentale. Oltre alla valutazione clinica, va stabilito un contatto ‘umano’. La parte più importante e difficile di una visita è proprio riuscire a interpretare ciò che non viene detto, capire i sogni e i desideri nascosti dietro gli occhi dei pazienti, ciò che nelle loro menti è ancora soltanto un’idea, un’immagine sfumata in bianco e nero, per poi riuscire a trasformare quell’idea in forme armoniose”.
È importante, secondo Perrone, “creare un rapporto stretto con ogni paziente, prenderla per mano e seguirla nel tempo perché – ha precisato – sono convinto che il chirurgo estetico deve essere un confidente e saper andare oltre. Deve saper valutare i desideri della donna che ha di fronte e saper consigliare, di volta in volta, piccole correzioni che facciano sentire la paziente più sicura di sé, più affascinante, più donna”. Tuttavia, ha proseguito, “è dovere del chirurgo estetico guidare la paziente e indirizzarla con tatto ed empatia verso il trattamento più utile. Il chirurgo deve riuscire a spiegare con chiarezza le caratteristiche dell’operazione o del trattamento e del post operatorio, descrivere il risultato che si può ottenere, così come anche i limiti della procedura, spiegarne i rischi e gestire le aspettative. Alla fine della visita la paziente dovrebbe sentirsi tranquillizzata e compresa, senza dubbi o per lo meno non in imbarazzo a porre altre domande”.
Il primo campanello d’allarme, secondo il chirurgo, “deve essere l’analisi del paziente per capire se la persona è affetta da dismorfofobia, un tipo di fobia che porta a vedere come distorti alcuni tratti del proprio corpo. ‘Dottore non esco di casa da due anni a causa del mio seno piccolo’ oppure ‘in casa ho coperto tutti gli specchi pur di non vedere più il mio corpo’, queste sono frasi che devono accendere un alert poiché, in questi casi, i disagi estetici sono la manifestazione superficiale di un malessere più profondo che il chirurgo non può e non deve trattare”. Naturalmente tutti i pazienti che fissano un incontro con un medico estetico sono spinti da una insoddisfazione legata alla propria fisicità “ma un professionista esperto deve distinguere una frustrazione sana e criteriata da una di tipo patologico”, ha chiarito lo specialista.
Il chirurgo: serve un approccio etico che disciplini la professione
“Serve quindi un approccio etico che disciplini la professione e possa garantire la reale serenità e soddisfazione del cliente”, ha avvertito Perrone augurandosi che “questa proposta venga discussa con le varie associazioni nazionali e internazionali che disciplinano la professione”.
Il chirurgo estetico, ha infatti spiegato Perrone, deve avere delle regole “estremamente rigide” perché, “con l’aumento delle richieste, ci si confronta sempre di più con pazienti che richiedono interventi di chirurgia plastica sulla scia di condizioni personali particolari e non per bisogni oggettivi”. Ad esempio, ha sottolineato, “non si può sempre dire di sì al paziente e assecondare ogni sua richiesta. Il chirurgo plastico deve anche essere capace di dire no ad alcune richieste dei pazienti quando questi sono spinti da motivazioni sbagliate e non comprendono che non sarà l’intervento a cambiare la loro vita, e non sarà l’intervento a renderli più felici”. Quindi, anche se potrebbe sembrare una provocazione, secondo il chirurgo, andrebbe stabilito “un numero massimo di interventi eseguibili su ogni singolo paziente”. È necessaria, quindi, “una grande professionalità da parte del chirurgo che, oltre a essere estremamente preparato, deve sapere come trattare pazienti che non sono mossi da bisogni profondi”.
Parlando di etica nella professione, Perrone ha voluto sottolineare come in questo aspetto sia da includere il contesto nel quale il chirurgo estetico opera. “Esercitare in strutture altamente attrezzate è una garanzia di qualità e sicurezza per il paziente oltre che di alta professionalità del chirurgo. Troppo spesso, infatti, capita di venire a sapere di interventi andati male perché eseguiti da personale non esperto e/o in strutture non adeguate”.
Il ruolo del chirurgo estetico, ha spiegato, “è spesso associato a operazioni ‘vacue’ e tendenti a soddisfare la propria vanità. In realtà, se ha esperienza e capacità, la sua vera missione è quella di preservare e correggere la forma anatomica verso un aspetto naturale e armonioso. Nulla a che vedere con l’assecondare idee bizzarre di pazienti spinti da una visione distorta e patologica del proprio corpo o da una non oggettiva necessità sulla scia di motivazioni sbagliate, senza comprendere che non sarà l’intervento a cambiare la loro vita, e non sarà l’intervento a renderli più felici”. Questi casi, quindi, “non hanno nulla a che fare con la finalità della chirurgia plastica e della chirurgia estetica, anzi rappresentano proprio il confine che non si dovrebbe superare per accontentare le richieste del paziente. Un approccio etico al nostro lavoro così bello, gratificante e delicato – ha detto – è l’unico modo per garantire la tutela e la serenità del cliente e del chirurgo”.
Cresce la richiesta di ritocchi fra i giovani, il chirurgo deve vietarli ai minori
Un altro fenomeno in ascesa è il boom di richieste di interventi da parte degli under 30 desiderosi di rimanere sempre giovani. “Il viso è un libro aperto, i segni d’espressione sono parole e spesso mettono di cattivo umore. Il tempo segna costantemente il nostro corpo, il nostro viso cambia giorno dopo giorno, ma spesso ignoriamo i primi segni subdoli e ce ne rendiamo conto solo quando i segni dell’invecchiamento diventano chiaramente visibili”, ha affermato Perrone, sottolineando che “non conviene attendere che il procedere del tempo renda l’immagine riflessa allo specchio insostenibile, ‘mantenersi giovani’ è sicuramente meglio che ‘tornare giovani’, richiede meno sforzi e si ottengono risultati migliori e per questo motivo che l’età media delle donne che si avvicinano alla medicina estetica è diminuita negli anni”.
A destare però molta preoccupazione è la richiesta di interventi di chirurgia estetica anche fra i minori anche quando non nascono da un reale bisogno. Secondo il Breast Size Satisfaction Survey ogni anno vengono eseguite in Italia 850mila operazioni e il 15% delle ragazze ha meno di 18 anni. “Bisogna evitare la chirurgia estetica nei minori, a parte casi particolari come possono essere orecchie a sventola, gigantomastia e pochissime altre condizioni – ha ammonito lo specialista – oggi la legge italiana vieta le protesi al seno nelle giovani e il chirurgo deve saper dire di no a quei ritocchi che un minorenne può avanzare se non nascono da una reale necessità”.
Stop a persone tutte uguali stile catena di montaggio
È necessario, inoltre, secondo il chirurgo, prendere le distanze dalle metodologie di lavoro in stile catena di montaggio che ‘danno vita’ a persone tutte uguali, come se fossero fatte in serie. La vera chirurgia estetica, infatti, è quella che non si vede. Quella che si basa sull’armonizzazione delle forme. Infatti, è sempre più frequente vedere persone dai tratti simili, una uguale all’altra.
Siamo di fronte a “un trend che attesta il pericoloso desiderio, in molte persone, di cambiare radicalmente il proprio aspetto esteriore, grazie al bisturi. Il fenomeno – ha spiegato Perrone – oggi riguarda in maniera trasversale tante donne comuni, dalla casalinga all’imprenditrice e dalla ragazzina alla settantenne. Il motivo principale per cui uomini e donne decidono di sottoporsi a un intervento di medicina estetica è la necessità di sentirsi bene con sé stessi e di affermare la propria unicità”. Tuttavia, secondo il chirurgo, “la chirurgia estetica è un’arte che se fatta bene non si deve neanche vedere. Perché come dico sempre c’è qualcosa di peggio dei ‘segni del tempo’, che sono i ‘segni del bisturi’, di una chirurgia volgare e finta”.
L’immagine attraverso lo schermo: esplode il fenomeno dello ‘zoom face’
La pandemia, con la diffusione dello smartworking e delle conference call, ha fatto esplodere il fenomeno dello ‘zoom face’. “Lo schermo è diventato il nostro specchio 2.0 – ha detto Perrone – abbiamo dovuto rimodulare la nostra immagine attraverso le telecamere e lo schermo del pc che però, distorcendo le immagini, hanno amplificato la percezione dei nostri difetti. Gran parte dell’attenzione, ovviamente, si è incentrata sul viso e sul decolté, ovvero le parti che più delle altre sono inquadrate dal monitor. Parliamo degli occhi con interventi di blefaroplastica, passando al filler per le labbra oppure ai denti con le faccette dentali”.
Ma soprattutto ben 7 donne su 10 secondo il Breast Size Satisfaction Survey, hanno dichiarato di essere insoddisfatte del proprio seno. “Non sorprende che una percentuale così elevata di donne individui proprio nel seno l’oggetto della loro maggiore insoddisfazione. Il seno è femminilità, è ciò che, più di ogni di altra cosa, nel senso comune, identifica e contraddistingue una ‘donna’ in quanto tale. L’intervento di mastoplastica additiva infatti – ha riferito – è oggi l’intervento di chirurgia plastica più richiesto a livello mondiale (Fonte Sicpre). Un seno piccolo, asimmetrico o poco pieno, infatti, può creare complessi in grado di bloccare una donna e impedirle di vivere una vita serena e piena. Però, prima di sottoporsi a un intervento di mastoplastica il chirurgo deve tener presente che ogni donna ha un’esigenza specifica, il trattamento deve essere quindi soggettivo e personalizzato a seconda di questioni soggettive del corpo e dello stile di vita della paziente”.
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