Donne dell’antichità parlano alla contemporaneità, e la Storia è così vicina: Iulia Domna della leadership, Elena di Sparta della scoperta di un’altra bellezza. La prima è la donna che passò dall’essere una sconosciuta adolescente nelle sconfinate province orientali ad augusta imperatrice.
“La prima first lady della storia”, Iulia Domna, è la figura al centro del romanzo storico “L’imperatrice che sfidò gli dei” di Santiago Posteguillo, che immerge nel mondo romano, dando vita a una donna forte e intelligente, che si dedica alla politica senza perdere la femminilità e che ha il coraggio di sfidare gli uomini più potenti, ma anche gli dei. Imperatrice filosofa, sposa di Settimio Severo e madre di Geta e Antonino (futuro imperatore Caracalla) nel 217 d.C. è al culmine del potere. Ha creato e consolidato una dinastia. Ma nonostante sia riuscita a sconfiggere i nemici che si opponevano alla sua ascesa al potere, nell’Olimpo non è amata da tutti.
Giove pone fine alla disputa che divide gli dei nei confronti dell’imperatrice, decide che Iulia deve superare cinque prove mortali per mantenere il potere di Roma, tra cui il dolore fisico, la sofferenza per un cancro. La prima prova riguarda il tradimento del politico Plauziano, che accresce il potere a dismisura, si arricchisce, preferirebbe che le donne non intervenissero negli affari di Stato. Ambisce ad annientare Settimio Severo, il marito per cui Iulia dimostra sempre amore, ma combattendo e costruendo una strategia in sua difesa.
La seconda è la prova più dura, ed è il brutale confronto, alimentato dall’invidia e dal senato, tra i figli Antonino e Geta: il primo ammazza il fratello, pianificando un’imboscata nella quale la madre rimane ferita, e lui muore tra le sue braccia intrise di sangue. L’imperatrice conserva l’intelligenza e il coraggio per guidare la nave in mezzo agli intrighi: i confini di Roma perennemente minacciati, le congiure di senatori ambiziosi.
Iulia è violenta quanto Antonino, ma a differenza del figlio, suo primogenito ribattezzato Caracalla, sa controllarsi, bilanciare le proprie azioni, calcolare le opportunità. Impara a gestire gli affari di Stato, il potere a Roma e nell’intero impero.
Nella prova sulla pazzia, ordina di assassinare le quattro vestali con cui Caracalla è giaciuto, un ordigno tramato dalla Curia, per cui il figlio non riesce più a unirsi con una donna, arrivando a consumare un rapporto con lui.
Il nome dell’ ultimo nemico di Iulia è un nodulo al seno, un cancro.
Vinta dalla malattia, va nel regno dei morti, e sulle sponde dello Stige, traghettata da Caronte insieme al suo amante fedele Quinto Mecio nel segno di “un amore al di là della morte”, assiste alla vendetta architettata in vita contro l’usurpatore Macrino, prima che il Senato ordini la sua divinizzazione e in forma d’aquila raggiunga il marito Severo nell’Olimpo “tra le rare auguste romane”.
Giuseppina Norcia è una grecista, raccontatrice di miti, e la sua sfida nel libro “A proposito di Elena” è quella del fascino e dell’enorme disprezzo, il pregiudizio sulla bellezza femminile. A cavallo tra umanità e divinità, Elena è donna e dea, che parla alla contemporaneità. Continuiamo a guardarla come un trofeo, oggetto del desiderio di Paride, che scatena la guerra, una supplice: l’effetto della bellezza sugli altri è incantamento, riguarda l’abilità di possedere e quindi il supplizio.
Nel ritratto di Norcia appaiono i volti di Afrodite a luci rosse, la dea dell’amore, la cui seduzione rapisce la mente dell’uomo; Elena come “Lolita dell’antichità”, maitresse, maestra di erotismo. L’autrice indaga il fascino del potere che si sprigiona dalla bellezza, l’uso e abuso del corpo, la fabbrica della propaganda bellica, la bellezza da possedere a tutti i costi, da consumare, mercificata o asservita al potere come strumento di seduzione.
“Elena va riabilitata da oggetto del desiderio a soggetto – sostiene Norcia – a femmina, donna”. L’autrice traduce le sensazioni carnali del rapporto fisico con la bellezza come regno dell’illusione, teatro demoniaco, specchio di inganni, oltre a quello platonico, più noto, della bellezza dell’anima.
E poi ci sono le interpretazioni della sua figura nella contemporaneità, come
dietro alla riflessione di Simone Weil, nel dire che per i nostri contemporanei il ruolo di Elena spetta a parole ornate di maiuscole: “Parole cosi astratte che quando le stringiamo svaniscono e perdono consistenza. Sono vuote di senso oppure gonfie di lacrime, di sangue, di dolore, perché in loro nome sono compiute stragi immani”.
Per questo è indispensabile una rivoluzione del linguaggio, in cui le parole sostengano la vita, anche per Giuseppina Norcia. Virginia Woolf nel saggio “Pensare la pace durante un raid aereo” parla dell’uso della bellezza per schiavizzare il corpo, miraggio della gloria: si tratta di “Hitlerismo inconscio”, una bellezza al servizio del conflitto, dell’indistinguibile desiderio di dominare.
Nelle parole di Camus Elena diventa specchio per narrare la perdita dell’identità e misura: l’esilio di Elena “suona come una condanna”, il contrasto del rapporto tra la città dove Elena è messa in vetrina e la rivoluzione umana che occorre, di un ritorno all’origine per scoprire la sacralità della vita: “Deponete al suolo le armi. Ascoltate. Li sentite i battiti? È Vita che rinasce”.
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Titolo: “L’imperatrice che sfidò gli dei”
Autore: Santiago Posteguillo
Traduttrice: Adele Ricciotti
Editore: Piemme
Prezzo: 19,90 euro
Titolo: “A proposito di Elena”
Autrice: Giuseppina Norcia
Editore: VandA edizioni
Prezzo: 14,00 euro
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