L’articolo di Ester Viola dal titolo emblematico “Cari genitori, il vostro adolescente ciuccio non è una vittima dei prof.” ha riaperto un antico dibattito sui modelli educativi, ritornato più che mai attuale a causa della didattica a distanza e annessi problemi.
Meglio lasciare che si arrangino o stargli di fianco mentre rischiano di perdersi dentro uno schermo? E’ più giusta una ferrea disciplina o un atteggiamento comprensivo, difronte e un rendimento altalenante?
La mamma tigre
Chi di voi ha più di 40 anni si ricorderà lo shock provocato da “Il ruggito della mamma tigre”, libro scritto nel 2011 da Amy Choua. La docente di Yale in poco più di 200 pagine ha spazzato via mezzo secolo di pedagogia progressista, tutto il pensiero “politically correct” sulla psicologia infantile dal metodo montessoriano al dottor Spock.
La “mamma tigre” crede che il modo migliore per proteggere i figli non sia rassicurarli continuamente, assecondarne le predisposizioni ed evitare loro le difficoltà, ma al contrario promuovere i valori dell’abnegazione e del raggiungimento dell’obiettivo più alto, dove la priorità è sempre e comunque lo studio assiduo e i relativi compiti con un sano spirito di competizione. Altro che difendere il figlio davanti a brutti voti, o interferire nel lavoro di un professore: la mamma tigre esulterebbe per la sentenza della Cassazione (14958/2021) che riconosce il docente come pubblico ufficiale e punisce i genitori troppo protettivi, che arrivano ad offendere e minacciare pur di far promuovere il “pargolo”.
La mamma chioccia
Questo è quello che farebbe invece una “mamma chioccia”, onnipresente nella vita dei figli per spianargli la strada, eliminando buche e ostacoli, e difenderli sempre e comunque. Una tentazione tanto più forte durante la fase di lockdown e di dad: parole ormai familiari che per i nostri figli hanno significato la perdita della libertà e dell’autonomia e per noi genitori – impreparati davanti ad un periodo di incertezze mai viste prima – hanno comportato un maggior grado di ansia e paura.
Sentimenti di per sé più che legittimi : come non arrabbiarsi se l’insegnante chiede al figlio in dad di bendarsi durante un’interrogazione o se – appena tornato in presenza dopo un anno a singhiozzo – i professori fissano interrogazioni “a raffica”? O ancora come non preoccuparsi quando é lui – nel pieno rispetto delle regole – che vuole vedere gli amici al parco, e sappiamo che poi ci scappa anche la birretta di gruppo?
La mamma sentinella
Quello che dobbiamo forse ripensare è come gestire questi sentimenti, oggi più che mai. E definire un nuovo modello, intermedio. Un compromesso per sopravvivere a questo difficile periodo, che potremmo chiamare quello della mamma sentinella. Vigile e resiliente, per usare gli stessi termini della politica, intesa nel senso migliore del termine. Supportare senza difendere a spada tratta, saper cogliere i segnali di difficoltà senza intervenire a gamba tesa, dosare con equilibrio interventi verso la scuola e verso di loro, con pazienza ed ascolto.
Facile a dirsi, complicatissimo a farsi. Ma forse vale la pena provarci, perché la “nuova normalità” è una ripartenza dove bisogna riscrivere le “regole del gioco” ed è quindi un’opportunità unica – faticosa sì ma anche stimolante – di ripensare il rapporto con i nostri figli e i genitori che vogliamo essere.