Alla ricerca di un nuovo modo di essere padri

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Cosa sono e cosa non sono più i papà di oggi? Quali papà festeggiamo? Ruoli evaporati, “crisi del maschio”, autorità mancata, sono tutti temi al centro del dibattito ormai da tempo. Ma il ruolo paterno, con tutti le rivoluzioni viste nelle ultime generazioni, con gli aspetti che si sono persi e quelli che si sono guadagnati, ha tante potenzialità ancora da sfruttare.

Dal padre-padrone al “figlio padrone”
Siamo ormai – e per fortuna – molto lontani dal classico modello del padre-padrone che abbiamo visto prevalere fino a tutto il Novecento: una figura fondamentalmente assente dal percorso di crescita dei figli, il cui ruolo educativo si traduceva sostanzialmente in comandi e punizioni. I bambini lo temevano e molto spesso era anche affettivamente distante e irraggiungibile. Finita quell’epoca, si è assistito al progressivo “ammorbidimento” della figura paterna, o meglio delle figure genitoriali in generale, un lento cambiamento attraverso il quale siamo giunti ad un altro estremo: l’epoca del “figlio-padrone”.

Le intenzioni partivano buone: evitare gli errori del passato, utilizzare tutte le nuove informazioni sul benessere dei bambini che sono circolate negli ultimi decenni, porre attenzione ad una loro crescita sana ed equilibrata e mettere al centro il loro benessere. Ma oggi ci troviamo spesso a che fare con bambini – e adolescenti – travolti da un eccesso di cure, ansie, paure e dubbi che i genitori gli trasmettono, rinunciando però contestualmente, in particolare i padri, a un vero e proprio ruolo educativo.

Ai bambini troppe domande e troppe poche risposte
Vediamo sempre più spesso bambini e bambine che impongono le regole in famiglia, che vengono caricati di responsabilità su scelte per compiere le quali non possiedono gli strumenti necessari. Si trovano a dover rispondere, a due-tre anni, a domande del tipo: “Cosa vuoi mangiare?”, o: “Dove vogliamo andare in vacanza?” o: “Che nome vuoi dare al tuo fratellino?”. Scelte che, in realtà, non spetterebbero a loro, per l’età che hanno.

Accade di frequente, inoltre, che vengono spiegati con troppe parole i “no” e che siano posti davanti a mille altre sfumature delle decisioni adulte. A quell’età, il cervello che permette un pensiero astratto non è ancora sviluppato, e sono proprio impossibilitati a capire i nostri ragionamenti, non ha alcun senso quello di farglieli se non quello di placare le ansie degli adulti.

Il risultato è trovarci con bambini ancora più confusi, stressati e “capricciosi”, perché il loro bisogno primario è in realtà quello di essere direzionati e guidati, di avere dei punti di riferimento saldi che sappiano quale sia il meglio per loro e glielo propongano, detto in gergo psicologico di essere “contenuti”. Una volta assimilati, quei punti di riferimento diverranno la capacità di trovare un riferimento in se stessi. In caso contrario, ecco che bambini così potranno diventare adolescenti fragili e affaticati.

Il paterno, o il viaggio verso il mondo
Il ruolo materno e paterno sono e, a mio avviso, devono, rimanere distinti, indipendentemente da quali figure di accudimento li esercitino. La madre, o chi svolge il ruolo tipico del materno, in termini psicologici è colei che nutre, si prende cura, custodisce, protegge. I cuccioli umani hanno bisogno di queste funzioni per molto tempo, perciò all’inizio della vita sono prevalenti, in particolare per tutto il primo anno.

Il padre si inserisce gradualmente, ma ha un ruolo altrettanto centrale: da un lato è quello che piano piano separa la vita simbiotica di madre e figlio, e dall’altro è colui che lo traghetta verso il fuori, verso il mondo, aiutandolo a gestire le difficoltà ed a scoprire le proprie risorse. L’immagine più immediata, e che forse appartiene un po’ alla vita di tutti, è un papà che insegna al figlio ad andare in bicicletta. Il padre dovrebbe avere un ruolo più decisivo anche nel mettere confini, cioè limiti, regole, che non sono impedimenti, ma definizione di spazi in cui potersi muovere liberamente. In adolescenza vanno continuamente rinegoziate ma rimangono imprescindibili, per evitare pericolose cadute nel “senza limite”.

Il padre che festeggiamo il 19 marzo ha delle potenzialità mai viste prima: può assumersi in pieno il suo ruolo e portarlo avanti con vicinanza e amore, senza autoritarismi ma con autorevolezza, e offrendo se stesso come esempio.  Un essere umano, non ideale o perfetto, come nessuno lo è, ma qualcuno che è riuscito ad affrontare le inevitabili difficoltà del vivere dando forma comunque a se stesso.

Come ha detto lo psicanalista Massimo Recalcati, che da tempo scrive sulla cosiddetta “evaporazione” del padre, e offre soluzioni alternative per trasformare e rendere pregnante il ruolo paterno nel mondo di oggi: “I figli hanno bisogno di testimoni che dicano loro non qual è il senso dell’esistenza, bensì che mostrino attraverso la loro vita che l’esistenza può avere un senso”.

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