Scritto con Francesca Borgonovi, senior analyst – education for inclusive Societies Ocse
‘Il fallimento è una parte del successo. E se sbaglia Zlatan puoi sbagliare anche tu’”. Il monologo del campione Ibrahimovic sul palcoscenico dell’Ariston alla finale del festival di Sanremo avrebbe potuto toccare vari temi, e si è invece centrato su questo messaggio, potente. Il “non fare” per paura di non riuscire, è il più grande degli sbagli. In altre parole, ragazzi, provateci! Bellissimo.
E le ragazze? Sarebbe interessante misurare l’effetto di questa esortazione, che ha raggiunto 11 milioni di persone, su di loro. Perché la questione della paura di sbagliare nelle donne è profonda, comincia prestissimo ed è al cuore di molte dinamiche che, nel corso della loro vita, le trattengono indietro. Come dimostra uno studio del Columbia Business School’s Motivation Science Center, le ragazze tendono infatti ad essere educate a pensare che il talento sia una questione innata, più che il risultato obiettivo di un percorso fatto di tentativi come sono invece soliti vederla i ragazzi. E che l’essere brillanti sia soprattutto una caratteristica maschile come evidenziato da uno studio pubblicato su Science.
Purtroppo alcuni degli ambienti dove gli stereotipi di genere dovrebbero essere ridotti e combattuti, come le classi scolastiche, spesso non riescono ad assolvere a questo ruolo e contribuiscono invece a riprodurre e rafforzare stereotipi. Ad esempio uno studio pubblicato sul Journal of Personality and Social Psychology ha rilevato che gli insegnanti, in seguito a un fallimento dei loro alunni, tendono a fornire agli studenti maschi un feedback basato sullo sforzo, mentre per le ragazze il focus è sulle abilità. Quando invece gli alunni ottengono un risultato positivo, il feedback declinato al maschile riguarda le capacità, mentre per le ragazze si fa riferimento al buon comportamento.
Guardiamo all’Italia. L’ultimo studio internazionale OCSE-PISA mostra che le adolescenti hanno molta più paura di sbagliare dei loro coetanei maschi considerando il fallimento come qualcosa di cui vergognarsi. Ad esempio il 69% delle ragazze indica di aver paura di fallire per timore che evidenzi la mancanza di talento, contro il 49% dei ragazzi, e il 64% delle ragazze dichiara di dubitare dei propri piani per il futuro in seguito a fallimenti, mentre solo il 51% dei ragazzi dichiara lo stesso.
Le differenze di genere nella paura del fallimento certamente non sono dovute a differenze di capacità: le ragazze tendono ad avere risultati migliori a scuola eppure dubitano di loro stesse anche quando i risultati dei test dimostrano pari capacità in comprensione dei testi o matematica. La paura di fallire sembra essere addirittura più alta nelle ragazze con i più alti livelli di competenze. Ed il problema è in crescita. Le differenze di percezione che ragazzi e ragazze hanno di se stessi si sono approfondite, a dimostrare che nonostante la crescente attenzione sul tema della parità di genere, stereotipi e condizionamenti sociali pesano e tirano giù la possibilità di un cambiamento.
Il divario di genere nella paura di fallire non è comunque un problema solo italiano. Lo studio ha chiesto alle ragazze e ai ragazzi che hanno partecipato di dire quanto fossero d’accordo con le affermazioni: quando sto fallendo, mi preoccupo di quello che gli altri pensano di me; ho paura che fallire mostri che non ho abbastanza talento; fallire mi fa dubitare dei miei piani per il futuro. Proprio in quei Paesi dove la parità di genere è maggiore, le ragazze esprimono maggiore paura di fallire dei loro coetanei maschi. Ad esempio in Finlandia il 53% delle ragazze ma solo il 30% dei ragazzi dichiara di dubitare dei propri piani per il futuro in seguito a fallimenti. Fin dai primi anni di scuola, l’ansia di sbagliare si installa.
Nel paracadute che ha permesso al Rover Perseverance di arrivare su Marte era nascosto il messaggio ‘Dare mighty things’, ‘Osa cose potenti’. Se il motto della NASA è stato per tanto tempo “Fallire non è una opzione possibile”, il paradigma si è stravolto ed il mantra oggi è “Sbaglia presto, sbaglia bene”. Perché è questa la formula per riuscire ad andare dove non si è ancora stati, per passare da “zero a uno”, per innovare ed avvicinarsi al futuro. Ecco perché è necessario iniziare a raccontare il fallimento in modo diverso, incoraggiandolo, liberandolo dalla percezione fatalista che sia un punto finale, senza seconda chance. E soprattutto integrando lo sbaglio nella traiettoria dell’imparare per facilitare, fin dall’infanzia, una familiarità con l’errore come un punto di partenza e un’ opportunità per migliorare.
In questo 8 Marzo di incertezza, guardando ad una ripresa che non può aspettare, c’è bisogno che sempre più donne e uomini si sentano liberi di osare e immaginare soluzioni nuove, e abbiano le condizioni per farlo. Preparando il domani. Perché i progressi del passato rispetto alla parità di genere siano consolidati, dando modo alla generazione che arriva di stabilire nuovi traguardi. Ricominciamo dalle bambine, e dal loro coraggio e un po’ di insolenza.
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