Lavori del futuro, Emilia Garito l’AI shaper per un’innovazione etica

cuore

Che impatto ha l’etica sull’intelligenza artificiale (AI)?

“Bisogna sviluppare un senso etico dell’uso delle tecnologie, una cultura economica che faccia comprendere l’importanza del creare valore, non in maniera speculativa o fine e se stessa, bensì in un’ottica di redistribuzione del valore

Ci risponde Emilia Garito, ingegnera informatica e ceo di Quantum Leap, uno dei primi “patent broker” italiani leader in technology transfer e open innovation. Garito ha un curriculum di tutto rispetto: specializzata in System Dynamics (modellazione di sistemi complessi), ha lavorato nel gruppo Leonardo Finmeccanica prima come project manager nell’ambito dei sistemi radar e command and control combat systems per l’Aeronautica Militare Italiana e poi come sales manager per i Paesi Nato.

emiliaNon solo. È stata membro della Task Force sull’Intelligenza Artificiale promossa da AgID (Agenzia per l’Italia Digitale) ed inserita dalla rivista specializzata StartUp Italia nella lista delle 150 imprenditrici, scienziate e donne dell’Innovazione in Italia per il 2017. Una delle più importanti esperte di Intelligenza Artificiale a livello europeo, “Expert” della Research Executive Agency della Commissione Europea per la valutazione dei progetti Horizon 2020 nel settore dell’Intelligenza Artificiale e della Robotica. Ingegnera e inventrice, con un passato di studi umanistici in filosofia, sarà forse per questo che guarda all’innovazione e alla tecnologia senza perdere di vista le implicazioni etiche.

Garito pone l’accento sull’innovazione inclusiva, persona-centrica, attraverso la quale progettare una società più forte e non per pochi, una Società 5.0. La vera scommessa sarà quella di disegnare delle normative omogenee e recepite da tutti i Paesi che impongano alle aziende lo spostamento di parte delle risorse finanziarie verso lo sviluppo di AI finalizzata alla risoluzione dei problemi, piuttosto che solo all’aumento del profitto.

Ma in che modo?

L’AI shaper, in questo contesto, potrebbe essere fondamentale. Lo shaper è colui che indica la forma che deve avere l’AI ancora prima di progettarla, indirizzandola verso applicazioni d’uso corrette. L’AI shaper deve avere cognizione degli impatti che un uso sbagliato dell’intelligenza artificiale potrebbe generare e deve condurre i progetti di ricerca industriale verso applicazioni sostenibili.

Le istituzioni e le multinazionali si devono fare fautrici di una crescita sociale che tenda ad assottigliare le disomogeneità, sia in termini di opportunità per l’individuo che di sviluppo dei singoli Paesi.

L’AI shaper è neutrale, che sia interno o esterno all’organizzazione, deve poter ricoprire un ruolo libero e indipendente. È una figura che fonde in sé la sfera umanistica e quella tecnica, partendo però dalla prima, per poi indirizzarsi verso quella tecnologica. Spesso ora, le figure presenti in azienda, che si occupano di AI, sono esclusivamente tecniche, ma in questo modo si rischia di finire ad essere un esecutore di requisiti tecnici, un progettista.

L’AI shaper invece, ad esempio in un processo di robotizzazione, non studia solo come applicare processi tecnologici di ottimizzazione e algoritmi di intelligenza artificiale, ma dovrebbe essere quello che decide che la robotizzazione non deve impattare più del tot.% sulla sostituzione del lavoro umano, preoccupandosi delle conseguenze etiche che l’AI può portare in azienda.

Un cambio di mindset e prospettiva, l’irrompere e il fondersi della sfera umanistica in professionalità finora esclusivamente tecniche.

Per chi volesse rimanere al passo con i tempi sul panorama dell’AI, ma anche contaminarsi tra tecnico e umanistico, quali letture consiglierebbe? “Consiglierei di ricercare le pubblicazioni scientifiche su riviste specializzate, leggere paper scientifici, al fine di creare una propria idea dello stato dell’arte dell’AI e delle possibili applicazioni future. Anche la rivista The science è sicuramente un ottimo punto di partenza. Ma prediligere anche letture che esulano dal tecnico e scientifico, così da alimentare la parte più creativa e filosofica” spiega Garito.

aiLa cultura classica viene in aiuto per costruire la visione del futuro. “Ad esempio tra le mie ultime letture compaiono Gli Affamati e i Sazi di Timur Vermes: interessante il profilo psicologico delle personalità tedesche in una storia immaginaria, ma verosimile, sul tema dei migranti, o anche Le memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar” racconta Garito, aggiungendo: “Come vede nulla che abbia a che fare con la realtà o modernità dei nostri giorni, il primo infatti è un romanzo surreale, mentre il secondo un pezzo di storia del passato illuminante per capire il presente. Le “memorie di Adriano“ sono la rappresentazione di un’epoca di passaggio in cui, venute meno le credenze degli dei, e non ancora arrivata la piena maturità e forza del Cristianesimo, Adriano si fa espressione di un periodo in cui la riflessione è più libera di spaziare e l’uomo di essere autonomo nel creare. C’è molta analogia secondo me tra quell’epoca e la nostra, per entrambe l’orizzonte porta a nuove scoperte, nuove credenze, di rottura con il passato.

Abbiamo la possibilità di creare un mondo aumentato dalle macchine e credere nel nuovo potere dell’AI, ma il presente ci ricorda e da sempre, nel passato, uomo e natura hanno dovuto fare compromessi per coesistere. È giusto pensare che nel futuro la nuova divinità, la tecnologia, sia in grado di fare sconti sulla relazione tra uomo e natura? Vinceremo la sfida della coesistenza se tutti, nessuno escluso, sapremo rispondere a questa domanda insieme e nella maniera più corretta.

  • Maria Adele teti |

    La tecnologia. Può salvarci o distruggerci . E ‘ una divisione difficile da implementare .

  • Maria Adele teti |

    Interessante e attualel

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