“Ricordati Giada, l’oro luccica ovunque. Se sei oro, luccicherai e qualcuno ti noterà“. Oggi Giada Zhang, 25 anni, è amministratrice delegata di Mulan Group, azienda che produce piatti pronti della cucina asiatica per la grande distribuzione organizzata, da Carrefour a Coop. Le parole della mamma, che la rincuorava così quando per ragioni economiche aveva dovuto rinunciare a iscriversi all’università a New York, aleggiano durante tutta l’intervista. Così come quelle non dette del padre, che mai avrebbe chiesto alla figlia dal curriculum così brillante di dare una mano alla loro attività di ristorazione, a Cremona.
Eppure è stata proprio lei a decidere di investire nell’attività dei genitori le competenze e il know how appresi all’Università Bocconi di Milano e poi in una banca d’affari a Londra e, ancora, in una nota società di consulenza internazionale. E a portarla a dialogare con i colossi della grande distribuzione puntando su ricette asiatiche, ingredienti italiani, filiera corta, sostenibilità. “Partivamo dalla ristorazione cinese, un business difficilmente scalabile, adesso abbiamo trovato la soluzione giusta per crescere“.
E Giada Zhang di soluzioni è abituata a trovarne fin da bambina. Nata a Cremona, dove i genitori si sono trasferiti dalla Cina a metà anni ’90, Giada Zhang è stata portata quasi subito dai nonni, a Wenzhou. “I miei avevano il sogno europeo, ma i ritmi di un ristorante erano incompatibili con la cura di una bimba così piccola“, ricorda l’imprenditrice. I nonni, insegnanti universitari, la educheranno secondo i quattro principi riservati ai bambini maschi: lo studio di uno strumento musicale per l’empatia, il gioco degli scacchi per la strategia, ‘il disegno (e scrivere gli ideogrammi cinesi) per apprezzare la bellezza. E infine, i libri, per la cultura “perché non puoi decidere dove nascere, ma dove arrivare sì“.
E se ancora non sapeva dove andare, una cosa Giada Zhang l’aveva imparata subito: che quello che non ti distrugge ti crea. “Rientrata a Cremona, non capivo la lingua, i miei genitori parlavano poco l’italiano e io ero l’unica bimba cinese della comunità. Alle elementari avevo il supporto delle maestre, ma a casa nessuno poteva interrogarmi, così imparai le parole italiane da un dizionario e mi allenai a parlare e a riascoltarmi con un registratore vocale“. Alle elementari la premiò l’impegno, alle medie fu tutta un’altra storia ma venne promossa a pieni voti. “Mi iscrissi al liceo scientifico, i miei genitori non conoscevano il sistema scolastico italiano, io sapevo che volevo andare all’università, mi diedero la massima fiducia“.
Giada Zhang frequenta il quarto anno delle superiori a New York, per merito. “Lì mi sentivo a casa, tutti erano stranieri ed era cool. Ma non potevo rimanere, mi iscrissi alla facoltà di Economia all’università Bocconi“. Durante gli anni accademici lavora in una banca di investimenti a Londra. “Al colloquio finale eravamo nove ragazzi e io, l’unica donna. Questo mi incuriosì. Sapevo già che cosa voleva dire non avere accesso ad alcune possibilità, in Cina la questione di genere è fortissima. Io non potevo leggere alcuni libri di mio nonno, mio cugino sì, per esempio. Se non avessi avuto in famiglia degli insegnanti universitari, come bambina non avrei potuto ricevere un certo tipo di educazione“. All’ufficio del personale della banca d’affari londinese avevano rilevato che tendenzialmente se un ragazzo ha due di cinque requisiti richiesti per candidarsi per una posizione lavorativa, si candida comunque. Una ragazza nemmeno se ne ha quattro su cinque. “Ecco, lì ho deciso che avrei voluto aiutare le donne ad avere più fiducia in se stesse, che avrei voluto fare la mia parte per colmare il gender gap nel mondo del lavoro e della retribuzione “.
Tornata all’università fonda l’associazione Women in finance. “Il mio principio è se lo vedi, lo puoi essere anche tu. Ecco, io ho diverse mentee che cerco di supportare nelle loro ambizioni. A un certo punto, ho iniziato a sentirmi un numero, un numero donna che contava perché le aziende potessero sostenere di essere inclusive. Sono cresciuta con la cultura del fare dei miei genitori e sviluppare la loro realtà, farla crescere, trasformarla in un ponte culturale tra Italia e Cina attraverso il cibo a un certo punto mi è venuto naturale. Lavorare per qualcosa di tuo cambia tutto“. Oggi Mulan Group punta all’export, ma non solo. “Vorrei riuscire a far arrivare i nostri piatti in tutte le famiglie“. E se l’oro luccica ovunque…