Perché ci fa bene continuare a scrivere a mano

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Quello che per noi adulti appare un gesto meccanico, la scrittura, se osservato nei bambini in età prescolare, diventa, invece, un vero miracolo. Guardare le piccole mani che reggono la penna, gli occhi fissi e concentrati sul foglio, i primi grafemi che appaiono, è qualcosa di emozionante, se pensiamo che il cervello del bambino sta cercando di apprendere un codice condiviso che gli permetterà di interpretare il mondo che lo circonda e di esprimere la propria interiorità nella forma non verbale più evoluta.

Ho parlato di scrittura e della sua fondamentale importanza con la dottoressa Emanuela Fanton, grafologa e specializzata in evoluzione del gesto grafico. Un confronto che si è rivelato illuminante. “Nel corso degli anni, ho effettuato un lavoro di prevenzione all’interno delle scuole e dalla supervisione, emerge una difficoltà sempre maggiore da parte degli alunni, in aree che comprendono il linguaggio, l’attenzione, la concentrazione e, di conseguenza, la scrittura a mano”. La dottoressa esprime viva preoccupazione, dunque, riguardo alle abilità di base dei bambini che, già dalla prima infanzia, risultano legate strettamente all’incapacità di sopportare la fatica, la frustrazione conseguente ad una negazione o ad un errore. “La scrittura è un lavoro complesso, che coinvolge processi neurofisiologici e che abbraccia anche l’ambito delle capacità oculo-manuali e quello relazionale-affettivo”, continua Emanuela Fanton.

Perché, allora, è importante potenziare la capacità della scrittura manuale? “Perché scrivere vuol dire organizzare il pensiero; scrivere in corsivo, poi, a differenza dello stampato, obbliga ad un gesto grafico più raffinato, più organizzato e dunque richiama funzioni neurologiche più complesse. Il corsivo attiva aree del sistema nervoso decisive e fondamentali, che saranno alla base di tutti gli apprendimenti. Spesso le disgrafie sono conseguenti a problemi della sfera emozionale e affettiva. I bambini che hanno difficoltà a scrivere, o scrivono male, spesso presentano di pari passo, difficoltà di concentrazione o difficoltà nella sfera degli affetti e delle emozioni”.

Oggi, poi, assistiamo ad un progressivo abbandono della scrittura manuale, a favore di un metodo più veloce e immediato, quello che vede l’utilizzo di dispositivi tecnologici. La tecnologia ha sostituito, in parte, carta e penna. I ragazzi e le ragazze nativi digitali risultano molto abili a scrivere col supporto di tastiere e touch, eppure trovano difficoltà quando devono confrontarsi con un foglio bianco e la cara “vecchia” biro. La dottoressa Fanton è certa che “la tecnologia ha fornito un sostanziale supporto alla scrittura e all’apprendimento ma non può e non deve sostituirsi alla scrittura. Scrivere è propedeutico alla lettura perché lo sforzo a cui sono chiamati gli alunni diventa un potenziamento della loro motricità fine, della capacità di organizzazione del pensiero e dell’espressione emotiva”.

Emozioni e scrittura. Due concetti strettamente legati. Chi di noi non ricorda il “diario segreto” che raccoglieva le nostre confessioni, i sentimenti non detti, qualche rimorso, le speranze? E’ solo un piccolo esempio che ci fa comprendere quanto scrivere possa servire a mettere fuori il “non verbale”, che spesso è molto più intenso e profondo dell’espressione verbale. “Se osserviamo pazienti adulti affetti da malattie degenerative, ci accorgiamo che spesso dimenticano la propria firma. Allo stesso modo, osservando pazienti oncologici reduci da terapie debilitanti o interventi invasivi, ci si accorge di una lenta e progressiva regressione del loro modo di scrivere”.

A partire dal modo in cui appoggiamo la penna sul foglio, dal nostro tratto, dalle forme che diamo alle lettere, si può risalire alla nostra condizione psico-fisica e, dunque, anche al nostro vissuto emotivo. Il nostro cervello fluisce attraverso il movimento del gesto grafico che diventa il riflesso del nostro mondo interiore, di quello che ci accade, del nostro mondo affettivo ed emotivo. Ecco che l’atto dello scrivere diventa quasi catartico e sicuramente terapeutico. “Si parla oggi di mindfulness, perché abbiamo bisogno di ritrovare il nostro centro, il nostro equilibrio, in un contesto difficile, di smarrimento e confusione. Occorre riprendere questa parte di umanità e la scrittura può essere una forte alleata”.

Scrivere per stare meglio, per riflettere, per esprimere ciò che è difficile raccontare a voce, per tirare fuori anche sentimenti negativi. Scrivere per rileggersi, a distanza di tempo. Serve anche per guardare con occhi distaccati e comprendere ciò di cui abbiamo bisogno, ciò che speriamo, ciò che vorremmo essere. Riportiamo al centro questa meravigliosa arte “dimenticata”, incoraggiando alla scrittura manuale e in corsivo gli studenti e le studentesse. Riportiamo al centro questa piccola parte che ci consente di “restare umani”.

  • Francesco Ascoli |

    Riguardo ciò che scrive Elena può scrivere a francesco. ascoli@unicatt.it

  • Elena |

    Grazie per l’interessante articolo! Nelle Scuole CEFA il progetto #LiveSchool, accanto all’introduzione di strumentazione digitale per implementare la didattica, prevede laboratori di bella grafia e una votazione specifica sulla cura del quaderno. Mi piacerebbe entrare in contatto con lei e con @FrancescoAscoli per proporre ulteriori approfondimenti

  • Paolo B |

    Articolo interessantissimo. La dottoressa Fanton super preparata mi appassiona sempre quando parla della sua materia. Davvero coinvolgente. Ci vorrebbe una come lei in ogni asilo e scuola.

  • Flori |

    E la verità, scrivere e terapeutico…

  • Francesco Ascoli |

    In merito a questo tipo di intervento sulla scrittura a mano vorrei segnalare il mio libro testé pubblicato dalla Olschki dal titolo La penna in mano, per una storia della cultura manoscritta in età moderna che credo possa dare un contributo alla discussione

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