Anche l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, l’associazione che assegna gli Oscar, prende posizione: a partire dal 2024 i candidati come miglior film per l’ambita statuetta dovranno rispettare alcuni requisiti di inclusione nella trama, nei personaggi o nella crew di produzione e distribuzione. È stato annunciato lo scorso 8 settembre come parte dell’iniziativa Academy Aperture 2025, un’insieme di attività volte a creare una comunità più equa e inclusiva.
Tutto comincia dopo che il film Parasite ha dato una sferzata al tema della diversificazione, diventando il primo film non in lingua inglese a vincere un Oscar come miglior film, lo scorso febbraio. Il momento è stato storico, ma ha ricordato come già nel 2016 l’Academy aveva fissato obiettivi di inclusione specifici, volti ad aumentare il numero di donne e comunità etniche/razziali sottorappresentate. In quell’annata, infatti, era stata clamorosa l’assenza totale di afroamericani tra i venti attori nominati nelle quattro categorie a loro dedicate, protagonista e non protagonista, maschile e femminile.
Oggi l’Academy si preme di comunicare come dal 2015 al 2020 abbia raddoppiato il numero di donne presenti nell’associazione e triplicato il numero di persone appartenenti a minoranze. Nonostante questo è ancora un’associazione composta all’81% da bianchi e al 67% da uomini. Ben vengano allora le imposizioni di requisiti standard da rispettare per poter candidare un film come miglior film, con buona pace di tutti coloro che ancora pensano che “le quote rosa” siano una disfunzione inutile che non premia le capacità, ma il genere. Diventa invece sempre più evidente, grazie alle proteste degli attivisti e alla presa di coscienza lenta ma inesorabile delle persone in generale, che le rimozioni di genere ed etnia sono un bias che va superato collettivamente, forzando anche un po’ la mano dove necessario.
Ma quali sono i requisiti da rispettare? Niente di irrealizzabile o di particolarmente limitante, anzi. A voler ben guardare il rispetto dei criteri apre possibilità narrative e organizzative nuove che possono senz’altro dare una lucidata alla consolidata industria del cinema statunitense e non. I criteri riguardano sostanzialmente quattro aree: la rappresentazione di storie e personaggi; l’area produttiva; l’area degli stage e nuove assunzioni e un’ultima area legata al marketing e alla promozione dei film. Per poter essere candidato all’Oscar come miglior film, ogni pellicola dovrà soddisfare almeno due dei quattro standard, con svariate possibilità di adempimento dei criteri che lo definiscono.
Ad esempio per raggiungere lo Standard relativo alla prima area, il film deve soddisfare uno di questi criteri:
- uno degli attori principali o non protagonisti significativi deve provenire da un gruppo etnico o razziale sottorappresentato;
- il 30% di tutti gli attori in ruoli secondari e minori deve provenire da almeno due dei seguenti gruppi sottorappresentati: donne, gruppo razziale o etnico, LGBTQ+, persone con disabilità cognitive o fisiche, non udenti o ipoudenti;
- la trama principale, il tema o la narrazione del film devono essere incentrati su un gruppo sottorappresentato.
Il secondo standard riguarda i ruoli produttivi: leadership creativa e capi dipartimento, direttore del casting, direttore della fotografia, compositore, costumista, regista, montatore, parrucchiere, truccatore, produttore, scenografo, scenografo, suono, supervisore VFX, sceneggiatore. Oppure può concentrarsi sulla crew e sulle posizioni tecniche, e vengono definite le quote di genere e/o etnia che devono essere rappresentate per garantire un livello di inclusione soddisfacente.
L’attenzione ai giovani e alle nuove leve si concentra sul terzo standard, per raggiungere il quale devono essere garantite possibilità di apprendistato, stage e formazione alle stesse categorie elencate sopra.
Infine il quarto standard si rivolge allo sviluppo del pubblico: i team di marketing, pubblicità e distribuzione devono includere, diversificare, ampliare, perchè, come ha spiegato il presidente dell’Academy David Rubin: “L’apertura deve allargarsi per riflettere la nostra variegata popolazione globale sia a livello di creazione di film sia di pubblico che si connette con loro”.
Le ondate di cancel culture che hanno attraversato il globo in questi ultimi mesi, qualche tempo fa ci hanno fatto discutere per la rimozione di Via col vento dal palinsesto HBO. Se gli indignati alzassero il sipario delle quinte su questo colossal, potrebbero scoprire che Hattie McDaniel, la Mami macchietta che ben conosciamo, era in realtà un’artista dalle grandi qualità. Se solo avesse avuto delle quote di inclusione a cui accedere, la ricorderemmo per ben altro.