Smartworking, abbiamo imparato a costruire relazioni davanti a un video?

dylan-ferreira-hjmxky8fvmo-unsplash

Siamo tornati più o meno tutti davanti agli schermi. È stato bello per un po’ incontrarsi di persona, misurando a braccia la distanza e scontando qualche straniamento dato dalla combinazione “occhiale da sole più mascherina”. Mentre aspettiamo che le aziende ci dicano se, come, quando e quanto potremo riavvicinarci a colleghi e clienti, riprendiamo di buona lena l’utilizzo delle videoconferenze. Alcune abitudini si sono già formate e molte aziende hanno diffuso linee guida sull’etichetta delle riunioni online, ma, come per l’avvento dell’email venti anni fa, è difficile che nasca una grammatica ufficiale su come comportarci via video.

visuals-ufk-deilqy8-unsplashCi sono però alcune domande comuni a cui sarebbe utile rispondere, a beneficio sia dell’efficacia degli incontri che del mantenimento di relazioni che dovranno esprimersi e sopravvivere in questo modo ancora per un po’. Ci ricordiamo, vero, quanto sono importanti le relazioni per la produttività, per il nostro benessere e per il business? E ci ricordiamo che le relazioni sono fatte, appunto, di incontri e di scambi? E che in questi scambi le parole pesano solo per il 7%, mentre la comunicazione non verbale (legata a corpo e mimica facciale) ha un’influenza del 55% e la comunicazione paraverbale (tono, volume, ritmo della voce, ecc.) influisce per il 38%? Quanto di queste due componenti così pesanti ci resta nelle videoconferenze?

Pensiamo per esempio alle pause, che quando siamo nella stessa stanza con delle persone si caricano di energia pensante, sia essa dubbio, stanchezza o riflessione: solo l’istinto dei presenti sa produrre la capacità di intuire chi romperà il silenzio e di conseguenza lasciargliene lo spazio.

Che ne è, nelle riunioni online, della comunicazione contenuta nei puntini di sospensione? O pensiamo che non servisse?

Pensiamo alle interruzioni: noi Italiani per esempio ci interrompiamo in continuazione, costruendo interi concetti alla maniera di Qui, Quo e Qua, ma è una pratica che diventa chiaramente difficoltosa attraverso uno schermo, perché è fatta di sfumature di comprensione e di accavallamento, sempre al limite tra il rispetto e la sopraffazione.

Ma anche dalle interruzioni nasce parte del processo creativo collettivo.

allie-h9ls95wl8tm-unsplashSenza dilungarci troppo sulla lista di mancanze che questa modalità di interazione ha, visto che l’obiettivo non è demonizzarla – è preziosa, avremmo dovuto imparare a usarla molto di più già tempo fa, ma possiamo essere più consapevoli di quel che al momento non abbiamo più, per cercare quanto meno dei palliativi – potremmo domandarci infine che cosa fare con la videocamera: tenerla accesa oppure spenta?

Che cosa riproduce più da vicino le “normali relazioni umane”? Sicuramente vedersi: in una riunione fisica ci vediamo tutto il tempo.

Ma, per esempio, non ci guardiamo tutto il tempo. Alterniamo sguardi diretti (contatti visivi) a sguardi rivolti altrove, con un certo margine di libertà. Di solito guardiamo chi parla, poi magari prendiamo appunti o scorriamo il PC, possiamo buttare un occhio al cellulare, guardiamo le altre persone. A telecamera accesa, è difficile decidere dove puntare o sguardo, e sappiamo bene che gli altri non possono cogliere che cosa o chi guardiamo. Il contatto visivo è impossibile. Anche mantenere lo sguardo fisso sullo schermo per 30 o 60 minuti può essere inutilmente faticoso. Molti quindi spengono la telecamera, e la loro presenza diventa un bollino nero con le loro iniziali o la foto dell’ultima vacanza. Della loro presenza resta molto poco, mentre altre persone più a loro agio con la telecamera potrebbero emergere in modo più forte ed efficace.

Il tema è che, se questa resterà ancora per un po’ la principale modalità relazionale che abbiamo, il modo in cui sapremo “esserci” e quanto consapevoli saremo dei suoi limiti e confini farà la differenza sulle nostre relazioni con gli altri. Si tratta quindi di vere e proprie “competenze relazionali digitali”, o digital soft skill, da riconoscere, apprendere e mettere in gioco a beneficio del nostro benessere e della produttività del nostro lavoro.