Riprendere la routine quotidiana dopo un periodo di riposo è già di per se difficile ma quest’anno lo è un po’ di più. Chi ha potuto, con la fine del #lockdown è scappato dalla città, si è immerso nella natura e si è goduto lunghe giornate all’aperto.
Il mare “di sempre”, quello legato a parenti e amici che di solito snobbavamo non è mai stato così bello come quest’anno! La montagna di solito “ripiego” o intermezzo d’estate è diventata invece il nostro rifugio, la nostra nuova dimensione. In molti – sottoscritta compresa – hanno usato questo periodo, di vacanza o di stop più o meno voluto, per recuperare il tempo perso, per fare tutto quello che non abbiamo potuto fare da febbraio a giugno. Per “dimenticare” quanto è stato difficile, ma anche per sognare cosa ci piacerebbe fare “dopo”.
Perché se tutto è cambiato, dalle modalità di lavoro agli stili di vita e di socialità, perché non possiamo cambiare anche noi? Questo stacco – più forte, più intenso delle classiche pause estive – ha fatto riemergere sogni e paure che nella frenesia quotidiana non volevamo, o non avevamo tempo, di ascoltare.
E adesso che a casa nostra ci dobbiamo tornare, come la mettiamo? Chi di voi varcando la soglia di un’abitazione buia e calda, non ha pensato almeno un istante “ cosa ci faccio qui?”. Così da un lato é boom di richieste per le case con giardino (+73% ) e di casali isolati (+29%). E dall’altro l’attuale incertezza nel mercato del lavoro potrebbe essere – riscoprendo il suo senso originario – un’occasione per “discernere, giudicare, valutare” il nostro impegno professionale.
Forse questo è il momento giusto per tirare fuori un sogno nel cassetto, per pensare a cosa davvero ci piacerebbe fare. Per prendere il coraggio che non abbiamo mai avuto, e che oggi in molti casi ci è richiesto anche se non lo vorremmo. Non ora almeno, che già così tante altre cose sono sospese e incerte, dalla scuola agli assetti familiari. Ma non c’è un “momento giusto” per cambiare, non lo si può sempre decidere. Ma si può sempre decidere di non subirlo, di accettarlo. Di mettersi in gioco, perché questo atteggiamento è già vincente di per sé.