Tratta, oltre 40 milioni di vittime al mondo

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Oltre 40 milioni le vittime di tratta o sfruttamento nel mondo, costrette di fatto in condizioni di schiavitù. Di queste 1 su 4, 10 milioni, avrebbe meno di 18 anni. Questa la fotografia che emerge dalla X edizione del rapporto “Piccoli schiavi invisibili” di Save the children. Una realtà per lo più sommersa che, rispetto a un così grande numero di minori coinvolti, trova conferma nei pochi dati disponibili sui casi segnalati nel 2019 da 164 Paesi del mondo: più di 108.000, il 23% dei quali relativi a minorenni e, in 1 caso su 20, addirittura a bambini con meno di 8 anni. Si tratta di bambini e adolescenti spesso privati anche del diritto all’educazione visto che il 10% non ha mai frequentato la scuola e circa un quarto non è andato oltre la scuola media.

In Europa, i dati della Commissione sono fermi ai circa 20.000 casi della rilevazione del 2015-2016, che confermano la proporzione di un quarto per i minori e segnala la prevalenza di vittime di sesso femminile (68%).

In Italia, tra le 2.033 persone prese in carico dal sistema anti-tratta nel 2019, la forma più diffusa di sfruttamento resta quella sessuale (84,5%) che vede come vittime principalmente donne e ragazze (86%). Nonostante l’emersione sia molto più difficile nel caso dei minori, ben 1 vittima su 12 ha meno di 18 anni, il 5% meno di 14.

Se la nazionalità di origine delle piccole vittime è principalmente nigeriana (87%), ivoriana (2,5%) e tunisina (1,9%), la regione con più casi emersi è la Sicilia (29,8%), seguita da Liguria (14,3%), Campania (9,3%) e Piemonte (13,7%). Gli illeciti riguardanti lo sfruttamento lavorativo minorile inoltre nel 2019 si attestano a 243 casi accertati, quasi tutti nel settore terziario (210) e in particolare in quello dell’alloggio e della ristorazione (142) o del commercio (36), con la consapevolezza che questi dati sono solo la punta di un iceberg rispetto alle tante bambine, bambini e adolescenti vittime invisibili di violenza e sfruttamento qui, nel nostro Paese.

Una fotografia che rappresenta solo in minima parte di un fenomeno, prevalentemente sommerso, che con l’emergenza Covid-19 ha visto trasformare alcuni modelli tipici della tratta e dello sfruttamento dei minori. I gruppi criminali dediti allo sfruttamento sessuale in particolare sono stati ovunque rapidissimi nell’adattare il loro modello operativo attraverso l’uso intensivo della comunicazione online e dello sfruttamento nelle case, “indoor”, e il lockdown ha costretto le istituzioni e le organizzazioni non governative ad affrontare maggiori difficoltà nelle attività di prevenzione e supporto alle vittime.

A livello globale, tra gli effetti più diretti che riguardano i minori, il lockdown ha limitato da un lato gli spostamenti e la possibilità per le vittime di incontrare altre persone, trovare aiuto o fuggire, dall’altro, con la chiusura delle scuole che in molti casi sono l’unica occasione di un pasto quotidiano garantito, ha spinto tantissimi bambini in strada in cerca di cibo o di reddito esponendoli al rischio di essere sfruttati o diventare vittime di traffico, mentre ha iper-esposto al mondo digitale tanti altri accrescendo il rischio di finire vittime dell’adescamento dei predatori sessuali della rete.

Il cybercrime connesso alla tratta e sfruttamento ha sviluppato nel tempo enormi capacità operative, con l’aumento della richiesta di sevizi erotici online, in video-chat o webcam durante il lockdown. A questo fenomeno se ne associa un altro, con caratteristiche diverse, che vede sempre come vittime i minori, e che riguarda le torture e le coercizioni perpetrate per produrre e commercializzare materiali pedopornografici. Secondo la Commissione Europea la domanda di materiale pedopornografico sarebbe aumentata durante il lockdown fino al 30% in alcuni Stati membri dell’Unione. Secondo i profili dell’EUROPOL, inoltre, il 30% degli offender che sono in possesso di materiale pedopornografico e attivi negli scambi online e nella darknet è anche coinvolto direttamente nelle azioni di coercizione ed estorsione sessuale che coinvolgono i minori.

L’impatto del Covid-19 sulle vittime di tratta e sfruttamento sessuale in Italia

Anche in Italia lo scoppio della pandemia Covid-19 ha avuto gravi conseguenze sulle condizioni di vita delle vittime di tratta e sfruttamento. Gli operatori partner del progetto Vie d’Uscita di Save the Children per il contrasto e la fuoriuscita dal sistema di sfruttamento sessuale di minori e giovani tra i 12 e i 24 anni, hanno intercettato e sostenuto nei primi 6 mesi del 2020 e in sole 6 regioni (Piemonte, Veneto, Marche, Abruzzo, Lazio e Sardegna) circa 1.000 nuove vittime, sia in strada che online, in gran parte di origine nigeriana o dei paesi dell’est Europa.

Le testimonianze degli operatori sul campo, nonché di alcuni referenti istituzionali evidenziate nel rapporto Piccoli Schiavi Invisibili 2020, mettono in evidenza gli impatti più gravi dell’emergenza Covid-19 sulle giovani vittime di tratta e sfruttamento sessuale in Italia. Le vittime, esposte a maggiori pressioni e violenze da parte dei loro controllori, si sono spesso trovate costrette ad accettare richieste sempre più spinte e prezzi sempre più bassi dai clienti che comunque hanno continuato ad alimentare il fenomeno, sia su strada o chiedendo incontri al proprio domicilio o in altri luoghi. In molti casi gli incontri sono avvenuti nell’assoluta mancanza di misure di protezione personale rispetto al virus, in altri le ragazze hanno ricevuto informazioni errate sull’uso dei dispositivi, come la mascherina, difficili anche da procurare per il loro costo elevato, o si sono anche trovate in balia di fake news diffuse ad arte sulla falsità dei rischi di contagio o su presunte immunità di origine etnica. In molti casi sono state spinte a iniziare nuove attività di prostituzione indoor, condividendo a volte in 4 o 5 appartamenti prima utilizzati da 2 ragazze dove ricevere in contemporanea anche 4 o 5 clienti, o prestazioni in video-chat e webcam, o per la produzione di materiali pornografici.

Nel rapporto sono messi in luce anche i diversi profili dello sfruttamento in base alla provenienza delle ragazze. La rete di trafficanti che controlla le vittime di origine cinese sembra provvedere a tutti gli aspetti dell’organizzazione dell’attività indoor che coinvolge ragazze anche giovanissime, che non conoscono la lingua italiana o hanno documenti falsi per cui sono ancor più controllabili, mentre alle vittime di origine nigeriana o rumena viene imposto a volte di organizzarsi da sole per “promuoversi” in rete. L’accresciuta centralità dello snodo internet in questa fase di emergenza per intercettare la domanda di prostituzione legata al traffico di esseri umani e per promuovere servizi sessuali tra i potenziali clienti ha moltiplicato i luoghi virtuali dove le vittime sono “catalogate” come pura merce, secondo le caratteristiche personali o delle prestazioni disponibili.

“Nel far fronte all’emergenza covid-19 non bisogna dimenticare le vittime invisibili di tratta e di sfruttamento che sono nel nostro Paese. Dalle testimonianze che abbiamo raccolto, sappiamo che per alcuni questo periodo di lockdown ha fatto accrescere la consapevolezza della condizione di sfruttamento vissuta e ha incoraggiato a chiedere un aiuto per uscirne. Ma, purtroppo, in molti altri casi, i trafficanti sono riusciti a modificare rapidamente le forme di sfruttamento sessuale e hanno reso le vittime ancora più isolate e difficilmente raggiungibili. Alla luce della crisi, è necessario potenziare gli interventi di contrasto allo sfruttamento minorile, con una particolare attenzione allo sfruttamento on line, intensificare il lavoro di sostegno alle vittime, e varare al più presto il nuovo Piano Nazionale di Azione contro la tratta e lo sfruttamento, tenendo conto delle esigenze specifiche dei minori vittime manifestati durante questo periodo di emergenza sanitaria. Un aspetto fondamentale sono poi i percorsi di sostegno alla fuoriuscita dal circuito di sfruttamento avviati dalle vittime. Molti percorsi di integrazione avviati a favore delle ragazze che hanno avuto il coraggio di ribellarsi ai loro sfruttatori oggi sono a rischio per l’improvvisa scomparsa delle opportunità di inserimento lavorativo che, abitualmente, riguardavano settori come quello alberghiero o della ristorazione. Non si può non sostenere il coraggio di queste ragazze, anche giovanissime, che si sono esposte con la loro scelta a gravi rischi di violenze e ritorsioni, rimodulando gli interventi e orientandoli verso altri sbocchi lavorativi, con l’obiettivo di scongiurare una nuova caduta nelle reti dei trafficanti e garantire alle ragazze la possibilità effettiva di ricostruire il proprio futuro” ha dichiarato Raffaela Milano, Direttrice dei Programmi Italia-Europa di Save the Children.

Per le giovani vittime fuoriuscite dal sistema di sfruttamento e già inserite nel Programma Unico di Protezione, come nel caso di quelle sostenute dal progetto Vie d’Uscita, il lockdown ha prodotto forti difficoltà di ordine emotivo e psicologico, per la perdita o l’indebolimento dell’attività scolastica e dei rapporti sociali, della rete informale di supporto costruita, o per chi aveva appena iniziato il percorso di fuoriuscita, ritrovarsi di nuovo in una situazione di chiusura e isolamento simili a quelle da cui erano fuggite. In alcuni casi, con l’aiuto degli operatori, questo tempo si è trasformato nell’opportunità di approfondire ad esempio le proprie conoscenze della lingua italiana o di frequentare nuovi corsi online, e di rinforzare anche la propria consapevolezza sulle potenzialità e sui rischi del digitale rispetto alla propria storia personale.

L’impatto più drastico è stato però quello sui percorsi di formazione e inserimento lavorativo per promuovere l’autonomia che hanno risentito della crisi totale di alcuni settori cruciali come il turismo o la ristorazione. Sono proprio questi gli ambiti in cui molte ragazze che avevano intrapreso un percorso di fuoriuscita avevano trovato lavoro poi perso a causa della chiusura di ristoranti e alberghi, con conseguenze sul loro percorso di riscatto che rischiano di essere veramente drammatiche. Intraprendere un percorso professionalizzante o di tirocinio non significa solo tornare a guadagnare ed essere autonomi dopo molto tempo, ma per una ragazza che ha vissuto anni di sfruttamento e sottomissione è un aiuto fondamentale nel processo di rielaborazione del trauma e nel riappropriarsi di se stessa, della propria dignità, della sua vita. L’interruzione di queste esperienze, anche se per causa di forza maggiore, ha comportato difficoltà materiali ed emotive.
Gli operatori degli enti anti-tratta, come quelli delle organizzazioni partner del progetto Vie d’Uscita promosso da Save the Children, hanno dovuto dunque far fronte a questa emergenza nell’emergenza, anche per prevenire i rischi di una ricaduta nella rete dello sfruttamento (cosiddetto re-trafficking o ri-vittimizzazione), prevedendo misure straordinarie di aiuto diretto immediato e ad una riconversione del percorso di autonomia.

“Stiamo facendo, insieme a tutte le realtà impegnate in prima linea in quest’ambito, il massimo sforzo per far sì che non si interrompano questi percorsi e le ragazze corrano il rischio di ritornare ad essere preda di vecchi o nuovi sfruttatori, disincentivando anche indirettamente chi potrebbe fare in questo momento la scelta coraggiosa di fuoriuscita. È però necessario che le istituzioni al livello nazionale e locale diano corso a misure mirate a far fronte a questa situazione straordinaria.”

L’intervento di Save the Children in Italia

Per offrire un sostegno specifico ai minori stranieri reclutati da organizzazioni e reti criminali nei Paesi di origine per essere sfruttati in Italia nel circuito della prostituzione, l’Organizzazione ha attivato dal 2012 il progetto Vie d’Uscita. Oggi il progetto viene realizzato in 6 regioni in partenariato con la Cooperativa Sociale On the Road nelle Marche e in Abruzzo, con Comunità dei Giovani Cooperativa Sociale e la Cooperativa Sociale Equality in Veneto, con la Cooperativa Sociale CivicoZero a Roma nel Lazio, con la Congregazione Figlie della Carità San Vincenzo de Paoli in Sardegna, e dal 2019 anche in Piemonte con PIAM Onlus. Il progetto si rivolge ad una fascia d’età tra i 12 e i 24 anni, e comprende attività di rintraccio delle vittime, assistenza sanitaria e legale e percorsi di professionalizzazione e accompagnamento all’autonomia. Nei primi 6 mesi del 2020 sono state intercettate circa 1.000 nuove vittime di tratta e sfruttamento, e sono stati anche attivate misure di sostegno economico diretto per far fronte all’impoverimento diffuso causato dagli effetti dell’emergenza covid-19.

Da luglio 2019 Save the Children collabora con la Croce Rossa Italiana nell’ambito del progetto europeo Pathways, che ha l’obiettivo di consolidare le competenze tecniche di identificazione e supporto di minori presunti vittime di tratta attraverso l’intervento di esperti in materia di traffico di minori nell’ambito della mappatura e analisi dei bisogni delle vittime, dei workshop formativi volti ad aumentare le conoscenze e competenze di operatori e volontari CRI con attività di tutoraggio specifica.

Con l’obiettivo di offrire supporto e protezione ai minori stranieri non accompagnati in Italia, e garantire loro opportunità di inclusione sociale, Save the Children è anche presente con i propri programmi nelle principali aree di sbarco alla frontiera sud, nelle maggiori città di arrivo e transito come Catania, Roma, Milano, e Torino – dove è attivo il progetto CivicoZero – e ai principali valichi di confine terrestre al nord del Paese.
Dal 2016, l’Organizzazione ha infine attivato la Helpline Minori Migranti per offrire adeguato sostegno agli stessi minori stranieri non accompagnati, ma anche a tutti coloro che hanno necessità di ricevere informazioni ad hoc, dai familiari dei minori agli operatori delle strutture di accoglienza, dai volontari ai comuni cittadini. Il servizio, gratuito e multilingue, è attivo dal lunedì al venerdì, dalle 10 alle 17, al numero verde 800 14 10 16 oppure, per gli utenti Lycamobile, 3512202016.