Qualche giorno fa è toccato all’attrice Miriam Leone salire in cima ai trend topic di Twitter, non per una sua performance artistica, ma perché era “colpevole” di avere le sopracciglia troppo folte. Haters scatenati, così come i fan giunti in soccorso della loro beniamina. Sempre pochi giorni fa, su Instagram altra situazione non dissimile, con un commento rivolto a Heather Parisi: “Come sei invecchiata Heather, eri così bella”, a cui la celebre artista americana ha risposto con aplomb e serenità da fare invidia ad un maestro zen. Questi sono solo un paio di episodi, su due dei maggiori social network, che hanno per protagonista una comunicazione ostile, astiosa, tendenziosa, che suscita polemiche, che semina zizzania. E siamo alla parte gentile del discorso. Perché volutamente ometto di riportare, tra gli esempi di questa degenerazione, il commento sessista, osceno e volgare in cui mi sono imbattuta proprio appena dopo avevo terminato la diretta #uncaffècon con Rosy Russo, founder e presidente di Parole Ostili dello scorso venerdì 19 giugno.
Ero ancora presa dalla motivazione del bel confronto, ispirata dalla conversazione così stimolante che leggere, appena pochi minuti dopo, gli insulti e le minacce ad una donna via Facebook mi aveva letteralmente gelato il sangue. Succede molto più frequentemente di quanto non ci aspettiamo. Magari non all’interno della nostra “bolla” di contatti selezionatissimi, ma, fuori, là, basta un niente e la tempesta si scatena e sembra che non ci sia niente che possa fermarla.
La comunicazione – virtuale, ma sempre più spesso anche reale – è diventata ostile. Di più. Aggiungerei brutale. Non si ferma davanti a niente, tanto c’è uno schermo e un avatar a fare da filtro.
Di questo, ma non solo, si occupa Parole O_Stili, il progetto di comunicazione etica nato nel 2016, che cresce di anno in anno, ottenendo tra le altre cose anche un riconoscimento dal Presidente Mattarella nel 2018. È un progetto che punta a sensibilizzare ad una comunicazione non violenta, attraverso una molteplicità di strumenti, in numerosi ambiti, dalla politica allo sport, dalla scuola alle aziende. Perché nessun settore si può dire esente o si può considerare da questo contagio pericolosissimo. E’ un format variegato e multiforme, che va nelle scuole e fra gli scranni delle Amministrazioni Comunali per spingere l’acceleratore della cittadinanza digitale, abbracciando diversi “stili” di comunicazione, quelli che tutti noi dovremmo padroneggiare, a seconda del livello di comunicazione, ma sempre nel rispetto reciproco.
“Sono una creativa, ho una mia agenzia di comunicazione – ha raccontato Rosy Russo nel corso della diretta, disponibile sul canale IGTV di @AlleyOop – e in quel periodo, nell’estate del 2016, scrivo di getto un’email ad alcuni contatti, tra giornalisti, comunicatori, formatori, perché era diventato sempre più pesante stare sui social network, gestire la comunicazione per i nostri clienti. Tra fake news e hate speech si cominciava a capire che quell’ambiente si faceva sempre più fatica ad abitarlo bene. Volevamo provare a fare qualcosa per rendere migliore quella situazione, anche se non ancora sapevamo bene cosa. La risposta è stata bellissima. Avevo coinvolto almeno una settantina di persone e tutti hanno risposto in maniera positiva, dicendo che in qualche modo avrebbero voluto contribuire al progetto. Da lì sono nati i primi nove principi (del Manifesto, ndr), dalla sintesi di questi scambi e confronti”.
Lo scorso maggio, nelle giornate dell’8 e del 9, Parole O_Stili ha celebrato la quarta edizione del suo festival – tutto rigorosamente in streaming – dedicato al secondo enunciato del Manifesto della Comunicazione non ostile e inclusiva. “Si è ciò che si comunica. Rispetto la mia identità e decido liberamente di definirmi per come sono, o di non definirmi affatto. Accolgo la complessità e la molteplicità. Valorizzo la diversità creativa”.
Questo principio vale soprattutto sui social, visto che, come il sondaggio SWG ha evidenziato, per il 74% delle persone sono un vero e proprio megafono di linguaggi violenti pregressi, percezione in crescita soprattutto tra i millennials (+8%). Secondo le rilevazioni, odio e falsità fanno parte del nuovo modo di comunicare per l’80% degli intervistati, dato in crescita del 14% rispetto al 2018. Una vera e propria emergenza, insomma. Il 63% ritiene che i giovani si abitueranno a usare toni offensivi e solo il 22% pensa che le giovani generazioni riusciranno a scegliere uno stile comunicativo più corretto.
Gay, migranti ed ebrei sono le categorie più colpite dal linguaggio violento, un dato in crescita del +15% (gay), +9% (migranti), +12% (ebrei), come confermano i numeri dell’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCAD) che registra una crescita di atti discriminatori verso le minoranze, del +186% dal 2014 al 2018.
Tuttavia, se l’antisemitismo cresce del +13, l’omofobia è in continuo calo (-12%) così come l’islamofobia (-14%). Non solo. Il 91% degli intervistati dichiara che in Italia esiste un grande problema di violenza verbale nel fare politica, tanto che le fake news confondono le idee di 1 cittadino su 3 (35%), ma nell’87% delle risposte, sono diventate la normalità della comunicazione tra i partiti.
E siccome “Virtuale è reale”, come recita il primo enunciato del Manifesto, l’aggressività verbale emerge anche nel mondo delle aziende: 2/3 dei dipendenti denunciano linguaggi irrispettosi e solo il 26% delle imprese italiane sono attente alle esigenze dei propri dipendenti su temi di welfare aziendale, genitorialità, barriere architettoniche. C’è davvero tanto lavoro da fare e da rimboccarsi le maniche. Tutti, ad ogni livello, dovrebbero sentire questa responsabilità.
“Più che mai in questi ultimi due mesi abbiamo imparato che la Rete è un bene preziosissimo che merita di essere curato e a cui va dato il giusto valore – ha commentato Russo – ed è per questo che abbiamo deciso di ritrovarci online, per continuare a mettere al centro le parole e il loro enorme potere, ma soprattutto, per riflettere sull’importanza delle nostre relazioni digitali, oggi più che mai. “Accorciare le distanze” è il nostro obiettivo, perché la Rete fa la differenza quando porta con sé quell’umanità che sa andare oltre lo schermo”.
Tra gli ospiti dell’edizione 2020 (Ministro Lucia Azzolina, Alex Zanardi, don Ciotti, Alessandro Baricco, Federico Ferrazza), anche la cantante Malika Ayane che ha raccontato del suo rapporto con i social networks, a proposito di comunicazione non sempre facile: “Cerco sempre di dialogare con le persone, di arrivare a una riflessione. È capitato a volte che ci fossero persone, degli haters, che poi portate a una riflessione hanno cambiato opinione. Coi “cocci” invece non c’è niente da fare e bisogna adottare il principio dell’ignorare anche se è molto difficile. In tv mi è capitato di essere oggetto della frustrazione di alcune persone e mi sono resa conto che manca il dialogo. Ho notato, inoltre, che tante persone sono sole. Bisogna sempre cercare di dialogare, fino a dove è possibile. Naturalmente quando si vede che non è possibile, bisogna cercare di far aiutare queste persone – soprattutto quelle piccole – da chi è vicino a loro. Se vedete qualcuno vicino a voi che si sente solo, non isolatelo ma fategli domande. È più facile intervenire nella vita reale che cercare di raggiungere una persona dall’altra parte del paese via web. Utilizzo i social media per imparare cose nuove perché a volte sottovalutiamo quanto i social possano essere dei mezzi di informazione: dei contenitori di grandi lezioni, a volte, e in altri casi semplici vettori di nuove informazioni. Durante la quarantena, ad esempio, ho imparato tanto su posti nel mondo dove non sono mai stata. Con un gruppo di amici abbiamo anche aperto una pagina Instagram, Decameretta, dove tutti possono mandare dei contenuti, anche ripresi da altri profili, e dove condividiamo cultura e divertimento secondo un tema preciso scelto quotidianamente”.