Skam Italia è il catalogo umano di una generazione. La quarta stagione del remake dell’omonima serie tv norvegese è disponibile dallo scorso maggio su TimVision e Netflix. Skam, con la regia di Ludovico Bessegato, apre agli adolescenti con autenticità, non ci sono immagini patinate e storie da risparmiare. Dopotutto la parola che le dà il titolo vuol dire vergogna, e da sola fa punto e partita. Gli adolescenti di Skam Italia vanno avanti diritti, felicemente apolidi. Pazienza per la reputazione e per il coro. E piacciono proprio per la capacità di accogliere le esperienze degli spettatori, che negli episodi ritrovano pezzi di sé. Le storie personali qui diventano piccoli miracoli da far brillare nelle loro fragilità, in un racconto contemporaneo che si sviluppa anche tra i testi delle canzoni indie e le chat dei social network.
Nella squadra di Skam Italia c’è Alice Urciuolo, tra i nomi più promettenti della nuova generazione degli sceneggiatori italiani. Ventisei anni, si trasferisce da Latina a Roma. Vuole scrivere e trova nella serialità un’occasione inedita di esplorazione delle storie. Lavora da freelance e firma la terza stagione di Skam Italia, un teen drama che si è imposto come fenomeno globale e dal quale non si potrà prescindere nelle produzioni future.
In Skam la territorialità è importante. Roma non è più la città patinata della fiction, ma è quella della vita vera. Come ci si approccia alla scrittura della realtà?
Studiando la realtà. Per scrivere Skam Italia abbiamo incontrato molti ragazzi e ci siamo fatti raccontare le loro vite. Volevamo scoprire come erano fatte le loro giornate, che luoghi frequentavano, dove andavano a prendere il caffè, cosa facevano la sera, in quale parco si incontravano. Intendevamo fare un ritratto sincero della loro generazione, e quindi ci siamo messi in ascolto. Skam Italia, poi, è stata un grande lavoro di gruppo. La prima stagione è stata scritta da Ludovico Bessegato, showrunner della serie e regista, e Anita Rivaroli; la seconda stagione da Bessegato e Marco Borromei; e la terza invece da Ludovico Di Martino, che di quella stagione firma anche la regia, e da me. Nella quarta, invece, Ludovico Bessegato ha lavorato insieme alla sociologa e scrittrice Sumaya Abel Qader, consulente alla sceneggiatura, realizzando un grande lavoro di studio e di approfondimento
Quali sono le scelte estetiche che rendono Skam Italia un manifesto generazionale convincente?
La scelta di raccontare i ragazzi senza filtri, mostrando anche i momenti che non erano stati presentati finora, è stata vincente. Penso per esempio ai momenti di solitudine e di intimità, in cui il personaggio è da solo col suo cellulare. Oppure cambia l’assorbente e si depila.
Nella terza stagione si racconta la storia d’amore tra Eleonora ed Edoardo. Il percorso fatto da questi personaggi è interessante. Che valore assume in una serie tv la scoperta della fragilità?
Un valore immenso. In un tempo in cui l’apparenza, il potere e il predominio sull’altro sono diventati così importanti, è fondamentale mostrare che non solo non c’è niente di male nell’essere vulnerabili, ma che mettersi in ascolto del nostro lato fragile è anche l’unico modo per crescere e fare del bene.
Nella terza stagione si affronta il tema del revenge porn, ma anche le altre sono un’occasione per parlare di omosessualità, di integrazione e disturbi alimentari. Che ruolo sociale pensi abbia oggi Netflix?
La nostra preoccupazione era quella di evitare gli stereotipi a ogni costo. Per quanto riguarda l’esplorazione della sessualità penso soprattutto al percorso di Martino, che ha garantito una narrazione alternativa a quella che siamo abituati a vedere quando si scrive di omosessualità. E poi assolutamente sì. Netflix, come tutte le piattaforme e i broadcaster, ha una voce e un potere immenso: è quindi bene servirsene correttamente per veicolare messaggi interessanti.
Quali sono state le differenze nel lavorare a un prodotto riservato alla tv, come “Rocco Schiavone” e uno destinato all’on demand?
In Skam mi sono occupata della scrittura e sono stata presente sul set come sceneggiatrice. In Rocco Schiavone, invece, avevo il ruolo di story editor e ho seguito tutta la preparazione della serie, facendo su è giù tra la Valle d’Aosta e Roma. Si tratta quindi di due progetti diversi ed è stato stimolante capirne il funzionamento. Skam, per esempio, in confronto a Rocco Schiavone, era una produzione più piccola. E questo cambiava tutto.
Nella quarta stagione si approfondisce la quotidianità di Sana, una ragazza musulmana che indossa l’hijab. Skam è tra le prime produzioni nazionali ad aprire al mondo della comunità musulmana in Italia.
Io credo che il pubblico sappia percepire se è stata eseguita o meno una ricerca in fase di produzione. E ci riesce proprio grazie alla cura e alla specificità che rintraccia nelle storie che gli vengono raccontate. Per scrivere la quarta stagione e raccontare la storia di Sana, infatti, Ludovico Bessegato ha lavorato insieme alla sociologa e scrittrice Sumaya Abel Qader, consulente alla sceneggiatura, realizzando un grande lavoro di studio e di approfondimento.
Qual è il messaggio rivolto alle ragazze che emerge da Skam Italia di cui sei più fiera?
Sii te stessa e non avere paura. E se non sai chi sei, vai a scoprirlo.
La fanbase di Skam è enorme, tanto da far rimbalzare sempre la serie tra le tendenze di Twitter. Quanto i commenti e le aspettative del pubblico condizionano la fase di scrittura?
Skam Italia ha una fanbase fortissima, affezionata e molto presente, che abbiamo sempre ascoltato. Non tradire i personaggi ha sempre voluto dire per noi non tradire i fan di Skam Italia.
Puoi rivelarci un tuo nuovo progetto?
Per quanto riguarda il mio lavoro di sceneggiatrice, purtroppo non posso ancora rivelare niente. A fine settembre però è prevista l’uscita del mio romanzo d’esordio. Si chiama Adorazione, edito da 66thand2nd. E per darvi un’anticipazione, come dice il mio editor, si tratta di un “teen drama meets Houellebecq”.