Postcovid, l’Europa del Nord che riapre le scuole (se le ha chiuse)

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Dopo Danimarca e Norvegia anche i Paesi Bassi riaprono le porte delle scuole. L’11 maggio, con classi ridotte, ricominceranno le lezioni del ciclo primario, cioè per i bambini da 4 ai 12 anni. Contemporaneamente riapriranno le strutture di cura infantile, mentre i diversi percorsi scolastici superiori (dovrebbero) ripartire il 2 giugno. Nel nord Europa, dove non sono state introdotte misure altrettanto restrittive come quelle italiane o spagnole, si iniziano così a “rilassare” alcune regole introdotte con l’emergenza.
La prima a rimettere gli studenti sui banchi a metà aprile è stata la Danimarca; a seguire l’annuncio della Norvegia e poi la decisione, comunicata dal primo ministro il 21 aprile, dei Paesi Bassi. Se le cose andranno come immaginano gli esperti, che però non esprimono alcuna posizione certa, potrebbe succedere che a inizio giugno l’anno scolastico torni al suo ritmo normale e che il prossimo riparta, come da programma, a fine agosto.

Alla base della scelta del governo di riaprire le scuole per i più piccoli ci sono i dati raccolti che indicherebbero come la fascia d’età fino a 12 anni sia meno colpita dal virus e, quando contagiata, presenti generalmente forme più leggere. Dopo i momenti iniziali e anche, forse, guardando alle situazioni registrate nei Paesi che per primi hanno sofferto il propagarsi della pandemia, si è iniziato a verificare nello specifico la reazione e risposta al virus nei bambini. I dati, comunque ancora non definitivi, hanno accompagnato le scelte dell’esecutivo che, proprio sulla chiusura, all’inizio dell’emergenza aveva mostrano una non celata indecisione.

Le reazioni dei genitori si somigliano un po’ ovunque e toccano tutto lo spettro delle possibili sensazioni: da chi è contento per un primo segnale di rilassamento delle misure restrittive, a chi è preoccupato perché vede i propri figli trattati come cavie. Il governo olandese ha confermato che chi decidesse di non far rientrare i bambini a scuola non incorrerebbe nelle sanzioni o segnalazioni alle autorità, che qui rinforzano concretamente il concetto di “obbligo scolastico”.

Caso Svezia a parte – dove le scuole primarie e quasi tutte le attività sono rimaste aperte – non sembra dissimile tra i cittadini dei tre stati un’alternanza tra perplessità sulle riaperture e una certa fiducia nelle scelte delle istituzioni. Se da una parte ci si domanda se non fosse stato il caso di aspettare inizio giugno per riportare i più piccoli sui banchi così da avere un quadro ancora più completo e un servizio sanitario ulteriormente alleggerito dalla pressione dell’emergenza, dall’altra non si nega la necessità di intervenire appena possibile, a fronte di evidenze scientifiche e attuando tutte le precauzioni possibili, a partire, per esempio, da quelle situazioni famigliari di difficoltà in cui la scuola non rappresenta solo un luogo di istruzione.

Nei Paesi Bassi dall’11 maggio i bambini fino a 12 anni potranno anche ricominciare a fare sport insieme all’aperto senza particolari restrizioni e similmente potranno tornare ad allenarsi anche i ragazzi fino ai 18 anni, i quali dovranno però rispettare la regola del distanziamento di un metro e mezzo. Per tutto il resto rimangono in vigore almeno fino al 20 maggio le precedenti imposizioni del soft (o anche detto smart) lockdown: negozi aperti ma con un numero di clienti massimo per non venir meno alla suddetta regola di distanziamento, chiusi bar e ristoranti, parrucchieri e professioni “di contatto” non indispensabili, mentre sono cancellati, almeno fino al primo settembre, tutti gli eventi pubblici di qualsiasi dimensione ed entità. Intanto, per quanto i numeri raccontino di un declino di contagi, ospedalizzazioni e decessi, anche il premier ha invitato tutti alla cautela e al rispetto delle regole, oltre che a restare in casa il più possibile anche proprio in maggio, mese qui molto pieno di festività nazionali. Ancora non ci sono le condizioni per riaprire tutto come se nulla stesse succedendo.