Prima l’incredulità, poi lo sconforto ed ora la rassegnazione. La nostra vita domestica forzata procede tra alti e bassi, senza un orizzonte temporale certo. Ci aggiriamo per casa cercando qualcosa di costruttivo o utile da fare. E dopo aver provato tutte le ricette di quel vecchio libro – che non abbiamo mai avuto il tempo di aprire, prima – cosa possiamo fare? In realtà qualcosa ci sarebbe: ognuno sa di avere da qualche parte un “buco nero”, un angolo di casa, un armadio, uno sgabuzzino che non ha mai avuto il coraggio di avvicinare ma dove negli anni ha accumulato cose a caso, in un processo di stratificazione geologica ineluttabile.
Ecco potremmo approfittarne per fare ordine, armandosi degli attrezzi adeguati: pazienza, curiosità, stracci e cartoni. Io l’ho fatto nella camera di nostro figlio più piccolo, che per me sarà sempre il “nano” anche se in realtà ormai ha otto anni: abbiamo abbassato il letto – che era un semi- castello – tolto tutti i giochi che c’erano sotto, facendo una scelta di quali tenere, oltre a pulire e a cambiare la disposizione dei mobili, mettendo una vera scrivania e rimontando una vecchia libreria componibile che era in cantina (con l’effetto marginale positivo di liberare, almeno in parte, anche quella).
Che fatica, ma anche che sorpresa! La frase più ricorrente è stata “ecco dov’era!”: cose che non si trovavano, ma che avevamo ben presente, e alle quali tenevamo molto. E altre, tante, che non abbiamo neanche quasi mai toccato e ci “rubavano” solo spazio. E alla fine ci sentiamo (finalmente!) stanchi e appagati, ci sorprendiamo di come siamo riusciti a riadattare gli spazi e gli oggetti, e del tempo “di qualità” che abbiamo appena speso.
Spesso questo impulso o bisogno d’ordine lo proiettiamo all’esterno, ma ci serve anche per fare ordine nella nostra vita, nei nostri valori e nelle nostre priorità. Quali sono le cose che avevamo dimenticato, per esempio sul lavoro, ma alle quali teniamo tanto? Dov’è poi quel progetto a cui tenevo tanto, ma che non ho mai avuto il tempo di realizzare, perché c’erano mille altre urgenze che hanno monopolizzato il mio tempo? Il “cerca e riordina” è un esercizio utile per allenarsi ad organizzare meglio anche le priorità, quelle che “prima” sembravano troppe e a volte insormontabili, che ora in molti casi sono sparite e alle quali “dopo” possiamo imparare a dare il giusto peso e gestire al meglio. Bisogna avere gli strumenti giusti, pazienza ma anche curiosità e voglia di mettersi in gioco.
Perché può darsi che “vista da fuori” – che il fermo immagine della nostra vita per com’era prima – non ci piaccia poi tanto, come quella famosa camera o sgabuzzino che non avevamo il coraggio di aprire e riordinare. E allora bisogna anche aver voglia di “aprire quella porta” e essere pronti a metterci mano. Oddio, una crisi, nella più amplia crisi di epidemia? Perché no? Crisi in greco voleva anche dire “scelta, decisione” e forse mai come adesso abbiamo la possibilità, e il tempo, per fare delle scelte e prendere delle decisioni per noi stessi. Andare a vivere in campagna, cambiare lavoro, dedicare più tempo allo sport o alla famiglia, tutti buoni propositi che non ci renderanno per forza migliori dopo la crisi. Ma che sono un buono stimolo a farlo, se abbiamo il coraggio di incominciare a “fare ordine” e capire dove sono le cose a cui teniamo di più.
E pazienza se dopo tutto, il risultato finale è un altro caos, peggiore di prima. Ci sta, fa parte dell’equilibro dinamico delle cose un po’ come le strutture mobili di Caler, avete presente? Sempre in equilibrio generale, ma con singoli pezzi sempre in movimento. Perché serve anche un’altra dote per fare ordine, la resilienza. Ma questa è un’altra storia, il prossimo pezzo.