Il Grevio, organismo indipendente del Consiglio d’Europa costituito da esperti nel contrasto alla violenza contro le donne, ha depositato il 13 gennaio scorso il rapporto sullo stato di attuazione in Italia dei principi della convenzione di Istanbul in materia di prevenzione e di lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica adottata l’11 maggio 2011. Il testo della convenzione prevede, in un ricco articolato che tenta di descrivere tutte le forme di violenza e di individuare degli strumenti di contrasto al fenomeno, che gli Stati membri, riconoscendo la natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere, e riconoscendo altresì che la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini, “aspirino a creare un’Europa libera dalla violenza contro le donne e dalla violenza domestica”.
Il giudizio del Grevio è positivo per quanto riguarda le leggi progressivamente adottate in Italia per reprimere il fenomeno, mentre vengono espressi ancora rilievi critici sul piano dell’attuazione di politiche di prevenzione e di protezione integrate, di un adeguato investimento di risorse finanziarie e, soprattutto, sul tema dell’affidamento dei figli minorenni qualora siano state realizzate nell’ambito familiare forme di violenza. In tali situazioni infatti permane una visione adultocentrica del diritto alla relazione con il figlio, non comprendendosi come in realtà l’aspettativa alla bigenitorialità debba essere letta esclusivamente nell’ottica del minorenne il quale dovrà essere aiutato a coltivare relazioni con adulti idonei, laddove idoneità deve significare il superamento di ogni tipo di degenerazione comportamentale legata a manifestazioni di violenza, fisica o psicologica, realizzate all’interno del nucleo familiare.
Norme, competenze, reti di supporto, operatori sempre più formati sembrano dunque richiamare zone di luce in questa cupa aggressione strutturale contro le donne determinata da una stratificata cultura di predominio maschile anche se il contesto sociale, fatto ancora di pubblicità e di spettacolo sessista, di comunicazione inadeguata, di pensieri e di battute misogine o comunque espressive di un dominio di genere ritenuto ancora attuale, opera ad intermittenza sul piano di una crescita culturale complessiva del rispetto nelle relazioni di diversità. E’ come se ci fosse un perbenismo di facciata che tende a coprire una identità violenta nascosta e condivisa in silenzio. Proprio quella identità che si tradisce nell’odio delle comunicazioni telematiche e che ancora si presenta all’interno del perimetro chiuso della famiglia. Su questo tutti devono fare ancora, senza ipocrisia, molto.